Il coraggio di cambiare

Forza e coraggio!

La civiltà e il progresso sono belle cose ma... Ma di certo non favoriscono quelli che, come i giovani, si affacciano nella giungla del mondo del lavoro e affrontano le sue difficoltà e i suoi trabocchetti, le sue illusioni e disillusioni, disarmati e pieni di belle speranze. Ma la realtà troppo spesso è ben più dura di come viene raccontata, il farsi strada nel mondo del lavoro somiglia più a una favola dei fratelli Grimm, di quelle a tinte fosche, piene di prove da superare e di orchi affamati pronti a mangiarti se non sei furbo e preparato. Insomma, spesso si tratta di un mondo lontano anni luce da quello che ti aspettavi: ovvero qualche cosa di bello ed etico, come dovrebbe essere il naturale sbocco nel lavoro dopo anni di studi o di costruzione di una impresa. Che è così, ve lo dice uno che proprio ieri è stato soprannominato “Brontolo”, il nome di uno dei sette nani di Biancaneve, la celebre favola dei succitati Grimm. A proposito, tanto per parlare di difficoltà e fatica, sapete che da studi filologici sembra che la figura dei sette nani prenda spunto dai minatori tedeschi dell’epoca che, per poter scendere nelle anguste gallerie delle miniere, erano presi bambini e iniziati a quel mestiere e a causa di quel duro lavoro, della malnutrizione e delle malattie che contraevano rimanevano bassissimi di statura e deformi nell’aspetto? Simpatici erano simpatici, anche allegri quando tornavano dal lavoro, di sicuro ottimisti, data la vita che facevano! In una società sempre più povera di opportunità e di sbocchi, bisognerà rivedere anche il ruolo della politica in questo ambito. Parlare ne parlano, i nostri capoccioni, ma spesso si tratta di parole dette più per dare un’idea convincente di se stessi, per alimentare speranze che troppo spesso vanno deluse, piuttosto che per dare un’immagine veritiera della realtà, che rimane più o meno com’è: disoccupazione a non finire, specie giovanile. Meno burocrazia e meno chiacchiere, dunque, ma piuttosto sostegni concreti, realmente finalizzati alla creazione di imprese che durino nel tempo e generino occupazione. Certo è difficile, in una desertificazione del mondo imprenditoriale da tempo in atto, pensare di gettare in un attimo le basi di una rinascita. Il concetto stesso di industria manifatturiera sta evolvendo, l’impiego di tecnologia trasforma rapidamente la necessità di manodopera, occorrono persone super-specializzate e continuamente aggiornate rispetto alla velocissima evoluzione dei macchinari e dei processi produttivi. Il tutto richiede investimenti notevoli, e la situazione del credito non è per niente rosea e forse il segno si sposterà ancor più verso il meno: provate a chiedere a quei volenterosi aspiranti imprenditori che ingenuamente vanno a chiedere in banca un finanziamento e si sentono rispondere “picche”. Una vera gioia per un giovane che ha l’aspirazione di lanciarsi nel mondo dell’impresa, forte della fiducia nelle proprie capacità ma… con le tasche vuote. Cerchiamo di prenderla con filosofia ed ottimismo: qualcuno, prova e riprova, nonostante tutto ci riesce a realizzare il proprio sogno e a dare vita alle proprie idee e alle proprie capacità. Questa è la magia della vita, la forza della volontà umana: osare, non mollare, nonostante la logica perversa di questo bastardo e spietato mondo ti dica di lasciar perdere. Perché a volte, per la voglia di prendere il volo, di andare sempre più in alto, si corre il rischio di bruciarsi le ali come successe a Icaro, specie se ci si rivolge alle persone sbagliate per ottenere un aiuto. Ma, bello e incredibile, ci sarà sempre qualcun altro che ci proverà di nuovo. Guai a mollare!

