Grano, tanto e buono. Ma il guadagno scarseggia. Partita la trebbiatura, notizie dai campi

MARCHE - Giugno mese di lavoro nei campi. In tutta la regione è iniziata la trebbiatura del grano e, nonostante i timori legati agli effetti del maltempo delle scorse settimane, i segnali sono positivi. A dirlo è la Coldiretti Marche, sulla base delle prime indicazioni delle imprese, dalle quali emergerebbero al momento un leggero incremento produttivo e una buona qualità.

Per avere un quadro più completo bisognerà aspettare il grosso della raccolta che partirà all’inizio della prossima settimana e vedrà gli agricoltori impegnati su circa 140mila ettari coltivati tra grano duro (dove le superfici sono in aumento rispetto all'anno scorso), e grano tenero (in leggero calo quanto a campi seminati). Il tutto per una produzione che potrebbe aggirarsi intorno ai 5,8 milioni di quintali, secondo le prime stime.

Le Marche, sottolinea Coldiretti, sono la terza regione italiana per produzione di grano duro, dopo Puglia e Sicilia. Il problema resta la bassa remunerazione del prodotto, legato alla volatilità delle quotazioni. Basta fare l’esempio del pane, dice l'associazione di categoria. Oggi, un chilo di grano tenero è venduto a circa 21 centesimi, mentre il pane è acquistato dai cittadini a valori che da Ancona ad Ascoli Piceno variano da una media di 3,69 euro al chilo a 2,83 euro al chilo (dati Osservatorio Prezzi del Ministero dello Sviluppo economico). Se si considera - dice Coldiretti - che per fare un chilo di pane occorre circa un chilo di grano, è evidente come le due quotazioni siano completamente slegate.

“C’è sicuramente - sottolinea Tommaso Di Sante, presidente di Coldiretti Marche - un margine da recuperare per garantire un giusto compenso agli agricoltori, senza pesare sui cittadini che sono costretti a ridurre gli acquisti, ed evitare la scomparsa delle coltivazioni di grano nostrane. Ma, considerata anche la crescita degli acquisti del pane confezionato, occorre pure garantire una maggiore trasparenza di filiera, a partire dall’obbligo di indicare in etichetta l’origine del grano impiegato ed evitare che venga spacciato come italiano quello importato da Turchia, Kazakistan o altri Paesi”.

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