Falerone

Dalla centuria romana all'incastellamento medievale, tracce indelebili di un glorioso passato.

Falerio Picenus, la piccola Roma.

L’origine del toponimo Falerio non è nota, ma Appiano ci offre un'importante indicazione nel libro I del De Bello Civilii a proposito della guerra sociale del 91 a.C. e, più specificatamente, della battaglia del 90 a.c. persa da Pompeo Strabone contro la lega picena capitanata dai comandanti Gaio Vidacilio, Publio Ventidio e Tito Lafrenio, nel quale dice che è stata combattuta “parte alia circa Falerinum montem” e cioè nei pressi del monte Falerino.

Col passare dei tempi il toponimo si è degradato e contaminato più volte diventando Fàllera, Faleria, passando per Falleronis, Falleronem e Fallerone alla pari dei suoi abitanti chiamati Falerionensis, Falerionenses e Falerienses. L’appellativo Piceno, dalla Regio V Picenum in cui Falerio era compresa, serviva per distinguerla da Falerii nell’Etruria oggi Civita Castellana e da altri siti e città che avevano lo stesso nome.

Convenzionalmente la fondazione di Falerio Picenus, probabilmente su un sito già organizzato, si fa riferire al 29 a.C. in seguito alla vittoria riportata da Ottaviano ed Agrippa contro Marco Antonio nella battaglia di Azio del 31 a.C., in seguito alla quale Ottaviano decise di costruire una piccola città capoluogo della centuriazione della media Valtenna dove stabilire una colonia di suoi soldati veterani.

Falerio Picenus ebbe quindi un vasto territorio sotto la sua giurisdizione che comprendeva molti comuni di quelli che oggi sono suoi limitrofi. Le motivazioni che portarono all’identificazione del sito per la costruzione della nuova città furono molte, e i concetti urbanistici, dettati da Vitruvio, seguiti per la sua costruzione, rispondevano ad una serie di problematiche sia ambientali che militari, nonché igieniche. Falerio, come una piccola Roma, si ergeva con gli edifici principali ai lati delle vie, disponeva del prezioso Teatro, disposto alla fine del decumano di levante, del maestoso Anfiteatro, disposto alla fine del decumano a ponente, e di ogni tipologia di monumenti comuni alle città romane: il Tempio Capitolino, le Terme maschili ben lontane da quelle femminili, le Cisterne, il Serbatoio che attraverso le tubature distribuiva l’acqua nella Colonia, la Basilica, le sedi delle varie corporazioni artigiane, statue e monumenti dedicatori.

In seguito alla diffusione del cristianesimo in Italia, Falerio venne innalzata a sede vescovile, i cui ambiti erano territorialmente simili a quelli della centuriazione, per poi essere accorpata alla chiesa fermana nel VII secolo quando, in seguito alle vicende storiche determinate dalle invasioni dei vari popoli barbarici, le popolazioni abbandonarono i luoghi in pianura per rifugiarsi nei centri collinari fortificati che garantivano una maggiore difesa, dando origine all’incastellamento.

Una volta che Fermo divenne Ducato, nella seconda metà del VIII secolo Falerone diventò sede del Gastaldo con funzioni di polizia, di giustizia e riscossione dei tributi sotto le dipendenze di Fermo.

In seguito il Castello di Falerone fu più volte saccheggiato da Fernando Blasco nel 1355, da Carlo Malatesta nel 1413 e da Braccio da Montone nel 1418 anche in seguito ai tirannici governi operati sulla città di Fermo da Mercenario da Monteverde, Gentile da Mogliano e Rinaldo da Monteverde, tutti imparentati con la dinastia faleronese.

Da ricordare i tentativi dei faleronesi Euffreducci Oliverotto e del nipote Ludovico, che negli anni tra il 1500 ed il 1527 tentarono di imporre una propri Signoria a Fermo: entrambi i tentativi finirono nel sangue e il castello di Falerone dovette subire come punizione dal Vescovo Niccolò Bonafede la parziale demolizione delle mura castellane.

