Sitting volley, uno sport che fa giocare tutti

SITTING VOLLEY - Sicuramente una parte della sua estate la passerà incollato alla tv, a seguire quella nazionale femminile di sitting volley che punta ad essere tra le protagoniste dei Giochi Paralimpici di Tokyo. Dalla sua città Lorenzo Giacobbi, dirigente della Scuola di Pallavolo Fermana, farà il tifo per le azzurre ma soprattutto per un movimento che anche nel nostro territorio è riuscito a radicarsi. Nonostante una pandemia.

Quando è scoccato l'amore per questa disciplina? “La nostra società è nata nel 2013 ed il sitting volley abbiamo iniziato a praticarlo nel 2017 - ricorda Giacobbi, che veste anche il ruolo di allenatore di questo sport -. Abbiamo partecipato alla seconda edizione del campionato italiano nel 2018, arrivando terzi con la maschile, mentre nel 2019 abbiamo raggiunto la finale scudetto a Modena sia con la maschile, arrivando quarti, che con la femminile. Nel 2020 non si è fatto e 2021 la maschile ha raggiunto il quinto posto.

Per uno come te che nella pallavolo c'è da sempre, si tratta di un obiettivo molto importante. “In Italia il sitting è arrivato nel 2016 e nel 2017 la Nazionale maschile ha fatto un collegiale in zona, che abbiamo organizzato come Federazione regionale. Mettendo insieme ragazzi con disabilità e alcuni miei amici siamo partiti. Dopo un anno siamo riusciti a fare un bel gruppo maschile, coinvolgendo altri ragazzi e oggi abbiamo nella maschile 5 ragazzi con disabilità.

Questo sport permette di far giocare insieme almeno 2 persone con disabilità e altre normodotate. “Di queste due, una può essere disabile e l'altra minimo disabile, una classificazione che viene fatta da un medico ad inizio stagione. Per capirci: l'amputato è disabile, mentre una persona che ha la sclerosi multipla, e quindi una ridotta capacità di esprimere la propria forza, o una protesi rientra come minimo disabile. Al campionato italiano abbiamo giocato con 5 persone con disabilità, l'unica squadra italiana a fare questa scelta. Ha un valore il fatto che si gioca tutti quanti insieme, quindi l'inclusione è totale, ma anche un valore che sia uno sport per disabili e che quindi venga dato loro il maggiore spazio possibile.”

Oggi quante ragazzi e ragazzi ci sono nelle vostre squadre? “Nella maschile 14, la femminile ha un po' rallentato ma 8-9 ragazze ci sono comunque. Parliamo di circa 25 atleti, in una fascia di età che va dai 18 ai 56 anni. Questo perché è uno sport veramente trasversale. Certo, è anche usurante perché stando sempre per terra si hanno sollecitazioni continue alle braccia e ai polsi, ma sicuramente non saltare facilita alcuni tipi di movimenti.

C'è la possibilità di estendervi anche alle giovanili? “A Fermo da sempre lavoriamo nelle scuole, siamo stati i primi nelle Marche a portare un progetto pilota nelle scuole Primarie. Abbiamo fatto divertire i bambini con il sitting: è sicuramente un gioco, e questa è la parola giusta, vincente, vuoi per le dimensioni ridotte delle palestre delle nostre scuole, vuoi perché è una cosa nuova e vuoi perché mandiamo i nostri atleti, di cui 2 della Nazionale maschile. Lo abbiamo proposto anche alle scuole Medie e Superiori, prima del Covid avevamo messo in piedi anche un torneo cittadino e anche lì la proposta si è rivelata vincente.

Perché questo successo, dal tuo punto di vista? “Quando parli di inclusione tramite lo sport riesci a far giocare tutti, anche quelli meno abili.

Per chiudere: questo anno e mezzo complicato ha offuscato il vostro percorso o vi ha dato maggiore voglia di insistere?

È stato un anno difficile per fare l'attività. Abbiamo avuto la fortuna di ospitare a Fermo la tappa del campionato maschile, qualificandoci. E questo ha ridato slancio a tutti. È stato bello perché abbiamo partecipato anche con la femminile e qui ti racconto un aneddoto. Alla maschile eravamo tre società: noi, Monte San Giusto e Ravenna. Quest'ultima era iscritta anche al femminile, ma una settimana prima ha avuto forti defezioni tra ragazze e tecnici. Così abbiamo fatto una squadra creata da queste tre società e siamo arrivati quinti. E la cosa bella è che la settimana dopo eravamo avversari a Fermo, a riprova dei forti valori di questo sport.

Andrea Braconi

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