L'Accademia del Sonetto, per la Rubrica "Un Sonetto al mese", propone questa volta il Sonetto “Veja” di Lando Siliquini, uomo di grande cultura, personalità eclettica, medico, politico, poeta. Riportiamo una breve descrizione dell'autore (dal sito Facebook dell'Accademia del Sonetto): "Il fuoco domestico ardente sull’aròla (la “piccola ara” della casa), custodito dalla vergara, era sorgente di calore fisico e spirituale e favoriva la véja, un momento di grande intensità umana molto importante nella diffusione e trasmissione della cultura orale. Il tepore luminoso della fiamma accompagnava la degustazione di vino e cibarie stagionali, rafforzava i legami affettivi e aiutava a superare i problemi quotidiani, lasciando indelebilmente nella memoria il sapere collettivo e nell’animo la sacralità della vita, degli avvenimenti, dei rapporti interpersonali".
Giovanni Zamponi: "…la potenza fonosemantica (in “Veja”, ndr) è davvero straordinaria e … impressionante (cfr. Dante, Inferno, V: “Io venni in loco d’ogne luce muto, / che mugghia come fa mar per tempesta, / se da contrari venti è combattuto”). Troviamo … una serie di fonemi e lemmi con effetti sonori (ūuuu…) lunghi e lugubri: lun-ghe / qua-ndo / fuo-ri / bu-fa / mu-gola / mu-tevoli / per-duti / sul-la / fuo-co / un / sfu-ma / fuo-co / bru-cia / un / u-lu-la / un / cuo-re / un / fuo-co, … i numerosi om / or / mo, e altre strategie musicali mirabili che conferiscono una forza sublime al mistero tenebroso di una notte di neve alle falde dei Sibillini, abitata dal vento e da strani personaggi-ombra. Notare il sintagma “bagliore lieve”, che accentua il buio dell’ambiente di “fuori”. E fantasmi che subito si dileguano, freddi e oscuri anch’essi in cerca di chissà che cosa: “ombre di gelidi mòri”. Ma sullo sgomento e sul terrore, accentuati dai brividi dell’ululato del vento iperboreo di tramontana, la vita di dentro, sebbene pure essa tremante di enigmi: il fuoco con il suo “chiaror lento”, i “trepidi colori”. E in quell’ardere della fiamma (come) da “millenni” il tempo pare dilatarsi e aggiungere segreti a segreti e arcani ad arcani. La memoria, mai perduta, riaffiora come (soprendente, ndr) flashback in chi meglio registrò quelle impressioni e quelle immagini in movimento. E se la scenografia descritta restituisce scenografie di secoli o millenni passati, come se fossero presenti, nessuna sorpresa: è la forza della vera Poesia: non semplice rap-presentazione ma ri-presentazione, riproposizione di aeternalia qui e ora". Solo aggiungiamo, per noi che abbiamo respirato, anche solo un po', le atmosfere evocate da questo Sonetto, che esso risulta, semplicemente, commovente.
(Schema: ABBA BAAB CBC BCB)
Buona lettura!
VÉJA
(di Lando Siliquini)
Lunghe notti d’inverno quando fuori
bùfa e la neve s’affastella e il vento
mugola e nel bagliore lieve a stento
mutevoli ombre di gelidi mòri
tornano aneliti erranti d’amori
perduti. Sull’aròla il fuoco è intento
al camino e diffonde un chiaror lento
che sfuma i volti in trepidi colori.
Il fuoco che arde da millenni ancora
brucia la storia che vive un momento
e mentre ulula il vento da vòra
un bimbo ascolta col cuore sgomento.
E oggi ricorda i racconti d’allora
come il calore di un fuoco mai spento.