Terremoto, un anno dopo

La terribile danza della terra

Quando la terra si scuote per il terremoto, l’uomo trema di paura: la paura atavica della natura onnipotente che ci ricorda che siamo granelli di sabbia di fronte alla sua forza. Ma se andiamo a vedere, come per tutte le cose, niente, anche gli eventi più catastrofici, sfugge alle leggi che governano il Creato. Se il terremoto che provoca disastri e lutti è la dimostrazione che il nostro pianeta è vivo e caldo al suo interno (calore che permette a noi di vivere in superficie), le malattie anche le più brutte sono anche loro il paradigma di una vita inarrestabile entropica che cerca in ogni maniera di sfuggire ai controlli delle leggi della fisica e della biologia per affermare se stessa. Gli scienziati che studiano gli astri sanno bene che quel meraviglioso cielo stellato che vediamo dall’interno della nostra atmosfera è in realtà un inferno crudele di energie in cui tutto viene divorato e riciclato, ma questo è il vero volto della vita o, meglio, l’altra faccia della medaglia: quella che la fisica di Newton non descriveva per quanto riguarda le stelle preferendo pensare il tutto come un orologio perfetto che aveva il “tempo” come portante. Già, il Tempo, quella entità che ora la fisica sembra voler negare completamente, riducendo tutto a spostamenti spaziali; quel tempo relativo che ti fa apparire eterni i tanti secondi di quel terremoto di un anno fa, subìto nel silenzio impietrito dell’ascolto di quel rombo che veniva da lontano e cresceva sempre più, che animava le suppellettili delle nostre case dando loro per un attimo la vita che non dovevano avere. Il terremoto riporta noi e il mondo ai primordi della civiltà, a quel culto del dio Pan che non aveva rispetto per niente e per nessuno nel momento della pazzia creatrice e che negli uomini genera appunto il “panico”. E così, in questa calda fine di un’estate torrida ma priva di sorprese nei giorni dell’anniversario del terremoto, ci troviamo a tirare mestamente le somme di quello che la vita ci ha propinato. E c’è da dire che quello che la natura ha fatto gli uomini cercano in certi casi di finirlo: c’è gente che ancora non può tornare a casa per via delle lungaggini burocratiche, ci sono persone che ancora sono costrette a vivere negli alberghi della costa sradicati dalla loro terra perché tarda l’opera di ricostruzione delle case, e ancora, ancora… ancora. E nel dolore della gente, nello strazio delle case venute giù, la montagna indifferente continua a brontolare, a muoversi, a tremare, a far sentire che è viva: e se noi la sentiamo, siamo vivi anche noi. Magra consolazione, ma niente non è...

Daniele Maiani



E le macerie restano...

In tutti i post-terremoto, la rimozione, gestione e smaltimento delle macerie, costituisce un grande problema. Di più: allo stato attuale delle cose, è il problema dei problemi. Perché sino a quando le risulte dei crolli resteranno dove sono, non si potrà mai parlare di ricostruzione. E, quindi, non ci si potrà più muovere su strade riconducibili al principio del tipo “come era, dove era”, applicato con successo a Gemona del Friuli (più di 40 anni fa ed in collaborazione con i tenaci e volitivi cittadini locali, che lanciarono lo slogan “facciamo da soli”), anche finalizzato a scongiurare lo sradicamento delle popolazioni. Data del sisma? 6 Maggio 1976. Ultimo cantiere a “smontare le tende”? Nel 1983. Un record. E da noi? Attualmente, è stato smaltito l’11% delle macerie prodotte dagli ultimi eventi sismici che hanno interessato il centro Italia (circa 252 mila tonnellate su 2,3 milioni). Nelle Marche, solo 125 mila su un milione. Nella Provincia di Fermo, nei Comuni di Amandola e Montefortino, rimosse 263,66 tonnellate. Per Domenico Ciaffaroni, Sindaco di Montefortino, il servizio di eliminazione delle macerie pubbliche e su vie pubbliche è stato: “Puntuale ed efficiente. Nel Comune di Montefortino, la rimozione di questa tipologia di macerie è già stata svolta, completamente. Ovviamente, quelle riconducibili ai privati sono ancora lì. Mano a mano che verranno presentati i progetti di ristrutturazione, verranno rimosse”. Già, ma come avverrà lo smaltimento di questa montagna di calcinacci? “Vengono portate a Monteprandone ed una volta in loco, trattate – ha proseguito il primo cittadino - Il deposito è, ovviamente, temporaneo. Così, però, si verifica uno sperpero di denaro pubblico e secondo me non va bene. Sarebbe opportuno, torno a dire, che il Coordinamento dei Comuni colpiti dal sisma elaborasse un piano – macerie. Riuniti, decideremmo insieme il da farsi. Le macerie sono di tante e tutte differenti nature. In ogni caso, la prima urgenza rispondeva a quelle accumulate su vie di pubblica utilità. Ed almeno da questo punto di vista, a Montefortino il problema è stato risolto”. La politica del riuso dei materiali, selezionando appunto la sempre differente natura degli stessi, nella prospettiva dell’economia circolare per ridurre la quantità di ciò che si deve portare in discarica e ridurre il prelievo da cava nella ricostruzione, sembra essere quella prescelta dall’Osservatorio. Infatti, potranno essere riutilizzate nella ricostruzione, riducendone movimentazione e, inevitabilmente, i costi. Ma in attesa di capire, definitivamente, come si intenda muoversi, i dubbi sulla tempistica dello smaltimento rimangono: “Credo che per il definitivo smaltimento serviranno tempi molto lunghi – ammette, concludendo, il Sindaco Ciaffaroni - Gli effetti, tremendi, di questo sisma non sono nemmeno lontanamente paragonabili a quelli causati dal terremoto del 1997. Nel rispetto della legalità e delle vigenti normative, mi aspetto un sensibile abbattimento della burocrazia che, anche in questi casi, dilata e rimanda i tempi di intervento a soluzione dei problemi”.

