Con Filipe e Sophia il bio è servito
La Bibioteca è un’associazione aperta a tutti che organizza deliziosi eventi gastronomici, workshops, corsi di cucina professionale e di agricoltura presso l’azienda agricola biologica IndacoFoods nella campagna di Monsampietro Morico. Suo obiettivo principale è quello di promuovere l’agricoltura e il cibo sostenibili. Come nasce Bibioteca e perché la scelta di Monsampietro Morico? “Filipe ed io ci siamo conosciuti 9 anni fa ad Amsterdam – ha raccontato Sophia De Jong, presidentessa dell’ associazione e co-proprietaria della fattoria assieme a suo marito Felipe Da Cunha -. Eravamo due chef alla ricerca di uno stile di vita più rurale, sano e rilassato. Entrambi avevamo un forte legame con la nostra terra d’infanzia, ma ancora non avevamo abbastanza conoscenza o esperienza concreta in campo agricolo. Così, dopo aver viaggiato per un anno nelle campagne argentine, abbiamo inteso che il nostro obiettivo futuro era quello di dar vita ad una fattoria tutta nostra nella quale avremmo cucinato con i nostri propri prodotti biologici e locali. Monsampietro ci ha permesso di realizzare il nostro sogno. Qui anni fa si trasferì e si sposò la mia mamma, la quale ci descrisse le Marche come la regione più bella d’Italia. Noi la seguimmo un anno dopo.” Quali i principi della vostra cucina? “Noi non siamo ‘hard core’ o idealisti, ma proviamo a fare la differenza con la nostra attività – ha proseguito dicendo Felipe -. Siamo giovani ritornati alla terra con il desiderio di averne cura. La Bibioteca è un luogo in cui vogliamo invitare gente a godere di uno ‘stile di vita rurale’ e facciamo tutto questo attraverso i nostri eventi gastronomici, workshops e con la possibilità di permettere a chiunque di lavorare nella nostra fattoria. Abbiamo un po’ di tutto, non coltiviamo soltanto il grano e non alleviamo solo maiali, ma amiamo la biodiversità sia nel terreno che nella nostra cucina. D’inverno cuciniamo piatti etnici ogni domenica a pranzo, mentre d’estate un menù degustazione di 5 piatti raffinati e creativi sempre con prodotti stagionali. Cerchiamo di vivere piacevolmente ogni giorno, rispettando gli animali e la terra, coltivando l’orto e l’allevando api, polli, maiali, semi, organizzando letture e workshops.” In cosa consistono i vostri workshop? “Facciamo tante cose diverse: dal pane alla pasta madre, yoga, letture sull’apicoltura, come fare un giardino in bio, erbe cosmetiche o commestibili. Durante l’estate viene fissato un evento ogni settimana. Lavoriamo insieme ad esperti nel loro campo, il programma degli eventi è aggiornato due volte al mese sul nostro sito web. Siamo un’associazione alla quale sono iscritti numerosi soci. Inizialmente accoglievamo più richieste da parte di stranieri (inglesi, tedeschi, olandesi, belgi, scozzesi), mentre oggi registriamo un alto numero di italiani.”
Federica Balestrini
Ritorniamo in campagna, lavorando con serietà
Il nonno gli ha insegnato tutto. E le memorie, le tradizioni respirate a pieni polmoni, quell’amore incondizionato per la terra non poteva che segnarne la vita, soprattutto dopo la scomparsa di quell’uomo al quale era legato a doppio filo. Nico Speranza, titolare dell’azienda Vittorini di Monsampietro Morico, è un 44enne che in quelle vigne ha messo mani e faccia, raggiungendo grazie ad enormi sacrifici mercati come Svizzera, Australia, Inghilterra e, il prossimo anno, Olanda. “L’azienda nasce nel 2005, quando dal Veneto mi trasferisco qui. Con la morte del nonno nel 2008 iniziamo la ristrutturazione della casa colonica che adeguiamo a cantina, iniziando l’attività anche grazie ad un enologo e ai primi rudimenti da parte di anziani della zona”. E cresce, Nico. Anno dopo anno. “Oggi abbiamo 2,5 ettari di vigneto e oltre a vitigni autoctoni per diversificare ne abbiamo anche qualcuno internazionale. Come prodotti siamo arrivati a due bianchi, un rosato e un rosso”. Ma è la filosofia di fondo che fa capire come qui tutto sia diverso. “Facciamo il vino come va fatto, cioè seriamente. Se dichiaro una cosa è quella e morirei per mantenere questa cosa qui. La mia missione è quella di fare vini buoni, cercando di aggiornarmi sempre di più. E ovviamente di riuscire a venderlo sempre di più”. Il ritorno in campagna, per Nico, non è un effimero trend. “Bisogna studiare bene, investire con intelligenza, perché è difficile riuscire a rendere sostenibile l’azienda. Io ce l’ho fatta, ma sono stati 13 anni di sacrifici. E adesso si vede un po’ di luce”. Da quella campagna, in passato, erano scappati tutti. O quasi. “Dopo la guerra evocava situazioni di povertà, ma adesso le cose si sono capovolte e quindi c’è un ritorno. Io ho fatto la strada contraria dei miei genitori, ma chi è rimasto ha condotto una vita di qualità e oggi questo è finalmente capito. Nessuno però ti regala niente, questa è la prima regola”. A dire il vero, il primo a regalare qualcosa è proprio lui: è il suo tempo che mette a disposizione, per il suo borgo e per una comunità che sembra aver perso punti di riferimento. “Un anno fa abbiamo organizzato un corso di potatura di viti con lo Sprar e con la Fattoria Sociale di Montepacini, con due giornate di lezioni base e tre di pratica. È stata un’esperienza meravigliosa e ci dobbiamo educare al fatto che il diverso arricchisce, non dobbiamo averne paura. Quelle persone erano stupende, ragazzi che venivano da situazioni disagiate ma con una grande voglia di impegnarsi e di lavorare. Quest’anno li chiamerò anche per fare la vendemmia. È un arricchimento culturale, per me ma anche per tutto il territorio”.
