Il futuro dei Comuni tra tagli e fusioni. L’importanza di rinunciare ai campanili per cogliere le opportunità di cambiamento. Ma restano tanti dubbi

METTIAMOCI IN COMUNE. SNELLIRE E RISPARMIARE, MA SENZA CREARE DANNI MAGGIORI

Non sempre i rapporti tra parole e idee sono idilliaci. Le parole normalmente dovrebbero servire per esprimere idee, ma spesso prendono il sopravvento sulle ultime, reagiscono in maniera totalmente autonoma. Così nascono le mode delle parole, ovverosia si usano parole per il semplice gusto di dirle: parole vuote. Adesso è il caso della parola “accorpamento”: secondo il vocabolario, sta per “unione di qualche cosa con un’altra”. Fare di due cose piccole una grande. In un momento di crisi come il nostro, si vede come unica salvezza l’accorpare, ad esempio, più Comuni (strangolati da un bilancio cinico e baro) per farne uno solo: e quindi risparmiare in spese per il personale, i servizi, diminuire la burocrazia, rendere più snella la macchina amministrativa.

Magari fosse così semplice! L’economia, come viene intesa da noi, si basa tutta (a prescindere se sia un’idea giusta o sbagliata) sulla capacità che hanno gli individui di spendere soldi. Usando l’accrescitivo, “in soldoni” significa che più persone spendono e comprano e più il sistema gode di buona salute. Come correlato, se si riducono posti di lavoro e stipendi la gente deve per forza stringere la cinghia e i cordoni della borsa, per cui fatalmente l’economia (fatta sì di scambio di merci, ma anche di produzione, di risparmi da investire e quant’altro) comincia inesorabilmente e patologicamente a regredire: si ammala.

Ora, né gli imprenditori né tantomeno i politici (almeno quelli di buon senso che non sguazzano nelle miserie altrui) vogliono questo, anzi: lo temono come il peggiore dei mali. E quindi l’idea di snellire e di risparmiare non può che essere bene accetta, ma a patto che non si risolva in un pastrocchio, e dunque non provochi danni maggiori di quelli che deve curare. Lo sanno bene gli economisti, che queste cose studiano, quale cautela occorre per far funzionare a dovere i meccanismi dell’economia. Ma come in tutte le cose, anche in politica esistono i livelli: e ai livelli più bassi di certo non albergano economisti di gran classe, anzi…

I più pericolosi sono i nostalgici della famosa canzone di Manfredi “Tanto pe' cantá”, che si lanciano nell’improbabile remake “Tanto pe’ parlà”: e i disastri proseguono a catena. Cresce la smania di voler accorpare di tutto: Comuni piccoli con Comuni grandi, Comuni medi con Comuni grandi, Comuni grandi che non li tocca nessuno e si pappano tutto, come un “blob”. Mali “comuni” e mezzi gaudi, fino agli accorpamenti più arditi: nani e ballerine, cani e razzi (e qui, evitiamo di accorpare anche gli eufemismi!). Insomma, il rischio che si corre è che si accorpino malamente realtà diverse o incompatibili, Comuni che di comune non hanno nulla, se mi si passa il calembour…

Di fronte a certe furie accorpatorie, a un certo punto verrebbe da dire, alla maniera fiorentina: “Ovvia, bimbini, datevi una calmata”. Va bene che al comando del Vapore ci siete voi, ma mentre guidate almeno parlate poco e magari buttate un occhio alla strada: quello di cui parlate talora sembra un film di fantascienza; la vita vera (fra l’altro molto più brutta) è un’altra cosa. È un momento in cui non serve lanciare provocazioni, serve gente che si rimbocchi le maniche e ricostruisca quello che dissennatamente è stato distrutto e dilapidato subdolamente in lunghi anni. È il momento in cui ci si deve rendere conto che fare il politico non significa essere il padrone di “tutto il cucuzzaro”, per cui si fa e si disfa a piacimento: tanto ci sono i fessi che pagano. È il momento di chiarezze estreme e condivise: chi è al posto di guida, in democrazia, sta lì perché è stato votato; e quell’incarico, come ha avuto un inizio, se guidi da sbronzo deve avere anche una fine certa.