Daniele Maiani



Con Linky da Falerone alla conquista del mondo

Linky Innovation è un nome che potrebbe essere facilmente legato a zone come la Silicon Valley, dove le start up – da decenni – proliferano. E invece questa storia nasce, come ci racconta Cristiano Nardi, socio fondatore insieme a Paolo Pipponzi, “in un paesino di neanche 3.000 anime sulle colline marchigiane”. Quel paesino è Falerone, dove i due crescono e dove oggi mantengono la sede di un’azienda che in poco tempo è riuscita a conquistare centinaia di clienti in giro per il mondo. Cristiano, rimettiamo in ordine tempi e obiettivi del progetto Linky. “Il progetto nasce nel 2014, ma la start up prende vita nel giugno 2016.” Per chi non conoscesse il vostro prodotto, è giusto dire che siamo di fronte ad uno skateboard abbastanza particolare? “Direi più ad un mezzo di trasporto per risolvere la problematica della mobilità, unita al concetto di skateboard. Un’idea che si può integrare con tutti i sistemi di trasporto presenti nella città e che diventa utile anche per divertirsi tutti i giorni, spostandosi in maniera facile e non inquinando.” Con tanto di zaino ad hoc. “L’innovazione è che lo skateboard ha una dimensione di una longboard, con una lunghezza di quasi 1 metro, ma che può compattarsi fino a 30 centimetri con un peso ridottissimo di quasi 5 chili.” E da quale passione nasce? “Nasce dalla passione per il viaggio. Linky, infatti, non è solo un mezzo di trasporto: come i risultati stanno attestando, considerato che ne abbiamo consegnati già 500, oltre il 60% dei nostri clienti lo usa per il viaggio.” Ma come e perché avete pensato ad un mezzo simile? “Nasce da me e Paolo, amici ed appassionati di viaggio. Cercavamo un mezzo che ci permettesse di muoverci più facilmente in città e soprattutto nasce anche perché Paolo viveva a Bologna, lavorava in Ducati e notava questa difficoltà del vivere ed attraversare la città.” Quando ci riferiamo a Linky, di che numeri parliamo? “Nel 2016, dopo la vincita del premio E-Capital, abbiamo investito i 20.000 euro per fare una campagna crowdfunding con l’obiettivo di raccogliere prevendite e, soprattutto, di validare l’idea. All’inizio del 2017 ci siamo trovati con circa 300 pre ordini da tutto il mondo e 200 ordini da parte di un distributore giapponese. Il 2017 lo abbiamo perciò dedicato a ricerca e sviluppo, una fase che ci ha portato via circa 10 mesi, mentre nel 2018 siamo fieri di dire che ci sono 500 persone nel mondo che stanno utilizzando Linky.” Mercati principali? “Facendo una classifica, prima gli Stati Uniti, soprattutto la west coast. Poi il Giappone, dove ci sono molti appassionati di questo tipo di innovazioni, e infine nord Europa. Ci sono anche mercati come Singapore ed altri, ma i numeri più importanti li troviamo nelle prime tre aree.” Questo il presente. E il futuro? “È un tema interessante, perché in questa fase ci stiamo strutturando. Abbiamo la sede a Piane di Falerone, dove è nata l’azienda, ma non nascondiamo le difficoltà del territorio, intese come connessione e raggiungimento di un pubblico appetibile. Siamo però dei romantici e quindi stiamo gestendo tutto da qui. La fase produttiva viene svolta in Cina, nell’area di Shenzhen, dove c’è un connubio sia tecnologico che di vantaggio competitivo importante. Stiamo invece gestendo la parte finanziaria a Milano: non vorremmo spostarci da Falerone, ma Milano, dove abbiamo trovato investitori importanti, sembrerebbe poter essere il nostro trampolino di lancio.” E nel breve periodo? “Tramite e-commerce siamo pronti a mettere sul mercato altri 500 pezzi, attraverso catene di distribuzione di grandi dimensioni in Inghilterra e negli Stati Uniti. L’e-commerce è un canale che utilizziamo molto e che ci garantisce margini più elevati.”