Andrea Braconi
Monsampietro Morico verso il rilancio post terremoto
Monsanpietro Morico è ancora nella fase della messa in sicurezza e, con un centro storico offlimits, il centro dell’entroterra di 637 abitanti, di cui 50 ancora gli sfollati, prova a risalire la china a piccoli passi dopo il sisma. Le due aziende legate all’universo agricolo che abbiamo presentato e che entrambe insistono nel territorio comunale, possono essere un esempio di rilancio legato alla terra, ma c’è tanto da fare. “Stiamo ancora gestendo la fase di emergenza, mentre la ricostruzione è ancora al di là da venire, l’impegno continua ad essere importante” così il sindaco, Romina Gualtieri. Quali edifici avete riaperto? “La Chiesa di San Michele Arcangelo ha riaperto lo scorso 4 novembre, siamo stati il primo Comune nel cratere a seguire l’ordinanza di riapertura. Una speranza verso la prosecuzione perché la chiesa non è solo un luogo di culto ma anche d’incontro, soprattutto dopo il terremoto per una società, se le persone non si sentono comunità, finiscono per abbandonare i centri che si smembrano. E’ il pericolo più grande che una comunità toccata dal sisma può correre”. Quali servizi essenziali siete riusciti a mantenere? “La scuola Giovanni Paolo II rappresentava una grande criticità ma grazie a donazioni da tutta Italia sono state acquistate due lavagne multimediali e computer per l’avvio del corso di robotica nell’ambito dell’ISC di Montegiorgio. Abbiamo ottenuto il potenziamento del tempo pieno a scuola, con mensa e trasporto assicurato. Al corso di robotica, si aggiunge l’insegnante di madrelingua inglese e discipline proiettate nel futuro, con un occhio al passato, coinvolgendo anche i nonni in attività come la realizzazione di cesti con metodologie moderne”. Qual è la situazione post-sisma fra centro e periferie? “Il centro storico fa ancora parte della zona rossa per il completamento della messa in sicurezza così come la chiesa dei Santi Pietro e Antonio Abate e piazza Roma a Sant’Elpidio Morico. Invece gli sfollati sono legati tutti al centro storico”. Su cosa puntare per il futuro? “Innanzitutto auspicherei le sistemazioni per danni lievi così da far tornare gli abitanti a viverci. Per le situazioni più gravi, dove ci sono stati crolli o inagibilità pesanti, auspichiamo il prima possibile l’avvio di pratiche di ricostruzione per lasciare due magnifici centri così come li abbiamo ricevuti. La gestione non è semplice ma ci auguriamo che la voce dei sindaci venga ascoltata”. Quali attività economiche caratterizzano territorio? “La lavorazione del ferro, l’agricoltura: ci sono tre aziende importanti con 100 dipendenti”. Altre attività nate nella zona del cratere? “Qualcuna, come quelle legate ai prodotti tipici, sono tante le zone franche urbane anche per incentivare gli imprenditori ad investire con sgravi fiscali”. Attività rivolte al turismo? “B&B e agriturismi ma soprattutto country house che sono 4”. La promozione turistica procede? “La promozione da parte delle associazioni è stata importante, per sfruttare il nostro potenziale, come l’associazioni Kwanis di Fermo che si occupa di crescita, educazione e miglioramento dei minori. Vorrebbero occuparsi anche di uno studio di marketing sul nostro territorio da far conoscere ai soci del loro club”. Continuano anche gli impegni istituzionali? “Cerco di essere sempre presente ai tavoli istituzionali, soprattutto in fase emergenziale non bisogna creare divisioni ma ridurle e cercare di lottare compatti per ricostruire quello che il sisma ci ha tolto”. Qual è la ricetta dei monsampietrini? “Accettarsi l’un con l’altro e fare sistema. Insieme si ritrova il senso della famiglia e della società”.
Serena Murri