Mi concedo un po’ di arie da intellettuale di lungo corso: l’operato dei politici non è, e non deve essere, “legibus solutus” (andatevi a guardare il buon vecchio dizionario di Latino). Detto questo, se volete accorpare, accorpate pure, basta che non sia l’ennesimo attacco di logorrea fulminante: quello, ha pessime influenze sull’intestino…


Daniele Maiani



IL FUTURO SARANNO LE FUSIONI. ROBERTO PETRUCCI CI SPIEGA PERCHE' BISOGNA RINUNCIARE AI "CAM
PANILI"

“Qui non si tratta di scegliere tra situazione attuale e fusioni ma tra fusioni e unioni”. A dirlo è Roberto Petrucci, esperto di fusioni tra Comuni, che sembra avere le idee chiare: il futuro saranno le fusioni. Tanti, secondo Petrucci, i vantaggi che questo nuovo assetto, previsto dalla legge n. 56 del 2014 (legge Delrio), porterà. A partire da quelli economici che, a cascata, produrranno benefici per le popolazione. “Il Governo – spiega Petrucci – ha creato una situazione eccezionale che va sfruttata”.

Quali sono le principali differenze tra unioni e fusioni comunali? “Con le unioni i Comuni gestiscono i servizi in forma associata e sindaci e Consigli comunali restano in carica. Con le fusioni i Comuni vanno a formare uno nuovo ente con un sindaco e un Consiglio comunale unici. I Comuni che uniscono le funzioni mantengono i propri organi amministrativi e i propri bilanci, ma per migliorare i servizi mettono insieme la struttura tecnico amministrativa; quelli che si fondono hanno un unico organo amministrativo e un unico bilancio”.

Lei è un convinto sostenitore delle fusioni. Perché? “Le fusioni permettono di ridurre in modo significativo le spese di struttura, cioè quelle legate al funzionamento del Comune. In questo modo aumentano le risorse da destinare ai servizi, si riduce drasticamente la burocrazia e migliora la capacità amministrativa. Il nuovo Comune ha priorità negli investimenti regionali, meno adempimenti burocratici da sostenere e può coprire il 100% dei pensionamenti. Anche se irrilevanti dal punto di vista finanziario, con le fusioni si riducono le spese per assessori e consiglieri. Inoltre, con l'aumento della popolazione cresce il peso politico del nuovo Comune nella Provincia e nell'Ambito di appartenenza, si formano nuovi gruppi dirigenti politici e nuovi gruppi di direzione amministrativa. In sintesi: si ritorna ad amministrare”.

Esonero di dieci anni dal patto di stabilità e aumento delle risorse (il 40% dei trasferimenti del 2010) per dieci anni sono gli incentivi che il Governo mette a disposizione dei Comuni nati da fusioni. Non c'è il rischio che, soprattutto nei Comuni più piccoli, a decidere sia più il portafoglio che la ragione? “Bisogna partire dal presupposto che non esistono due fusioni uguali. In generale, i Comuni che nascono dalle fusioni sono demograficamente in crescita, in grado di attrarre nuove energie e capaci di rappresentare meglio il territorio sul quale insistono.

Nelle Marche finora abbiamo due casi di fusioni di Comuni: Trecastelli nell'Anconetano (nato dalla fusione di Ripe, Castel Colonna e Monterado) e Vallefoglia nel Pesarese (nato dalla fusione di Colbordolo e Sant'Angelo in Lizzola). A questi, il prossimo anno si aggiungeranno le fusioni di Pievebovigliana e Fiordimonte, nel Maceratese, che daranno vita al Comune di Valfornace, e di Montemaggiore al Metauro, Saltara e Serrungarina, nel Pesarese, che si fonderanno nel Comune di Gransaltara”.

