Qualche piccolo litigio per le mascherine

Di Sergio Soldani Romano Rinaldi, viveva a Terni, insieme a sua moglie Isabella. Entrambi poco più che quarantenni, non sentivano lo scossone economico di molti loro amici e parenti che si occupavano di libere professioni, nello scorrere allucinante delle chiusure e aperture a singhiozzo dovute al covid.

I due sposi, che avevano scelto di non avere figli, lavoravano entrambi in banca, uno alla Cassa di Risparmio di Terni, l’altra alla sede della stessa città della Banca Nazionale del Lavoro.

Romano era un vero appassionato di tennis, giocava anche nelle ore più impensate, tanto che lei si lamentava di rimanere sola nei momenti più adatti all’intimità, però per amore si era abituata, anche se spesso al ritorno dalle partite suo marito di fatto era ridotto uno straccio e perciò completamente impossibilitato ad ogni genere di incontro piccante e ravvicinato. Ma non era questo, negli ultimi tempi il motivo, dei loro più frequenti litigi, questa specie di contrasti sorgevano per i differenti pareri nei confronti delle mascherine anti covid. Isabella nella banca, dove era particolarmente ammirata per la sua avvenenza da colleghi e clienti, ostentava una mascherina rosa con degli strass piccolissimi a forma di sorriso che comperava presso una merceria e tabaccheria posta alla periferia del capoluogo umbro, della quale era proprietaria la sua amica Albertina, che nei ritagli di tempo era anche una brava sarta. Quando ritornava a casa, verso le diciotto di sera, giacché nella piccola pausa giornaliera dei bancari si fermava da sua madre Antonietta, la prima domanda che rivolgeva a Romano era: “Hai indossato correttamente la mascherina? O anche oggi hai voluto giocare con la vita e la morte?” Egli pensando che in fondo sua moglie avesse ragione, le rispondeva di comprendere e di essere lusingato dalle attenzioni di lei.

Capitò però un giorno che la vicina di casa Giusy, all’ora di cena, chiese in prestito un po’ di sale grosso e come Isabella aprì la porta si accorse che costei era senza mascherina. Immediatamente le sferrò un violento schiaffo sul volto e la poveretta perse i sensi, tanto che ancora oggi le famiglie Rinaldi e Corsari sono in causa per quell’impulsiva aggressione e da tempo non si rivolgono più la parola.

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