Picchio 3

Di Sergio Soldani Piero, 24 anni appena compiuti, nato e residente ad Ascoli Piceno, amava la sua città e quella piazza meravigliosa ,i suoi amici appassionati fino all’inverosimile dell’Ascoli calcio, diffondeva sempre la notizia quando soprattutto si recava in Toscana a Pisa dalla famiglia del fratello di suo padre, rivolgendosi ai suoi cugini Enrico e Marilena che i suoi antenati ancor prima dell’Impero romano fossero una etnia pacifica e giusta,adoratori del picchio, uccello perseverante, parsimonioso, che con il suo becco con pazienza pressoché illimitata forasse i tronchi degli alberi.

I toscani, intrattenuti spesso, lo schernivano, gli dicevano che era un po’ grullo e che parlasse in dialetto congolese. Lui in Toscana sciorinava tutto il suo istinto di aspirante seduttore ma la cugina e le altre belle ragazze lo deridevano impietosamente. Lui però non si offendeva ne si scoraggiava , sapeva di essere un ragazzo esteticamente attraente: misurava un metro e novantuno di altezza, aveva un torace possente e vita stretta e due occhi azzurri e grandi, aveva provato con lo sport come centravanti di sfondamento, nel calcio, ma era sempre a corto di energia perché fin dai quattordici anni lavorava come manovale e ora si sarebbe apprestato a diventare un bravo muratore, vice capomastro!

Guadagnava bene e aveva un discreto conto in banca e quando tornava ad Ascoli dalle sortite in Toscana i momenti più spensierati li passava al bar, Picchio tre, con i suoi amici ai quali raccontava le presunte avventure con le pisane... che poi si esaurivano quasi esclusivamente con la descrizione fisica più o meno dettagliata delle giovani donne che più lo avessero attratto alle quali, naturalmente, lui non era riuscito nemmeno ad esprimere una semplice carezza… Ma i compagni di bar ridevano a crepapelle anche perché sollecitati dalle molte birre, miscelate a bicchierini di mistrà, il liquore principe delle Marche, tracannati avidamente.

Fu così che una serata il ragazzone dalle gambe lunghe Piero Luciani aveva affilate trentotto Ceres Extra strong e svenne di colpo, rimanendo supino sotto a uno dei tavolini all’aperto. Si chiamò un’ambulanza in fretta... Stette due giorni e due notti in coma etilico. Si sveglio davanti agli occhi in lacrime di sua madre Fabiola la quale le disse subito dolcemente che era in corridoio una ragazza di nome Sara di San Benedetto del Tronto... Piero accennò un sorriso e fece debolmente segno di farla entrare…

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