Se gli incentivi economici spingono verso le fusioni, a frenare molti amministratori è il timore di perdere la propria identità. “In alcune zone l'identità è molto importante. Le fusioni consentono di mantenere i municipi dei Comuni originari. In questo modo i nuovi Comuni diventerebbero simili a contee in cui l'identità è garantita dai municipi che decidono per la zona di competenza, con un consiglio elettivo con funzioni consultive e la possibilità di dare pareri vincolanti sulle questioni riguardanti il municipio. E’ un'opportunità da considerare con la dovuta attenzione, anche perché in quattro mesi (la procedura per le fusioni dei Comuni prevede, nell'ordine: deliberazione del Consiglio comunale, referendum e legge regionale, ndr) potrebbero cambiare le sorti di un territorio”.


Francesca Pasquali




UNA POSSIBILITA' DI INNOVAZIONE ISTITUZIONALE. TRA FUSIONI E TAGLI LE OPPORTUNITA' DI UN CAMBIAMENTO: PARLA IL CONSIGLIERE REGIONALE FRANCESCO GIACINTI

Ci tiene a separare i diversi temi sul tavolo, il Consigliere regionale Francesco Giacinti. Perché ai cittadini, dice, occorre dare un'informazione corretta su questioni che li riguardano direttamente, oggi ma soprattutto domani. “Innanzitutto parliamo della legge regionale di cui sono stato relatore, che va a disciplinare le fusioni per incorporazione tra i Comuni, recependo la Legge Del Rio. Faccio un esempio: se Fermo e Monte Urano decidessero oggi di incorporarsi e restasse così solo Fermo, Monte Urano non avrebbe più Sindaco e Consiglio comunale. La fusione classica, invece, è decidere di dare vita ad un nuovo Comune, con un nuovo nome e quindi con nuove elezioni, rinnovando Sindaco e Consiglio”.

E' un tema, quello della razionalizzazione e del contenimento della spesa pubblica, che da tempo la vede protagonista. “Da qualche anno dico che è il caso di pensare ad un numero di Comuni diverso, cioè di mettersi insieme. Qui non si tratta di solo risparmio ma c'è un forte elemento di innovazione. E noi amministratori abbiamo il dovere di innovare laddove abbiamo possibilità di farcela. Certo, non per forza unendo due Comuni si arriva ad un risparmio, dipende da tante condizioni, ma va veicolato il messaggio che questa possibilità c'è, ed io posso dire di averci sempre creduto. Ripeto però che non bisogna guardare soltanto al risparmio, ma che il momento che stiamo vivendo ci mette tutti in condizione di indirizzare risorse verso altri settori”.

Quindi è veramente il tempo di ripensare al nostro assetto? “Pensare ai Comuni così come li conosciamo ha portato ad interpretare la destinazione delle risorse in un certo modo, ma non è affatto detto che sia il solo possibile. Fino ad oggi è prevalsa una cultura di campanile ed in pochissimi rinuncerebbero ad un ruolo da protagonista. Quello che vedo io, invece, è un salto di qualità sotto tanti punti di vista. Si può pensarla in un modo diverso, perchè no?!?”.

C'è poi l'altro tema: il taglio al numero dei Comuni. “Questo è di carattere nazionale, non dipende dalle Regioni. Esiste un disegno di legge che, da quanto ci è dato sapere, renderà questo taglio obbligatorio”.

Si è partiti dalle Province, in maniera piuttosto caotica, per arrivare ad una razionalizzazione più ampia. “E' un po' il senso di tutta la riforma che si sta portando avanti a livello nazionale”.

Cosa dobbiamo aspettarci nei prossimi mesi? “In Regione abbiamo già fatto, approvando la legge sulla fusione per incorporazione. Restiamo in attesa di questo passaggio in Parlamento. Sembra che potrebbero essere le nuove Aree Vaste, vale a dire le ex Province, a decidere e a disciplinare qualche elemento, ma restiamo in attesa di notizie certe”.

