Effetto pandemia sui disturbi alimentari: +30% e sempre più giovani

FERMANO - “È un periodo particolarmente drammatico, che ci mette tutti a dura prova”. Ma di fronte alle difficoltà, il Centro per i Disturbi del Comportamento Alimentare di Fermo ha saputo far emergere una straordinaria determinazione, unita ad una professionalità che ha garantito i servizi rimanendo al fianco di pazienti e famiglie. A raccontare un anno dentro la pandemia è la dottoressa Patrizia Iacopini, responsabile della specifica Unità Operativa Semplice Dipartimentale dell'Area Vasta 4. “La fascia di età dei nostri utenti si sta abbassando sempre più, sono sempre più giovani e adolescenti. C'è stato un aumento sia dei casi di anoressia che di perdita di controllo compulsiva verso il cibo. Siamo di fronte ad un aggravamento di chi già soffriva di questo tipo di problematiche, così come di nuovi casi. Soprattutto quello che abbiamo notato è la gravità: adesso lavoriamo sull'urgenza e questo affatica molto i servizi, perché stressante per l'operatore e ansiogeno per la famiglia che ha necessità di risposte di cura immediate. Invece, con questa patologia il tempo è un grande alleato per una prognosi positiva futura.”

Come avete risposto all'emergenza? “Ci siamo riorganizzati cercando di garantire continuità assistenziale, offrendo consulenze telefoniche con videochiamate e visite in presenza, in particolare nella prima fase garantite per le situazioni gravi ed urgenti, anche le prime visite. Poi abbiamo continuato ad effettuare l'ambulatorio ordinario, rispettando le normative vigenti. In quel periodo abbiamo anche cercato di garantire le nostre presenze in ospedale solo per i casi molto gravi. Abbiamo mantenuto le consulenze specialistiche online per l'ospedale, così come i colloqui psicologici e l'assistenza al pasto in reparto, fermo restando che per le situazioni molto gravi andavamo a fare assistenza in presenza.”

Che effetto ha generato la pandemia sui disturbi alimentari? “È stato un boomerang. Abbiamo osservato un aumento esplosivo di persone che hanno o avevano un disturbo alimentare, con una cresciuta del 30% come richiesta di aiuto, in linea con i dati nazionali. Purtroppo la cosa drammatica è che insieme ad un aumento di nuovi casi e dell'aggravamento della situazione, c'è stato di pari passo un aumento della percentuale del tasso di mortalità. Potremmo definirlo un vero bollettino di guerra. Sottolineo però che ci sono regioni in cui per questa patologia si muore di più ed altre, che grazie ai servizi che si occupano di disturbi alimentari, si muore di meno. Come Marche possiamo vantare - nonostante i servizi siano ancora da mettere a punto - una situazione dove non abbiamo riscontrato un tasso di mortalità così elevato.”

Come è stata modificata l'attività ordinaria?

“Con l'attivazione di un servizio on line tramite Skype. Grazie a questa opportunità digitale abbiamo sostenuto le psicoterapie individuali di gruppo, il supporto psicologico alle famiglie, così come i colloqui nutrizionali, la gestione dei diari alimentari, il supporto al pasto, le attività educative e riabilitative. Un altro aspetto innovativo che abbiamo dovuto mettere a punto è un triage telefonico rispetto alla sintomatologia ascrivibile al Covid-19: tutto passava attraverso queste informazioni, per poi poter usufruire di un accesso diretto al nostro Centro.”

Cosa vi ha insegnato questa esperienza?

“Ha avuto l'effetto di trovare strategie positive per cercare di controllare e gestire al meglio l'incertezza, l'isolamento e la paura che i nostri pazienti ci hanno riportato. In questi mesi, però, ci stiamo accorgendo che le terapie a distanza stanno perdendo di efficacia perché la relazione terapeutica, il contatto con il medico, è uno spazio che non può essere confinato solo attraverso la telemedicina. Abbiamo avuto modo di concepire un setting terapeutico diverso, scoprendo anche dei lati positivi come stare vicini e presenti nella malattia.”

E quale sarà la sfida per il futuro?

“Sarà ripensare ad un modello di cura più capillare e anche diffuso su tutto il territorio, che riesca a dare risposte all'emergenza dei disturbi alimentari destinata ad assumere dimensioni sempre più grandi. C'è il rischio del peggioramento della patologia alimentare: questo perché le paure del contagio si sono spesso associate a perdere il controllo della situazione, che in questo tipo di disturbi è un aspetto fondamentale e permette di mantenere un equilibrio stabile. C'è poi l'isolamento prolungato, a cui si è legata anche la limitazione di praticare attività fisiche, con l'aumento del timore di prendere peso. Altro aspetto è quello dei supermercati saccheggiati: questa abbondanza di cibo a casa ha determinato un effetto di perdita di controllo. Altro elemento importante è la forzata e prolungata convivenza con la famiglia, che da un lato può essere interessante per riscoprire un ruolo di convivialità, ma dall'altro soprattutto per chi ha patologie di tipo alimentare può contribuire ad accentuare le difficoltà interpersonali.”

Andrea Braconi

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