Andrea Braconi



Investire nell'e-commerce con prodotti di qualità

Un’idea chiusa in un cassetto, che decide di uscire fuori grazie ad un concorso. Parte da qui, Erica Lorenzini, residente a Porto Sant’Elpidio, per raccontarci quel piccolo sogno divenuto realtà: Tasting Marche, e-commerce di prodotti marchigiani di alta qualità selezionati, come rimarcato nel sito, “attraverso gli occhi, il gusto, il tatto, ma soprattutto il cuore di un team variegato e tutto al femminile che ha esplorato la regione passo passo, viaggiando attraverso le campagne, visitando i mercati, conoscendo gli artigiani e i loro segreti”. Un team, quello di Tasting Marche, che ha visto protagoniste oltre alla Lorenzini anche Sara Paoletti e Susanna Marinozzi, oltre alla collaboratrice Sara Maddaloni oggi sostituita da Deborah D’Angelo. Erica, da cosa e quando nasce Tasting Marche? “Tasting Marche nasce nel 2013, da un’idea chiusa in un cassetto, che decide di uscire fuori e, partecipando al concorso Ecapital, di provare a fare sul serio. Arriva finalista, ma non vince il premio messo in palio dalla Business Competition; poco importa ormai, l’idea è diventata un progetto e un business plan, nel 2014 nasce la società”. Come avete sviluppato in questi anni il vostro lavoro e la rete di aziende? “Tanta fatica e tanta strada, e non solo in senso metaforico, poiché abbiamo percorso in lungo e in largo le Marche per conoscere i piccoli produttori, assaggiare i loro prodotti, entrare nelle loro storie, che sono diventate via via anche un po’ le nostre. L’esperienza commerciale e un’attività quotidiana di marketing diretto hanno portato ad avviare rapporti con aziende e strutture ricettive del territorio”. Quale livello di penetrazione dei mercati siete riuscite a raggiungere attraverso l’e-commerce? “L’e-commerce è impegnativo e richiede importanti risorse per aumentare il traffico e la reputation. Per ora i nostri clienti sono quasi esclusivamente italiani, vendere all’estero è ancora un obiettivo lontano. Servono partner strategici locali, per ottimizzare la logistica e integrare l’attività online con iniziative offline, che consentano di far conoscere le specialità marchigiane. Purtroppo i nostri prodotti sono ancora sconosciuti ai consumatori stranieri e la regionalità non è percepita come un valore distintivo”.