Uberto Frenquellucci

Di fondi, del post terremoto e d'altre cose

Vasco Errani lascia il ruolo di Commissario straordinario per la ricostruzione. Il 9 settembre è la data della scadenza designata per il suo mandato e lui se ne andrà, ufficialmente per “motivi personali”, ufficiosamente per candidarsi alle prossime elezioni politiche al fianco del neonato MDP e di Bersani. Dopo Curcio, sembra che Errani sarà il prossimo ad “abbandonare la barca”… (al momento dell’intervista il suo incarico è ancora in essere n.d.r.). “Non ha abbandonato la barca, ha chiesto di non essere rinnovato. Ha fatto un lavoro molto importante perché ha costruito, insieme ai presidenti di Regioni e al Governo, un impianto normativo di rilievo che costituisce l’architettura giuridica per la ricostruzione”. A parlare è Fabrizio Cesetti (foto), attuale assessore al Bilancio della Regione Marche. Si è parlato anche di troppa burocrazia. “Sì ma l’impianto normativo c’è, poi è ovvio che bisogna apportare dei correttivi, ma questo l’ho detto da tempo: è evidente che le normative debbano essere più snelle; ha portato delle risorse nelle Marche, quindi ha svolto un lavoro importante. Premesso ciò, a mio parere, la figura di un commissario unico era giustificata dopo i terremoti del 24 agosto, ma dopo i terremoti del 26 e del 30 ottobre, le Marche pesano in quella triste ripartizione per il 62%. Le Marche meritano un commissario ad hoc che può essere solo il Presidente della Giunta Regionale perché le esigenze della ricostruzione qui da noi sono diverse da quelle di altri territori. Spostando la governance a livello locale, con un Commissario per ogni singola regione, e fermo restando il coordinamento col Governo, ci potrà essere un accresciuto protagonismo dei Sindaci e delle Province, di cui occorre recuperare il ruolo”. Parliamo di fondi: 32 milioni sono stati stanziati per le scuole del Fermano, è corretto? “Alle scuole del Fermano abbiamo destinato, al di là del terremoto, oltre 5 milioni e 247 mila euro nei piani di edilizia scolastica 2015- 2016, per i plessi di Montegiorgio, Rapagnano, Montottone, Petritoli, Montefalcone- Smerillo, Ponzano di Fermo, Porto San Giorgio, Montegranaro e Francavilla d’Ete. A seguito del terremoto sono stati stanziati più di 32 milioni di euro destinati agli Istituti “Montani” , “Annibal Caro” e “Betti” di Fermo, alle scuole “Don Bosco” di Falerone, alle scuole “G.Cestoni” di Belmonte Piceno e Montegiorgio, alla “Leopardi” di Monte Urano e a quella di Falerone capoluogo”. Aiuti sono arrivati anche attraverso le donazioni degli SMS solidali. Molto discussa è stata l’iniziale decisione di destinarne buona parte alla pista ciclabile Sarnano- Civitanova Marche. Vi eravate consultati con i Sindaci precedentemente? “Assolutamente sì. Lo stesso per quanto riguarda il Fermano - per esempio - ho tenuto una riunione nella sede della Provincia e in quella circostanza Sindaci e il presidente della Provincia, all’unanimità, si sono espressi favorevolmente. La pista era indicata come esigenza prioritaria per il rilancio anche turistico delle zone interne in particolare. Aveva una sua filosofia”. In tanti, tra quelli che avevano donato, si sono domandati perché non comparisse il Comune di Arquata del Tronto tra i beneficiari. “Perché per ricostruire Arquata ci sono i fondi del terremoto, mentre per fare la pista ciclabile no. Poi il Presidente (Ceriscioli n.d.r.), dal mio punto di vista giustamente, quando ha visto che stava montando la polemica, non ha voluto dare un messaggio sbagliato e ne cambiato la destinazione di quei soldi. Arquata del Tronto non era stata esclusa”. Come mai, in generale, alcuni fondi sono stati destinati a Comuni fuori dal cratere sismico? “Da una parte, c’è la lamentela sull’esclusione di alcuni Comuni dal cratere, dall’altra ci si lamenta se questi hanno comunque danni agli edifici e vengono loro destinate risorse, ci dobbiamo mettere d’accordo, no? Si è deciso di finanziare un’opera per ogni Comune in base al suggerimento dei Sindaci. Nel piano stralcio delle opere pubbliche non venivano finanziati quei Comuni che avevano avuto già i finanziamenti per le scuole, per esempio”. In conclusione: cosa è stato fatto, cosa manca e quali sono i nuovi obiettivi? “Io credo sia stato fatto molto perché l’emergenza è stata gestita al meglio e questo credo lo riconoscano tutti: non c’è stata una persona che è stata lasciata sola, perché tutti hanno usufruito degli alberghi delle strutture ricettive o del CAS. Occorre snellire le procedure e ‘pressare’ alcuni proprietari per avviare subito la ricostruzione leggera. Si sta accelerando per le SAE. Purtroppo nelle tragedie si annidano anche degli approfittatori: per ciò che riguarda il contributo agli autonomi dei 5000 euro per i giorni di chiusura a seguito del terremoto, la stessa Regione sta facendo dei controlli. Inizialmente pensavamo di controllarne un 5%, ora li controlleremo tutti. So che la Guardia di Finanza ha già aperto delle inchieste”.

