L’Accademia del Sonetto, per la Rubrica "Un Sonetto al mese", propone “Le guerre lontane” di Marco Pazzelli, professore, filosofo, scrittore, saggista, musicista. “Per spiegare questo Sonetto – osserva l’autore – occorre accennare alla lingua in cui è stato scritto: il dialetto fermano o, meglio, il “neodialetto fermano”. “Il dialetto, per quanto parlato in un’area ben più limitata di quella della lingua nazionale, svolge le stesse funzioni comunicative, ha una morfologia precisa, e parole il cui etimo, spesso, affonda le radici nel latino, nel greco, addirittura nel sanscrito. Sarebbe, quindi, ora di superare il pregiudizio secondo cui il dialetto è una storpiatura dell’Italiano. I dialetti attuali sono discendenti delle lingue “volgari” che, seppur non sono diventate lingua nazionale, avrebbero potuto tranquillamente esserlo; e, se sono lingue, nulla impedisce di usarle come tali. Da qui nasce il neodialetto, che non tratta più dei ricordi del passato, il focolare e l’aratro (il mondo in cui, sostanzialmente, il dialetto è stato finora confinato), ma affronta tutti i temi cari alla poesia di tutti i tempi. Se, poi, i poeti dialettali italiani sono abbondantemente antologizzati da tempo (da Pasolini a Loi, da Zuccato all’anconetano Scataglini), la nostra area fermana, da questo punto di vista, è ancora carente. Il giovane Gianluca D’Annibali di Porto Sant’Elpidio è un coraggioso pioniere!
“Le guerre lontane” è un Sonetto in stile elisabettiano (cioè all’inglese, con tre strofe di quattro versi in rima alternata e un distico finale in rima baciata; schema: ABAB CDCD EFEF GG). È stato scritto nella primavera del 2022, all’alba del conflitto Russia-Ucraina; con esso si stigmatizza l’indifferenza che si annida dietro alle mille parole di sdegno o di condanna della guerra”.
A noi non resta che aggiungere: buona lettura!
Le guerre lontane
(di Marco Pazzelli)
Lu sòle passa tardi tra le rame
smorciate de li peschi. Comme jera
è rmastu su stu cielu de quatrame:
tutto è comme sarrà e ccomme dèra.
Qua le guerre lontane non se sente:
le schegge? Póchi metri; de do’ sbatte
le vombe ché chilometru. Ma è gnente:
le mure de abbitudine dè intatte!
No rria mango le làgreme. La cena
è pronta, ormà se chiude le persiane.
Non ci sta probbio spazi pe na pena…
Sempre cuscì co le guerre londane:
cor un pensé o na preghiera e menza
se fa la ninna nanna a la coscienza.