Andrea Braconi



Eventi, servizi e occupazione giovanile

Investire su turismo e territorio avvalendosi di risorse giovani e piene di idee. Tu.ris.marche è questo, nata nel 2014 come cooperativa grazie al contributo della Regione Marche per aver vinto il bando Giovanidee, la sua formazione iniziale era di tre giovani con la consapevolezza di trovarsi in un territorio con molte più potenzialità rispetto destinazioni dalla grande vocazione turistica e con flussi turistici importanti. Ecco le forze giovani di cui continua ad avvalersi: Danilo Federici (26 anni, ingegnere); Andrea Marsili (26 anni, fisioteraposta, esperto in marketing e progettazione); Lorenzo Giuliani (27, geometra); Alessandro Offidani (27, esperto in comunicazione); Eugenio Grassia (28, turismo); Martina Mattetti (27); Cristina Offidani (31, lettere); Maria Elena Tarsi (23, lingue); Tiziana Capriotti (41, archeologa). Una delle attività principali della cooperativa è la gestione di diversi uffici turistici. Il primo è quello di Petritoli, dove anche grazie ai volontari, garantiscono visite guidate del borgo in ben tre lingue straniere (olandese, tedesco, inglese). Seguono i punti informazione di Marina Palmense e Torre di Palme, sulla quale puntano essendo diventata cluster turistico destination wedding della Regione Marche, ora non rimane che renderla appetibile ai turisti creando servizi fruibili. A Lido di Fermo, oltre all’info point sono riusciti a coinvolgere i balneari per presentare il marchio di qualità attraverso la Camera di Commercio di Fermo. A questi si è aggiunto, da quest’anno anche Monte Rinaldo, con il quale hanno intenzione di sviluppare iniziative culturali da aggiungere alla programmazione già messa in atto. Che cos’ha Tu.ris.marche in più degli altri? “La nostra è una sfida. -risponde Andrea Marsili, portavoce della cooperativa e responsabile delle pubbliche relazioni- Partiamo dal sensibilizzare aziende e pubbliche amministrazioni sulle opportunità che potrebbe portare un maggiore flusso di turismo del quale possono beneficiare tutte le attività, ma servono professionalità e investimenti sull’offerta turistica, con iniziative ed eventi. La vera sfida è far capire il valore turistico del nostro territorio. Noi mettiamo insieme gli attori e vendiamo l’aspetto esperienziale, è questa la parte innovativa. Vendiamo l’aspetto economico del territorio che porta i frutti e i guadagni senza mai prescindere da accoglienza e ospitalità”. Cosa vuole il turista? “Vuole immedesimarsi nei panni del locale, stare a contatto con tradizioni e cultura, vuole sporcarsi le mani, interagire con il territorio, con i processi di produzione, vuole scoprire i tesori nascosti conosciuti solo dagli indigeni”. L’intuizione è quella giusta, in un territorio nel quale c’è tanto da offrire, ad esempio nelle produzioni di ogni azienda ci sono aspetti da valorizzare, come il contatto con gli animali, le materie prime, i processi di produzione, come quello del formaggio per esempio, rappresentano un prodotto da trasferire nell’esperienza turistica perché agli occhi dei turisti stranieri diventa interessante, dunque vendibile. Sono giovani, corrono veloci e pensano ad aumentare lo staff affinché questa realtà diventi un’importante fonte di lavoro. L’ambizione più grande è quella di gestire tutti gli infopoint turistici sulla costa: “Così potremmo dare un’informazione più omogenea. Noi progettiamo e proponiamo in base al territorio di riferimento e inoltre, i finanziamenti della Regione li spendiamo sul territorio alleggerendo le spese dei Comuni. Bisogna puntare su eventi, promozione e servizi questa è la chiave. Ancora troppo poche le aziende che lavorano col turismo”. Serve lavorare sulla continuità, sia termini di occupazione che di servizi da offrire.

Serena Murri



A tu per tu con la terra

Nessun posto fisso dietro ad una scrivania, bensì a mani nude a tu per tu con la terra ed i suoi frutti. Secondo i dati Istat 2018, da qualche anno a questa parte molti giovani laureati, nonostante abbiano terminato il loro percorso universitario a pieni voti, hanno deciso di afferrare a mano stretta le redini delle aziende di famiglia ed il più delle volte la loro scelta è un’opportunità in più e non un ripiego. “Oltre al percorso universitario, e più nello specifico quello ingegneristico, si possono intraprendere o portare avanti anche altre realtà, specialmente se esse rappresentano una passione – racconta il trentaquattrenne Elenio Trocchianesi, ingegnere edile -. La mia azienda ‘THEMA’ è a conduzione familiare, si sviluppa su una superficie di 15 ha ed ha una porzione a carattere zootecnico, una cerealicola (grano e girasole) ed una parte adibita alle colture portaseme, in particolar modo cavolo e cipolla da seme. È ovviamente presente per uso familiare un piccolo orto, un vigneto da 200 barbatelle e circa 70 ulivi. Il mio obiettivo, da qualche anno a questa parte, è stato e continua ad essere quello di dar seguito a questa attività, parallelamente ad altre mie ambizioni professionali e cercando al contempo di far integrare nel mio progetto qualche familiare”. Secondo l’indagine AstraRicerche per Manageritalia su 80.000 imprenditori che ogni anno in Italia affrontano la successione generazionale, solo il 25% supera il primo passaggio e il 14% non supera il secondo. Al terzo solo il 5% delle imprese rimane in vita. “Dal punto di vista tecnico è in programma una coltivazione di tipo biologico sempre più in via di sviluppo - prosegue il giovane imprenditore -. Credo che il valore aggiunto al lavoro agricolo possa esser dato da un giovane agricoltore soltanto se costui ha la consapevolezza di poter integrare tradizioni ed esperienze delle generazioni passate con ciò che le epoche attuali permettono di fare attraverso una tecnologia ed uno sviluppo sempre più presente. Di certo, l’accessibilità alla ricezione di maggiori informazioni gioca oggigiorno un ruolo fondamentale”. Sempre secondo le stesse indagini, il 63% delle imprese che superano il passaggio generazionale non va oltre il quinto anno. Non sembra esagerato parlare di una vera e propria emergenza.