E a chi tra gli amministratori continua a polemizzare cosa risponde? “Ripeto, la vedo come una possibilità concreta di innovazione istituzionale che va sperimentata, anche se in alcuni contesti può sembrare complesso. Ma il tentativo va fatto, perché c'è margine per organizzare al meglio la macchina e mettere a disposizione risorse per le funzioni essenziali ed in settori più delicati ed in sofferenza, come il sociale”.


Andrea Braconi



INSIEME PER UN FUTURO MIGLIORE. L'ESPERIENZA DI TRECASTELLI. IL PRIMO COMUNE "FUSO" NELLE MARCHE

Negli ultimi tempi si fa un gran parlare dell'accorpamento dei piccoli comuni per dar vita a nuove realtà, più o meno centralizzate. Una delle motivazioni che arriva dal fronte del no è rappresentata dalla paura della perdita dell'identità. Tra le altre spicca il timore che il “territorio venga sguarnito di istituzioni e” ne “perda in coesione sociale”, come afferma il sindaco di Belvedere Ostrense Riccardo Piccioni che ha recentemente smentito la fusione del suo comune con i municipi di Monsano, San Marcello e Morro D'Alba.

Nel Fermano si procede con cautela, ma ci sono due territori in particolare in cui sembra che l'idea della fusione sia vista di buon occhio: uno nella media valle del Tenna, l'altro in quella dell'Aso. Nel primo caso si parlerebbe di Falerone, Monte Vidon Corrado, Montappone e Massa Fermana, nel secondo i Comuni sarebbero ancora da definire e la decisione potrebbe arrivare anche attraverso un referendum.

Di certo c'è che l'interesse è presente, tanto che l'amministrazione di Moresco ha recentemente ospitato un incontro, promosso dal PD locale, a cui ha preso parte il sindaco di Trecastelli Faustino Conigli per raccontare la propria esperienza e fornire così consigli utili. Il nuovo comune è frutto della fusione di Ripe, Castel Colonna e Monterado, nell'Anconetano ed è operativo dal primo gennaio 2014, data che lo indica come primo “esperimento” marchigiano. Un procedimento iniziato anche attraverso un viaggio in Trentino del sindaco con 7 dipendenti e un pulmino. La meta era un paese che aveva già fatto il grande passo.

“Con la fusione sono arrivati 200 mila euro”, ha raccontato Conigli, nonostante al momento della decisione non fossero a conoscenza degli incentivi statali. “Non l'abbiamo fatto per questo”, ha precisato. Attualmente “di 35 cantieri aperti, 32 sono chiusi. Abbiamo acquistato maggior peso politico e chiesto una casa della salute, andare incontro alle esigenze dei cittadini con un'Imu più bassa e miglioramenti in materia di Tari ed ex Tasi. Inoltre, abbiamo sostituito le vecchie lampade con quelle a led nuove”.

In ambito amministrativo, a detta di Conigli, si è guadagnato in efficienza. Adesso, a Trecastelli si sta pensando a una cittadella dello sport, dove portar praticare diverse discipline. Per ciò che riguarda i servizi? “Inizialmente avevamo lasciato aperti a rotazione alcuni uffici, ma i cittadini non andavano più nei Comuni 'vuoti'. Si sono dimostrati più aperti di noi. Alla fine abbiamo deciso di spostare le attività amministrative in pianta stabile nell'ex municipio di Ripe che era quello un po' più grande. A Monterado ci sono i servizi sociali, prima ci lavoravano in tre, ora sono in 15. A Castelcolonna, invece, c'è l'Informagiovani e vi fanno capo tutti i centri giovanili”.

Uno degli scopi della fusione è garantire più efficienza con minor personale, in questo caso l'unione in uffici unici ha fatto sì che si creasse una più ampia squadra di lavoratori in un determinato ambito. Tra le difficoltà che si incontrano maggiormente ci sono quelle nella creazione del nuovo organico e il ricollocamento dei dirigenti apicali. Nel caso di Trecastelli il problema non si è posto, in quanto c'è stato un riassorbimento dell'ex apicale in altri ruoli. “Quando siamo tra sindaci di Comuni 'fusi' una frase che sento spesso dire è: 'Prima amministravo un condominio, ora sono un sindaco'”, scherza Conigli, sottolineando poi seriamente come trovi la fusione un gesto di amore per le nuove generazioni: “Non è per noi, ma per chi verrà dopo di noi”.


