Le ricette di Chi mangia la foglia! - Li strozzapreti

Note informative a cura del Presidente Noris Rocchi - Maggio mese di processioni e ricorrenze religiose; nella tradizione popolare si narra che la parola “strozzaprete” si rifà a quando le donne preparavano questo tipo di pasta, (ancora senza nome), per offrirla al prete del paese in occasione di benedizioni, processioni o altre ricorrenze religiose proprie delle chiesupole o tabernacoli di campagna. Mentre i mariti, nell’occasione, trascurati dalle mogli dell’attenzione alimentare, a vantaggio del prete, con un po' di anticlericalismo, auguravano al prete che aveva accettato il gentile omaggio di “strozzarsi” mentre si gustava questa squisita pasta. Da qui il nome “ Strozzapreti".

Lo strozzaprete è una tipica pasta dei territori a cavallo tra Marche e Romagna, nasce come pasta povera, fatta in casa, richiede una discreta manualità, usa ingredienti semplici per il condimento, anche se nel tempo si è arricchita di ragù e sughi più corposi.

Ricetta per 4/6 persone. Ingredienti: cipolla, pomodori, uno spicchio d’aglio, peperoncino, alcuni ortaggi di stagione a piacere, salsiccia sbriciolata finemente (variante pancetta tritata), olio e sale q.b. Sbollentare nell’acqua alcune foglie aromatiche (alloro, timo, rosmarino) poi da togliere. Per gli Strozzapreti: parmigiano, 1 kg. farina tipo 1, parmigiano, sale, (variante moderna 2/3 uova).

Procedimento: tritare gli ortaggi finemente, rosolare in pentola prima del pomodoro, poi sfumare con vino Falerio e a fuoco basso, portare a cottura. Confezionare gli strozzapreti: su una spianatoia disporre la farina a fontana e al centro porvi il sale fino e acqua quanto basta, amalgamare il tutto fino ad ottenere un impasto omogeneo, morbido ed elastico; tirare la pasta ad uno spessore di circa 1.5 mm, tagliare delle strisce larghe 1 cm x 6 cm circa e arrotolare la pasta con le mani per dare forma agli strozzapreti. Cuocere gli strozzapreti nell’acqua di cottura delle erbe aromatiche, ripassare in pentola aggiungendo formaggio grattugiato, ed eventuale prezzemolo per guarnizione.

Note salutistiche a cura della Dott.ssa Paola Palmieri - Il peperoncino o capsico fa parte della famiglia delle solanacee. Il nome deriva dal greco Kapto, che significa mordere, per il suo sapore piccante che morde la lingua quando si mangia. La sensazione di bruciore che percepiamo in realtà non esiste, nel senso che non si ha un aumento della temperatura nella nostra bocca. La capsaicina che è la sostanza artefice della “piccantezza” interagisce con alcuni termocettori presenti nella bocca, che mandano segnali al cervello, come se la nostra bocca bruciasse.

Il peperoncino, ricco di vitamina C, è in grado di difendere dalle infezioni, infatti si è dimostrato utile nella cura delle malattie da raffreddamento, come raffreddore, sinusite e bronchite. Inoltre ha proprietà antinfiammatorie e allevia i dolori reumatici, macerandolo nell’alcool e poi si applica nella parte dolorante. Nell’uso esterno è importante non utilizzarlo sulle abrasioni o tagli e soprattutto attenzione agli occhi. Il peperoncino migliora la circolazione sanguigna e protegge il sistema cardiovascolare perché è un ottimo vasodilatatore, contenendo molti acidi grassi insaturi che rafforzano i vasi e migliorano l’ossigenazione del sangue. La credenza popolare gli attribuisce proprietà afrodisiache, ma non sono confermate da nessun studio o prova sperimentale.

Note Dietetiche a cura della dott.ssa Maria Preziosa Del Papa - Un bel primo piatto! e se fosse elaborato anche con l'optional delle "uova"…potremmo dire: piatto unico (qualitativamente completo) con amido-proteine-grassi (vegetali/animali). Certamente la differenza calorica la farà la quantità. E' vero, nasce come "piatto povero" ma negli anni il benessere economico ne fa un "piatto ricco". Come corredo tradizionale si porta dietro l'ingrediente base della "farina di tipo 1" e, fortunatamente, la ricetta moderna lo mantiene.

La farina di tipo 1 e cioè "meno abburattata" (setacciata), garantisce la presenza ancora di sostanze nutritive della parte esterna del chicco di grano: fibre-minerali-vitamine che ne fanno un piatto veramente digeribile. Quest'ultima caratteristica è dovuta in particolar modo alla presenza della vitamina B1 che gestisce al meglio l'utilizzo dei "glucidi" (amidi). Per spiegare, si potrebbe paragonare l'amido alla "legna pronta da ardere" che ha assolutamente bisogno di un "fiammifero" (la vitamina B1) per bruciare

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