Di Sergio Soldani Carlo, era un trentottenne panettiere del panificio Ricci, titolare suo padre Vittorio, in Via Giuseppe Piermarini a Foligno. Il ragazzo si presentava ogni mattina alle ore tre insieme ad altri collaboratori per adempiere al proprio lavoro da quando, preso il diploma di ragioniere, decise di seguire la sua famiglia di imprenditori alimentari che avevano altri punti vendita dell’attività in Umbria e precisamente uno a Spoleto un altro a Perugia e anche a Terni.
Da un paio di mesi però incontrava una giovane e bella prostituta dallo sguardo triste, dal nome “d’arte” Candy, la quale ritornava dalle sue fatiche e non mancava mai, dal primo momento che lo notò, di sorridergli con candore. Lui parlava di lei al suo amico, confidente e dipendente Stefanetto, chiamato così per via della sua non eccessiva altezza fisica.
Impastavano e infornavano ma ogni momento era buono per Carlo per parlare di lei. “Ieri notte Candy aveva un vestito… Viola. Mi piaceva più di quello nero di oggi... Però ti assicuro Stefano che è sempre bella da non poter resistere…”. Così tormentava il suo amico, il quale un giorno spazientito gli domandò se il capo, Vittorio, fosse al corrente dell’esistenza di Candy e di cosa facesse la ragazza per vivere... Se avesse intenzione di presentarla al padre.
Per una settimana l’appassionato innamorato rimase offeso e non parlò più con Stefanetto, si mise a lavorare vicino a Carmelo, dipendente di Messina. Poi il brevilineo amico gli chiese scusa e per farsi perdonare gli sussurrò “Non è che Candy ha una collega... Magari non troppo alta, per me?”.
I due risero e si abbracciarono come dopo aver segnato un goal al gioco del calcio. Accade che un giorno, o se vogliamo una notte, Carlo aspettò invano la sua particolare fidanzata, la quale non si presentò. Impazzito e preoccupato si diresse verso il percorso di lavoro della ragazza. Incontrò una avvenente spagnola di nome Carmensita che gli spiegò che lei sostituiva Candy, e che insistette per non dargli spiegazione alcuna. Carlo cadde in una depressione profonda, addirittura non reattiva; per più di un mese non si recò al lavoro vivendo rinchiuso nel semibuio della sua camera. Seppe dopo un po’ di tempo che Vittorio, il genitore, liquidò la ragazza con trentamila euro in contanti, facendola spedire a svolgere la sua attività a Crotone.