Silvia Ilari

Il cuore dei Sibillini non ha mai smesso di battere

Quella notte le strutture erano al completo, con centinaia di turisti che da giorni stavano respirando a pieni polmoni la magia dei Sibillini. Poi la prima, fortissimma scossa, seguita da un’altra. E tutto è cambiato. “Ci siamo ritrovati a gestire l’emergenza degli ospiti impauriti dall’evento sismico - commenta Ombretta Massitti, presidente dell’associazione Sibillini Segreti e Sapori che raccorda circa 20 strutture ricettive dell’area montana -. È stata una fase abbastanza complessa, ma c’è stato un altro fronte che ci ha molto emozionato: quello delle continue telefonate dei clienti degli anni passati: non riuscivamo a mettere giù il telefono, siamo stati giorni interi a rispondere su come stavamo. Questo ha dato anche l’idea di quanto affetto ci fosse intorno ai nostri Sibillini e alle nostre strutture”. Poi c’è stata una fase intermedia fino al 26 ottobre, nella quale avete cercato di colmare quel vuoto che si era venuto a creare in termini di presenze. “Dopo il 24 agosto eravamo fiduciosi che fosse passato il tutto e in questa fase ci siamo ascoltati: alcuni avevano già avuto dei danni ma il grosso si è generato con le scosse di ottobre. Tra le prime e le seconde scosse, che sono state molto pesanti, c’è stato il lavoro di tenere insieme gli associati, di vedersi, di gestire le prenotazioni e le nuove richieste. Abbiamo organizzato anche un blog tour, #RipartidaiSibillini, per provare a fare qualcosa.” Tutto è cambiato dopo il 30 ottobre. “Molte strade sono state totalmente rese inagibili, è stata proprio la gestione dell’emergenza più grande, con la consapevolezza di strutture con lesioni gravi, le prescrizioni da parte della Protezione Civile di non passare in alcuni borghi e strade. Lì si è concretizzata davanti ai nostri occhi, con questi nastri bianchi e rossi, l’ineluttabilità del fatto, cioè che eravamo stati severamente colpiti e tutta quella energia che avevamo messo non bastava più e che bisogna di nuovo rimboccarsi le maniche.” E come avete ricominciato? “Prima affidandoci a tecnici che ci hanno illuminato sulla possibilità di recuperare parte delle strutture, uno dei nostri associati ha delocalizzato, altre realtà che avevano delle lesioni hanno avuto la possibilità di lavorare con una parte della struttura. Questo ci ha aiutato a lavorare senza chiudere del tutto ed è stata anche la salvezza psicologica: più che di reddito, era un problema di vuoto enorme. La salvezza è venuta anche dai sindaci, di Acquasanta, di Roccafluvione, anche di Amandola, che hanno dato una mano a circoscrivere il danno dove era possibile.” Siete riusciti, con grande determinazione, a far passare il messaggio che i Sibillini erano ancora aperti e vivibili. “Questo cuore dei Sibillini non ha mai smesso di battere. Certo, era importante che lo comprendessero anche al di fuori del nostro gruppo di lavoro e delle aziende associate. È accaduto anche grazie all’aiuto dei nostri ospiti degli anni passati, che hanno continuato a rilanciare le notizie positive che venivano dai nostri territori. Il grande lavoro di fidelizzazione fatto negli anni precedenti ha portato ad un grandissimo feedback, anche sull’importanza di non essere lasciati da soli.”