Silvia Ilari



NO ALLE FUSIONI SE PREVALE L'ASPETTO ECONOMICO. LA PRESIDENTE DELL'UNIONE COMUNI VALDASO: "NON ROVINARE L'IDENTITA' TERRITORIALE IN NOME DI PRESUNTI RISPARMI"

Abbiamo interpellato Barbara Toce, sindaco di Pedaso, in qualità di presidente dell'Unione Comuni Valdaso per fare il punto sul futuro di questo ente, la cui esperienza è stata derubricata come fallimentare per molti degli amministratori che vi hanno preso parte. Unione Comuni Valdaso: quale futuro? "Non è facile rispondere a questa domanda, l'UCV è stata fondata negli anni 2000. Dopo tanti anni sarebbe un peccato buttare all'aria tutto il lavoro fatto, è anche vero che le difficoltà che dei Comuni e le ristrettezze dei trasferimenti hanno finito per ripercuotersi anche sull'Unione, acuendo alcune problematiche anziché migliorarle e producendo un effetto a catena.

Mentre un servizio come quello dei tributi ha funzionato molto bene, tanto che il comune di Montalto e altri hanno chiesto di poterlo avere, l'unico che non funziona e di cui tutti si lamentano è quello della vigilanza, perché è difficile dare un servizio quando il personale e le risorse che hai a disposizione sono il 50% di quelle che sarebbero necessarie per farlo funzionare. Dobbiamo vedere quali potranno essere le prospettive per il futuro dell'unione, il problema è che finché non c'è una certezza da parte dello Stato non possiamo prendere decisioni. Prima vogliamo capire quali sono gli orientamenti a livello nazionale per poi decidere cosa sia meglio per noi".

Cosa ne pensa delle fusioni? "Sono scettica. Anche se sono convinta che l'aggregazione sia un modo per risparmiare e trovare economie di scala, all'interno di una programmazione non credo possa diventare la panacea di tutti i problemi. L'identità territoriale non può essere messa in secondo piano rispetto ad una questione prettamente economica. Si tratta di calcoli che non possono trascurare i valori che legano la comunità.

Non sono contraria alle fusioni ma all'obbligatorietà, nel qual caso prevarrebbe solo la questione economica. Credo nell'identità dei comuni e nelle loro storie secolari, non vedo perché rovinarle per un presunto risparmio: all'inizio hai dei contributi da parte dello Stato, ma quando un domani quei contributi non li avrai più e dovrai fare i conti con la dura realtà, cosa fai? Ti dividi perché magari non sei in grado di gestire un polo scolastico troppo grande che alla fine sono più spese che altro?".

Con Altidona e Campofilone avete mai parlato veramente di fondervi in un unico comune? "Non ne abbiamo mai parlato ma negli ultimi anni abbiamo dialogato in maniera profonda e costruttiva. Si è parlato di maggiori accorpamenti anche nella predisposizione dei servizi e di quelle che possono essere le esigenze dei comuni. Adesso abbiamo tecnici di tre uffici che più o meno sono gli stessi e con i quali si sta collaborando in maniera evidente. La fusione non l'abbiamo mai esclusa a priori, se ne può sicuramente parlare anche se per adesso i territori non sono pronti, i campanili sono ancora forti.

Ci possono essere delle sinergie sempre più evidenti: relativamente alla questione identitaria, con Altidona e Campofilone si tratterebbe di uniformare un territorio già simile, inoltre siamo tre Comuni con dei bilanci piuttosto solidi e sicuramente a livello di servizi mettendoci insieme potremmo migliorare. Se poi tutto questo possa portare a una fusione, in questo momento non lo so ma non lo escludo".