Tra il 1537 ed il 1573 per ben due volte a Falerone ed ad altri castelli venne concessa l’autonomia dallo stato fermano. Tuttavia il provvedimento venne annullato nel 1575 dal Governatore di Fermo Giacomo Buoncompagni, parente prossimo del Papa Gregorio XII.

In seguito all’invasione napoleonica e con la proclamazione della Repubblica romana nel febbraio del 1798, le Marche vennero divise in tre Dipartimenti: del Metauro, del Musone e del Tronto, quest’ultimo con capoluogo Fermo; ogni dipartimento infine venne diviso in Cantoni amministrati dalla Municipalità formata da edili ed ufficiali pubblici che avevano giurisdizione su un’unione di comuni. Falerone per la sua importanza fu dichiarato Cantone avendo sotto la sua giurisdizione i comuni di Monte Vidon Corrado, Montappone, Massa Fermana, Loro Piceno, Sant’Angelo in Pontano, Gualdo e Penna San Giovanni.

Dopo la bufera napoleonica con la Restaurazione, Pio VII promosse la riorganizzazione fiscale, economica ed amministrativa dello Stato Pontificio e la conseguente ripartizione territoriale che vide Fermo capoluogo di Delegazione, mentre Falerone perse le sue caratteristiche di paese capofila in luogo di Montegiorgio.

In sintesi, dal sec. XI al Rinascimento, la storia di Falerone come nuovo centro urbano si identifica con quella dei vari signori che lo governarono e godette di possedimenti molto estesi, da Montefortino a Caldarola, da Force a Massa Fermana. Nei secoli XVI e XVII la cittadina conobbe una buona fioritura culturale, che si imperniò sulla solida tradizione agricola; nei secoli successivi registrò la nascita e lo sviluppo della lavorazione della paglia di grano per produrre cappelli, che la contrassegnò nel XIX secolo come principale centro di produzione industriale.

Beni culturali/Opere d'arte monumentali per un nuovo turismo culturale

Romanico e Medievale: il doppio patrimonio faleronese

Sono molteplici i motivi per visitare questo Comune dell’entroterra fermano che racchiude e fonde gli aspetti archeologico culturali della città romana di Falerio Picenus e le caratteristiche medievali di Falerone capoluogo.

Con la Legge Regionale 16/94 la Regione Marche ha istituito il Sistema Archeologico Marchigiano individuando sette aree ben definite e delimitate dove sono presenti importanti elementi archeologici. I Parchi Archeologici così definiti, tra cui Falerio Picenus, hanno la doppia finalità della conservazione e tutela dei beni ambientali, monumentali ed archeologici in essi contenuti e della loro fruizione al pubblico secondo una nuova forma di turismo culturale. Passeggiare nel Parco Archeologico di Falerio Picenus, a Piane di Falerone, allora, è come fare un salto indietro nel tempo per stupirsi continuamente di quello che la natura ed il lavoro dell’uomo ci propongono.

Il Teatro è l'edificio più importante di tutta l'area archeologica: costruito in età augustea con una capienza di circa 1600 posti è il meglio conservato delle Marche. All'altra estremità del decumano è possibile vedere invece i resti delle mura esterne dell’Anfiteatro, risalente al I secolo d.c. e che poteva contenere circa 6000 spettatori. Nel Parco dal perimetro di due miglia con un’estensione di circa 30 ettari, è ancora visibile un serbatoio che attraverso delle tubature sotterranee riforniva di acqua tutta la città, chiamato impropriamente Bagno della Regina, oltre a monumenti sepolcrali e funerari di pianta quadrata, pozzi, tratti di muri e resti di lastricati stradali.

Per il percorso medievale invece occorre spostarsi verso la parte alta del Comune, nel borgo storico. Dalla piazza della Concordia, in cui si affacciavano i palazzi signorili, si scorge la Chiesa matrice di San Giovanni che demolita nel 1573, fu ricostruita più grande per riunirvi tutte e tre le altre chiese del paese. In essa sono contenute: la pala d’altare raffigurante S. Ignazio di Loyola e S. Francesco Saverio attribuita al Van Dick, discepolo di Rubens, un dipinto presente nell’altare di San Paolino che mostra il Beato Pellegrino con San Paolino da Nola e Santa Lucia ad opera di Filippo Bigioli, e una statua del Beato Pellegrino, lavorata con buona mano, commissionata dal Prevosto Don Angelo De Minicis all’artista sanseverinate Venanzo Bigioli.