Andrea Braconi

Amandola verso l'ospedale nuovo

Amandola, paese di 3700 abitanti è stato uno dei Comuni dell’entroterra più colpiti dal terremoto. Fuori Amandola a fine giugno vi erano 92 persone, 960 sono le abitazioni sottoposte a ordinanza di inagibilità. “Noi paghiamo quasi 170 mila euro di ogni mese di contributo autonomo di sistemazione - ha spiegato il sindaco Adolfo Marinangeli -, sono cifre considerevoli”. Per fortuna, non c’è stato nessun danno sugli edifici scolastici, il 13 agosto è stata anche riaperta la chiesa centrale del Beato Antonio, e turisticamente parlando rincuora la presenza massiccia di stranieri in zona nonostante il terremoto e anche grazie ad eventi estivi recenti. La situazione è più critica per quanto riguarda le strutture sanitarie, ci sono già circa 3 milioni di euro messi a disposizione per il vecchio ospedale ma sul bilancio ordinario perché i fondi per la ricostruzione andranno tutti per l’ospedale nuovo, progetto del quale Marinangeli va già fiero. Per quando riguarda l’ospedale vecchio, non era meglio ripristinarlo piuttosto che aspettare tutti questi anni? “No, perché intanto quell’ospedale diventa inagibile ad ogni scossa di terremoto, si trova in una zona pericolosa con problemi di ordine geologico e strutturale, tornare a spendere dei soldi lì come sono stati spesi nel ’72, nel ‘79 e nel ‘97 fa capire che in quell’area c’è qualcosa che non va. Su tre terremoti tutti e tre hanno devastato locali interi, questo ci ha indotto ad una riflessione, siamo andati a vedere, si tratta di una zona di riporto e ad accelerazione sismica”. Per il nuovo ospedale ci vorranno anni, nel frattempo? “Stiamo valutando le porzioni recuperabili che ci permettano di superare quei 4 (forse 5) anni di ricostruzione, per adesso sono tornati gli ambulatori in una porzione che era agibile, il laboratorio analisi, stiamo lavorando affinché a settembre di apra anche radiologia. L’idea del Direttore d’Area Vasta Licio Livini è quella di riportare nel 2018 medicina e nel 2019 un punto chirurgico. La RSA la stiamo spostando al secondo piano dell’ex scuola elementare dove a disposizione ci sono 20 letti”. Che iter seguirà il progetto del nuovo ospedale? “Ormai un dato è certo, ad Amandola si farà l’ospedale nuovo che sarà il Polo Sanitario dei Sibillini. L’ultimo piano delle opere pubbliche è stato già approvato con 13 milioni di euro che si vanno ad aggiungere ai 5 milioni di euro della Rosneft Azienda Petrolifera Russa che ce li ha già versati con una donazione. Quanto alla scelta dell’area, la Regione sta facendo le analisi, tre le aree che abbiamo individuato in Pian di Contro, un’area libera e pianeggiante, geologicamente a posto, secondo i criteri indicati dalla Regione, su una strada di grande comunicazione. Una volta scelta l’area la porteremo in consiglio comunale e passeremo alla fase sia dell’esproprio che della variante urbanistica”. Qual è il bacino di utenza che coprirà l’ospedale nuovo? “Siamo intorno ai 750 chilometri quadrati, con oltre 20 mila persone provenienti da tre province, Ascoli, Macerata e Fermo”. Non temete lo spopolamento? “Questa è la sfida più grande. Nel frattempo che si ricostruisce, la gente resterà con noi o se ne andrà via? Ecco perché come sindaci ci battiamo per la no tax e gli aiuti per tre anni, per creare una sorta di tampone in attesa del ripristino delle strutture. Sto cercando di muovermi velocemente per cercare di riaprire il museo e le chiese: la prima chiesa certamente la riapriamo in maniera provvisoria ma intanto così riporto la gente sulla piazza. E’ importante continuare a vivere, stimolare importanti attività aggregative. Non ha senso criticare il fatto che, in un periodo come questo si pensi alle feste: questi eventi rivestono proprio ora un ruolo determinante, dobbiamo fare in modo che la gente torni da noi, che riprenda il flusso di persone perché così rivive il commercio, rivivono i bar, rivive tutto”.

