Il discorso è presto fatto: o ci limitiamo ad elencare il già corposo curriculum artistico di Davide Giusti, o lo facciamo parlare di sé, per conoscere meglio anche da un punto di vista umano un talentuoso figlio della nostra terra. Spazio per ambedue le cose non ce n’è, per cui scegliamo la seconda ipotesi, rimandandovi a Google per ogni altra eventuale curiosità.
Condenseremo dicendo che questo giovanissimo tenore (27 anni appena che, volendo considerare i risultati raggiunti, valgono almeno il doppio) già si è fatto apprezzare nei maggiori luoghi deputati alla lirica della Penisola e dell’Antico Continente, ha fatto incetta di premi prestigiosi e ha stuzzicato l’appetito di mostri sacri del Bel Canto che lo hanno voluto, e lo vogliono, come allievo. Citiamo solo gli ultimi “colpacci” che ha messo a segno: è appena reduce dal Teatro Regio di Parma, dove ha interpretato le parti di Peppe e Rinuccio nei “Pagliacci” e nel “Gianni Schicchi”; e ha appena sostenuto al Teatro delle Muse di Ancona la parte di Nemorino nell’ “Elisir d’amore”, in una sostituzione dell’ultimo minuto del titolare Francesco Meli. Il che la dice lunga sulla preparazione del Nostro. Ma andiamo per ordine.
In primis, almeno a giudicare dalle foto, Davide Giusti è un gran bel pezzo di figliolo: bello, riccioluto come un cherubino, insomma, proprio un gran bel vedere. E anche un gran bel sentire, dal momento che, oltre ai riccioli, del cherubino ha anche la voce. Lo raggiungo telefonicamente: è in macchina, sta tornando a casa, la sua casa, quella dov’è nato e cresciuto, a Porto S. Elpidio. E già: questa grande promessa della lirica è proprio sangue del nostro sangue, fiore fiorito nella nostra terra. Alla quale lui tiene tantissimo, mica come tanti che, appena assaggiato il successo, si affrettano ad atteggiarsi da “enfant gaté” con la puzzetta al naso. Lui è orgogliosissimo di essere di San Lupiju: “Lungi da me rinnegare le mie origini e la mia terra, anzi, provo un profondo amore per la mia terra: qui sono le mie radici e farò di tutto nella mia vita e nella mia carriera per la mia terra. Torno spessissimo, ogni volta che posso, perché dove sono piantate le mie radici c’è la mia forza. Ho bisogno di questa forza, di questa aria, per volare anche aldilà dei nostri confini”. Vivaddìo, speriamo che non “sderazzi”.
A proposito, in famiglia c’è una tradizione d’arte, qualcuno da cui ha ripreso, magari, o lei è l’eccezione, la splendida “anomalia”? “No, no, nella mia famiglia sono stato l’unico ad aver intrapreso la strada artistica”. Immagino già la risposta, ma chiedo lo stesso: la sua famiglia di cosa si occupa? “Naturalmente di scarpe! Abbiamo un tomaificio!”. Allora è proprio vero: ha “sderazzato”! “Assolutamente, siamo andati fuori del binario!”, ride divertito. E meno male, viene da dire: ve lo immaginate un cherubino riccioluto e canterino a tagliare pellami? Non che ci sia niente di male, ma sarebbe stato davvero uno spreco per l’Arte. Ma com’è che è avvenuto il “salto”? Lei, Maestro (fa effetto chiamarlo così, ma il titolo gli spetta per diritto e per valore) da piccolo già ci pensava? Era già una vocazione sentita? “Devo essere sincero: fino all’età di 17 anni le mie aspirazioni erano diplomarmi in Agraria e poi prendere la mia strada nel settore enogastronomico”. Insomma, babbo Giusti comunque non aveva alcuna chance di tramandargli l’attività. E quando è saltato fuori che Davide possedeva ragguardevoli doti canore e che voleva perseguirle, che è successo? E’ stato incoraggiato? “Bè, noi, come è nell’indole marchigiana, siamo molto pragmatici e concreti…”.