Dirigendoci verso Piazza della Libertà sulla sinistra a metà di Corso Garibaldi incontriamo una piccola casetta chiamata di San Paolino perché residenza del Prevosto dell’omonima parrocchia dopo l’inurbamento nel centro storico, con la porta d'ingresso ornata da un arco di stile gotico arricchito da bassorilievi scolpiti in pietra.

Giunti in Piazza della Libertà, appoggiate alla Chiesa di San Sebastiano si incontra uno stupendo portico quattrocentesco a due ordini: le Loggette dei Mercanti accoglievano i pellegrini e erano luogo di fiere e mercati.

La chiesa di San Sebastiano, risalente alla I metà del XVI secolo, venne eretta dalla comunità faleronese in seguito ad una pestilenza che in quel tempo mieteva molte vittime nella Marca Anconetana, per questo motivo San Sebastiano fu eletto comprotettore di Falerone insieme a San Fortunato.

Dopo essere stata sede della Compagnia del S.S. Sacramento e monte frumentario, la chiesa a causa della fatiscenza della struttura non è più adibita al culto da quasi 80 anni.

In seguito al restauro dell’immobile nell’aprile del 2005 nella ex chiesa di San Sebastiano è stata allestita una aula multimediale dotata di impianto audio e video e postazioni multimediali interattive per la fruizione da parte delle scuole e dei gruppi di visitatori oltre ad assolvere la funzione di centro convegni e pinacoteca.

Dirimpetto a questa si trova la chiesa di San Francesco, di proprietà comunale, risalente alla fine del XIII secolo e riconsacrata in seguito in onore di San Fortunato patrono di Falerone. Di origine romanica, con l’abside poligonale e ai piedi del campanile un arco con decorazioni in cotto di un portale rinascimentale del 1440, conserva gelosamente nell'altare dell’Immacolata Concezione una tavola di Vittore Crivelli raffigurante la “Madonna stante che adora il Bambino, tra due Angeli musicanti” (1479).

Nei locali dell’ex convento di San Francesco di cui fa parte anche la chiesa di san Fortunato, dopo importanti lavori di restauro terminati con l’inaugurazione del giugno 2003 si può tornare a visitare il Museo Archeologico Antiquarium dotato di numerosi ed importanti reperti provenienti da Falerio Picenus, come statue, urne funerarie e suppellettili.

Presso un’ala dello stesso complesso monastico nel maggio del 2009 è stato aperto alla fruizione pubblica il Museo Laboratorio di Scienze Naturali, storia dell’uomo e del paesaggio.

Vale la pena addentrarsi nella campagna faleronese per ammirare le due chiesine rurali di Santa Margherita lungo la strada provinciale che porta a Sant’Angelo in Pontano e di San Paolino a metà strada tra Falerone capoluogo e la frazione Piane.

Esistente sin dal XIII secolo, la chiesa di Santa Margherita è edificata con pietra degli Appennini in stile romanico a navata unica e facciata ornata da un rosone protoromanico; nel tempo ha subito diversi rimaneggiamenti che ne hanno mutato l’impostazione originale, il parroco di questa chiesa gode del titolo di Priore.

Adagiata su una dolce collina immersa nel verde, la chiesa di San Paolino fu edificata tra la fine del XII e l’inizio del XIII secolo probabilmente sulle rovine di una precedente costruzione, in stile romanico gotico con facciata a capanna in laterizio con inserimenti di pietre di fiume e materiali di recupero provenienti da Falerio Picenus, presenta sul fianco nord un campanile a vela ornato nel terzo livello con una graziosa bifora.

Sembra essere stata residenza dei Vescovi di Falerio fino a quando la cattedra vescovile non venne unita alla chiesa fermana nel XVI secolo; il parroco di San Paolino gode del titolo di Prevosto.

Ultima modifica il Mercoledì, 25 Marzo 2015 11:32

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