Serena Murri

Comunità, lavoro, brand turistico: così si riparte

Un anno di duro lavoro, di mediazioni, di contatti diretti con istituzioni ed imprese. Massimiliano Polacco, direttore Confcommercio Marche Centrali, fa una sintesi delle attività poste in essere già a partire da quella mattina del 24 agosto 2016.

IL TRASFERIMENTO “Noi siamo stati impegnati subito, soprattutto per un supporto nella zona di Accumoli e Arquata del Tronto. Ci è stato chiesto un appoggio logistico di trasferimento delle popolazioni. Siamo stati i primi che hanno sperimentato con il Ministero e la Protezione Civile il trasferimento degli abitanti negli alberghi di San Benedetto del Tronto. Quelle sono state una sorta di prove generali, considerando ciò che è accaduto il 30 ottobre nel Maceratese e nel Fermano. Lì c’è stato chiesto di trasferire in 4 giorni circa 8.000 persone nelle strutture alberghiere del litorale. Abbiamo così creato una task force di pronto intervento”.

LA NECESSITÀ DI NORME PER LE IMPRESE “Finita questa parte emergenziale, gestita su delega della Protezione Civile, verso fine novembre ci siamo accorti che tutte le normative che stavano uscendo riguardavano l’emergenza e nessuna riguardava le imprese colpite e danneggiate. Da lì abbiamo iniziato a fare una grande opera di mediazione nei confronti di parlamentari che abbiamo trovato sensibili alla problematica, organizzando incontri e creato le aspettative per le normative. E per quelle che sono uscite a favore delle imprese devo dire grazie alle mia organizzazione e a quei parlamentari che hanno seguito l’iter. Tutto quello che è uscito è stato riaggiustato in base alle esigenze delle nostre imprese”.

RIPORTARE SUBITO LE POPOLAZIONI “Abbiamo aperto infodesk sul territorio per incontrare le varie delegazioni e la nostra organizzazione è andata nelle varie zone colpite primo per dare supporto morale e anche tecnico e poi per cominciare a procedere alla ricostruzione. Oggi comunità e imprese hanno bisogno che i progetti diventino realtà. Si è parlato tanto, la popolazione sta ancora aspettando le casette quando potevano già abitare lì e affrontare il prossimo inverno in una situazione diversa. Siamo indietro, dobbiamo riportare con velocità le persone altrimenti quelle zone non le ripopoleremo più. Insomma, dobbiamo dare il via alla ricostruzione e al rilancio di tutti i progetti. Di recente sono stato contattato dal rettore dell’Università di Camerino per un progetto di ricollocazione di 70 imprese commerciali in una nuova location, chiaramente stabile, e altri che riguardano l’intero territorio montano”

PERCHÉ UN BRAND “Bisogna ricostruire un brand turistico ed occupazionale che possa rilanciare questo territorio. Faccio l’esempio di RisorgiMarche, che è stato un modo per far conoscere quelle zone non solo ai turisti ma soprattutto a noi marchigiani, per farci capire che sono vive e potenzialmente forti. Per questo abbiamo appoggiato l’iniziativa, soprattutto dal lato alberghiero, perché riporta ed evidenzia le potenzialità di questi luoghi. Inoltre, come Confcommercio abbiamo voluto e sostenuto il progetto MarcheExpress, che fa parte di una scelta strategica di rilancio del turismo estivo. A marzo ci siamo accorti che soprattutto gli stranieri non sceglievano la nostra destinazione e che dovevamo lavorare sul last minute e sul territorio italiano, dovendo fare una serie di iniziative di rilancio di immagine usando i mezzi più veloci che ci sono, e cioè i social. Questa estate il turismo è stato prettamente emiliano, veneto, lombardo e piemontese, grazie ai social siamo riusciti a portare persone nella zona marina”.