Capito: ma da dov’è scappato fuori ‘sto figlio strano?, dev’essere stata la prima reazione di babbo Giusti. E anche la seconda e la terza… :“Si punta molto alla concretezza e, ahimè, le strade musicali e artistiche in genere in Italia non sono proprio viste con occhio molto benevolo paragonate a quella che viene considerata una vita concreta, alla riuscita di un figlio nella vita, nell’ambito professionale…”. Insomma, come minimo il giovin Davide all’inizio ha suscitato quanto meno delle perplessità, tanto che “io sono stato sostenuto, ma sempre con oculata osservazione oggettiva del più indeterminato avanzamento…”. Nel senso di “stémo a vedé ‘ssi fòchi”, insomma! “Esattamente, osservando con un occhio sempre molto vigile cosa succedeva e se questa grande passione o dote avessero potuto seriamente costituire un motivo vero di vita, di lavoro e quindi di sbocchi professionali. Quindi sempre con un occhio molto accorto da parte delle persone che mi hanno sostenuto”. Praticamente, un inizio da “sorvegliato speciale”.
Poi, la svolta: arrivano i Nostri, nella persona che per prima ha creduto in lui, e cioè il M° Graziano Monachesi: “Mi accolse sotto la sua ala e mi preparò totalmente gratuitamente all’inizio, nel momento in cui c’e più bisogno di un aiuto, nessuno poteva nemmeno immaginarsi cosa fosse un percorso musicale nel teatro lirico. Io avevo appena 17 anni”. Da qui in poi, è stata una galoppata: prima il Conservatorio Pergolesi di Fermo, poi la Mecca, ovvero studi di perfezionamento presso l’Accademia Nazionale di S. Cecilia. E lì, l’incontro “fatale” con Renata Scotto: altra ala d’angelo a coccolare e far crescere quel tesoro che Davide aveva in gola e nel cuore.
E da lì, il trampolino di lancio? “Da lì è iniziato un altro percorso: sono stato avviato alla carriera lirica, sono iniziati gli steps dei vari concorsi nazionali ed internazionali e piano piano…” il suo nome ha cominciato a circolare fino ad arrivare al Regio di Parma: quanti applausi? “Il pubblico di Parma è stato molto generoso e questo per me è motivo di felicità e orgoglio”. E ti credo: se il buongiorno si vede dal mattino, dove arriverà il nostro Davide Giusti? I sogni non hanno limiti, chissà: da San Lupiju al Metropolitan! Il M° Giusti ride di gusto, dice che, ovviamente, le aspettative, il sogno, sono quelli di calcare le scene più importanti. “Ora, nell’immediato futuro, vedo senz’altro una fortissima motivazione allo studio e alla preparazione con la mia attuale guida che è Raina Kabaivanska ”.
Hai capito, il cherubino, che asso di bastoni ti cala giù? Ma con modestia, modestia vera: “Meritare le attenzioni delle più grandi personalità che hanno fatto la storia della lirica è motivo per me di grandissimo onore”. E ti credo! E non basta: “Sì, è rendere sacro il proprio tempo, dargli valore, attraverso un impegno di ogni tipo: da quello economico, a quello di sforzi umani e fisici, all’insegna del raggiungimento di sempre maggiori obiettivi musicali”. Secondo me, sa che succederà, Maestro? Che arriverà il tempo in cui un altro giovane “Davide Giusti” verrà da lei a chiederle di essere il suo maestro. Ride della grossa: “La vedo ancora mooolto lontana questa eventualità! Per ora siamo umili allievi!”. Che dire, ancora? Niente, si può concludere solo con un modo di dire tipico della terra che Davide Giusti tanto ama, la nostra terra: “Gnenoccia, coccu!”. Faremo una novena di ringraziamento a San Lupiju.