Federica Balestrini

L'urgenza di vedere ciò che sta emergendo

Il Calzaturiero è un settore che incorpora poca conoscenza. È il primo dei tre elementi che marcano la riflessione di Massimiliano Colombi, sociologo di Monte Urano e docente di Sviluppo Urbano e del Territorio all’Università di Macerata, sulla situazione economica del Fermano. Temi sempre più cruciali per affrontare le sfide presenti e quelle future, che troveranno ampio spazio in occasione della Giornata dell’Economia, programmata dalla Camera di Commercio di Fermo per il prossimo 25 ottobre e alla quale prenderà parte, oltre a Colombi, anche l’economista Marco Marcatili. “Poca conoscenza non significa assumere o non assumere laureati - ci spiega il sociologo -. Gran parte della produzione non è allineata con i nuovi fronti della conoscenza, quindi il deficit non sta su altre questioni. Quei Paesi e quei settori che marciano sono quelli ad alto contenuto di conoscenza. Questo dibattito da noi viene banalizzato con l’assunzione di laureati, ma in realtà quella è solo una delle componenti. C’è la sfida di quanto consapevolezza hai dello stare nel mondo e per questo la proposta di nuove fiere calzaturiere da realizzare nel Fermano segnala più questo ritardo che non proposte di avanzamento”. Ma come si risolve? “Andando a vedere le aziende che in questo settore stanno facendo da apripista e che purtroppo non sono più nel Fermano. Bisogna uscire fuori da una retorica auto consolatoria che ci fa dire ‘siamo ancora il distretto più importante nel mondo’; dobbiamo uscirne perché questo ci uccide.” Secondo tema. “Nonostante i numerosi passi in avanti, l’incrocio con l’università è ancora molto disabitato. Si è fatto tanto, certo, ma ancora non si è capito dove questo incrocio può fare la differenza.” E arriviamo al terzo elemento. “La domanda che dobbiamo farci è quanta innovazione riusciamo a sostenere, non come continuiamo a fare quello che abbiamo sempre fatto. Ci sono esempi in giro molto interessanti, come quello che fa la Fondazione Cariplo per alcuni territori del nord, dalla costruzione dei bandi al sostegno alle imprese. Il tema è come il mondo sta già a casa nostra e come noi stiamo nel mondo. Il tema è come cambiano le lenti di ciò che sta avvenendo. Noi invece non riusciamo a vedere ciò che sta emergendo, abbiamo solo categorie vecchie.” Hai definito stucchevole il dibattito sul fatto che i giovani stiano lasciando il Paese. “La questione non è se partono, ma se partono e tornano. Che la giovinezza sia una stagione della sperimentazione e del vedere mondi diversi è un esempio di evoluzione della nostra società. Il punto è come mai non riusciamo a costruire le condizioni per diventare attraenti per giovani che vogliono fare queste esperienze da noi o per giovani che avendole fatte nel mondo voglio tornare a vivere qua. Su questo i tre elementi attrattivi sono evidenti: la qualità della vita del territorio; la qualità delle infrastrutture, in particolare quelle tecnologiche che permettono di stare nel locale e di essere connesso con il globale; uno sviluppo economico che incorpora conoscenza. Dobbiamo interrogarci, quindi, su come creare le condizioni adatte su questi tre elementi.”

Andrea Braconi

Ultima modifica il Mercoledì, 10 Ottobre 2018 11:16

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