ZONA FRANCA URBANA “Le domande per la zona franca urbana andranno presentate entro il 23 ottobre e stiamo cercando di lavorare per la parte tecnica sull’individuazione dei criteri attualmente previsti dal Ministero per fare le verifiche contabili, che danno poi accesso alla misura. Cerchiamo sempre di analizzare i provvedimenti per capire se possono poi essere ritarati. Nei giorni scorsi la Confederazione a livello nazionale è uscita in merito al decreto della zona franca per chiedere degli assestamenti sulla circolare attuativa. È un lavoro che stiamo continuando a fare. C’è anche l’altro aspetto che si deve sbloccare, che è quello del danno indiretto, l’altra misura che avevamo chiesto”.

Andrea Braconi

Recuperare opere d'arte significa salvare la nostra identità

L’emergenza sul recupero dei beni culturali non è terminata. Lo rimarca con forza Francesca Pulcini, presidente di Legambiente Marche, che con il suo gruppo di Protezione Civile è impegnata dallo scorso 7 novembre su questo fronte. “Eravamo stati già chiamati dall’Unità di Crisi del Ministero già la mattina del 24 agosto - spiega - ma siamo diventati pienamente operativi dopo le devastanti scosse di fine ottobre”. Un percorso complesso (“Sono state oltre 3.700 le opere d’arte recuperate in 26 Comuni, 483 i volontari per un totale di 3.775 ore di lavoro”), arricchito da una particolarità: la presenza di due fotografi maceratesi, Lucia Parpaglioni e Luca Marcantonelli, che hanno seguito tutti gli interventi. “Quello è stato il valore aggiunto - rimarca la Pulcini -, la bellezza della crescita che comunque abbiamo avuto in questi anni, a partire dal terremoto del 1997, facendo formazione e avvicinando tantissimi cittadini. L’incontro con questi fotografi ci ha permesso di avere immagini confluite in una mostra che ci aiuta a far capire realmente quello che è successo e a mantenere alta l’attenzione sul futuro dei beni culturali”. Continuano, intanto, le chiamate. E davanti c’è un futuro tutto da costruire. “In questa fase i beni sono collocati in maniera temporanea in depositi che dovrebbero essere di emergenza. Tutti quegli imballaggi vanno rimossi, va constatata l’entità del danno, va eventualmente restaurato il bene. Quello che noi proponiamo è di immaginare una fruibilità diversa di queste opere d’arte, proprio per andare incontro alla possibilità dei cittadini di rivederle; opere che per la comunità rappresentano un pezzo di identità”. A questo si aggiunge, spiega la presidente, la necessità di creare forme di sviluppo territoriale diverse. “Non possiamo rimanere bloccati fino a che non sarà ultimata la ricostruzione. Per questo abbiamo suggerito di organizzare dei depositi locali, per creare anche una nuova geografia dei beni culturali e quindi anche un nuovo turismo. Così si risponderebbe all’emergenza attraverso un nuovo modello di gestione, che ci permetterebbe anche di far vedere fuori l’importante lavoro che è stato fatto in questa Regione. Inoltre, tutto questo creerebbe anche lavoro per chi ha perso tutto e non mi sembra un aspetto secondario. Significherebbe rimettere in piedi anche la filiera delle guide turistiche e dei professionisti del settore, come gli stessi restauratori. Certo, trovare dei depositi sicuri è difficile, ma immaginare tanti contenitori sparsi in luoghi studiati può essere una bella opportunità. Deve esserci però la convinzione ed una risposta chiara da parte degli organi preposti: su questo versante stiamo andando ancora un po’ lenti, serve un’accelerazione ed un piano di lavoro più efficace che ci permetta di pensare al futuro delle opere d’arte”.

Andrea Braconi

Ultima modifica il Mercoledì, 06 Settembre 2017 09:08

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