Serena Murri



SULLE FUSIONI I SINDACI SI DIVIDONO. PARERI DIVERSI MA UN'UNICA CERTEZZA: COSI' NON SI PUO' ANDARE AVANTI

Garantire ai cittadini servizi efficienti rinunciando alla propria autonomia o conservare storia e tradizioni a discapito di un buon funzionamento della macchina amministrativa? E' il dilemma che negli ultimi tempi divide gli amministratori fermani. Così il sindaco di Grottazzolina, Remola Farina, si definisce “molto perplessa soprattutto da un punto di vista storico e sociologico”. Con le fusioni, per il primo cittadino, i Comuni perderebbero visibilità. “Siamo una nazione fatta di Comuni, la nostra storia si fonda sui Comuni. Con la perdita dei municipi i Comuni più piccoli si ridurrebbero a frazioni di quelli più grandi, perdendo la propria identità”, dice.

Sottolineando le esperienze positive che Grottazzolina sta vivendo, insieme ad altri enti vicini, circa la condivisione di alcuni servizi, il sindaco ribadisce che è quella la strada da percorrere. Quanto ai presunti vantaggi delle fusione, Farina spiega: “Non sono i comuni gli enti che mangiano le fette più grandi della torta. Se ci fondiamo, lo Stato ci promette soldi, ma siamo sicuri che ce li darà e, ammettendo che li dia, che succederà quando saranno finiti?”. E conclude: “Non vedo positività nell’imporre qualcosa dall’alto. E' quando la necessità nasce dal basso che porta risultati significativi”.

Contrario alle fusioni anche il sindaco di Moresco Massimiliano Splendiani. “La crisi che stiamo vivendo non giustifica il dover rinunciare alla storia e all'identità di una popolazione”, dice. “Il Comune – continua – è lo Stato nel territorio, chiudendo i Comuni si allontana ancora di più la cosa pubblica dai cittadini”. Splendiani si dice critico anche sulle unioni dei servizi: “L'esperienza dell'Unione Comuni Valdaso ci dimostra che le cose vanno bene finché ci sono i soldi, i problemi arrivano quando finiscono”. E allora che fare? “Si potrebbe – propone – impiegare nei Comuni il personale delle Province. Così i Comuni potrebbero continuare il loro governo del territorio. Ma chi andrebbe a toccare certi equilibri? È un grande rischio politico...”.

In controtendenza il primo cittadino di Monsampietro Morico Romina Gualtieri. “Fin dal 2009 – dice – sono sempre stata in prima linea per difendere i piccoli Comuni, ma ormai, in un'ottica europeistica, non possiamo fare altro che puntare alla realizzazione di ambiti territoriali ottimali in grado di soddisfare le esigenze dei cittadini, mantenendo però le municipalità”. “In questa fase di forti cambiamenti – continua – noi amministratori non siamo più liberi di amministrare. La strada è segnata, quindi, invece di pensare alla perdita di identità, facciamo una scelta forte e coraggiosa, anche se non indolore. Solo così potremmo fornire ai cittadini i servizi necessari in modo efficiente ed efficace”.

Sulla stessa linea Armando Altini, sindaco di Falerone, che però precisa: “Le fusioni basate su motivazioni prettamente economiche non servono a niente. Utili sono invece quelle fatta da Comuni contigui territorialmente, questo perché, con le fusione, i servizi si accentrano in un unico Comune che deve essere facilmente raggiungile dagli altri”.

Da tempo si parla di un Comune unico formato dagli enti del Distretto del Cappello (Falerone, Massa Fermana, Montappone e Monte Vidon Corrado). “Bisogna valutare attentamente i pro e i contro – spiega Altini –, fare uno studio di fattibilità e ragionare su come riorganizzare i servizi. Almeno all'inizio va mantenuto un front office in tutti i Comuni che si fondono, in modo che i cittadini non perdano il contatto diretto con l'ente. La creazione nel nuovo Comune di centri di servizio, dove confluirebbero anche impiegati di alta professionalità, consentirebbe ai Comuni di fare cose che oggi non sono in grado di fare, come accedere ai finanziamenti europei”.

Francesca Pasquali

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