Una casa per ricominciare. A Valmir apre la struttura protetta per madri e minori in difficoltà. Don Vinicio: “Ripartire dal manifatturiero per superare la crisi”

FERMO - Accoglierà una decine tra mamme e bambini piccoli la casa che sarà inaugurata entro settembre a Valmir di Petritoli. A volerla, don Vinicio Albanesi che ha dedicato buona parte della sua vita sacerdotale all'aiuto dei più bisognosi. Una struttura protetta, al primo piano di una casa di proprietà della Parrocchia di Rubbianello, dove operatori e psicologi aiuteranno gli ospiti a riconquistare la serenità e a riprendere in mano la propria vita.

“La casa – spiega don Vinicio – nasce per rispondere alle molte richieste che arrivano dal Tribunale dei Minori. Qui troveranno ospitalità madri con figli minorenni e bambini senza genitori. Queste persone, provate da situazioni di particolare difficoltà fisica e psicologica, vi resteranno per il tempo stabilito dal Tribunale. Un'attenzione particolare sarà dedicata ai minori a rischio. La casa è stata completamente ristrutturata e messa a norma e, anche grazie all'aiuto dei giovani imprenditori di Confindustria Fermo, siamo riusciti ad arredarla con tutto il necessario”.

La casa di Valmir non è però l'unico progetto a cui don Vinicio sta lavorando. “Sogno di aprire una casa per padri separati. In caso di separazione dei genitori, il più delle volte i figli minorenni vengono affidati alla madre, ma in alcune situazioni è il padre a doversene prendere cura e, se non ha una famiglia su cui poter contare, si possono creare situazioni davvero difficili. Per ora è solo un progetto; il luogo in cui la casa dovrebbe nascere non è stato ancora individuato. In realtà ho delle idee, ma vanno verificate, per cui preferisco non sbilanciarmi. Altra cosa a cui tengo molto è la riapertura di Casa Betesda. Sto cercando una casa vicino alla città, ma che sia un po' isolata, per aiutare le persone che non hanno più niente”.

Uno scenario allarmante che dimostra come la fine della crisi sia ancora lontana. “Nel nostro territorio è il tessuto sociale e familiare a non far esplodere questa bomba. Riguardo alla mancanza di lavoro, in linea di massima la situazione regge se le persone in difficoltà hanno una casa e familiari in grado di aiutarli; in caso contrario si creano vere e proprio tragedie perché il mercato del lavoro è fermo, non ci sono offerte di lavoro e quelle poche che ci sono si sa già da prima a chi sono destinate. Inoltre, c'è un'enorme disoccupazione intellettuale: tutti quei diplomati e laureati che non trovano alcun tipo di lavoro, riescono ad andare avanti solo se hanno una famiglia alle spalle. La ripresa di cui si parla è lenta, instabile e strettamente legata ai circuiti familiari”.

Qual è, se c'è, la via d'uscita? “Bisogna ricominciare a produrre. Invece stiamo assistendo ad una vera e propria esplosione delle attività commerciali, che però fanno reddito solo di riflesso. La gente spende se ha denaro e se non lo fa l'attività commerciale soffre. Per questo è necessario ripartire dal manifatturiero. Per tanti anni questo territorio si è retto sulla calzatura che poi però è andata in crisi. Ad essere rimasti in piedi sono i grandi marchi, ma è venuto meno l'artigianato che costituiva lo zoccolo duro della produzione. E' da questo che bisogna ripartire”.


Francesca Pasquali

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