Cantiere archeologia. Attrazione turistica e conservazione della memoria: ecco perché credere in un settore strategico per il nostro futuro

"DAGLI ATRII MUSCOSI, DAI FORI CADENTI...". LA CONSERVAZIONE DELLA MEMORIA, ELEMENTO FONDAMENTALE PER LA VITA DI TUTTI

di Daniele Maiani


Non esiste cultura, non esiste civiltà, non esiste progresso senza quella che gli storici chiamano la Memoria. Potremmo azzardare che lo sguardo rivolto al Passato di una Nazione, di un territorio, di una famiglia garantisce in un certo senso la sua sopravvivenza e la sua crescita. Lo sapevano bene i Romani che veneravano Giano Bifronte, con una faccia rivolta verso il Passato e l’altra verso il Futuro; lo sanno bene i marinai che quando navigano a vista tengono d’occhio dei punti di riferimento lungo la costa lontana, per tenere una rotta nel mare dove riferimenti non ce ne sono.

Il Passato è la terra ferma, il mare è il Presente e il Futuro. Da un punto di vista di simboli, il Passato e tutto quello che il tempo ha prodotto nel suo esistere rappresentano la certezza, nel bene e nel male, un riferimento dal quale attingere per agire meglio, cercare di evitare sbagli, migliorare le cose. “Historia Magistra Vitae”, dicevano i Latini, e quella civiltà della quale dovremmo essere i discendenti diretti quelle cose le diceva e le metteva in pratica anche nella elementarità della vita quotidiana: il rispetto per la saggezza degli anziani, che la vita l’avevano frequentata da lungo tempo e la conoscevano bene; la cura dei Lari, le statuette di terracotta degli antenati che proteggevano la casa, ne erano la prova lampante. E dal Passato ancora di più si è continuato ad attingere saggezza durante il Medio Evo e il Rinascimento.

Il Passato, la Storia, la Memoria, sono serviti a mantenere accesa la fiamma del Sapere e ad ispirare nuovo sapere quando è stato il momento. Oggi, passata l’ubriacatura edonistica della civiltà che cresce senza freno dispensando benessere gratuito a tutti, ci si sveglia, ammesso che ci si svegli, con il presagio angosciante del “non c’è futuro”. In un mondo in mano ad avventurieri senza scrupoli, parlare di un Passato di pensiero elevato, di bellezze architettoniche, suona come parlare di corda a casa dell’impiccato. Ma paradossalmente è proprio forse dalla cura del patrimonio artistico che i nostri antenati ci hanno lasciato che una economia asfittica potrà trovare nuovo respiro. Gli italiani sono in un certo senso come quei nobili decaduti che nelle cantine del loro palazzi fatiscenti hanno mobili accatastati spesso di valore inestimabile, messi lì di antenato in antenato perché non servivano più, non erano più di moda. E, mutatis mutandis, una volta sperperati i patrimoni a furia di “mangiarsi addosso”, non hanno più liquidità e piangono, mentre sotto la loro casa continuano inesorabilmente a marcire ricchezze inestimabili.

Gli italiani, dicevamo, ma sarebbe forse meglio parlare di cattivi amministratori che da sempre non hanno saputo e voluto valorizzare e sfruttare l’inestimabile patrimonio artistico, storico e culturale del nostro Paese, facendone il polo trainante della nostra economia. E si continua protervamente su questa strada: Pompei si è inutilmente preservata sotto le protettive ceneri del Vesuvio visto che, una volta scoperta, si è vista consegnare all’incuria e al degrado. E tante sono le “Pompei” che hanno subito e subiscono la stessa sorte in questo nostro Paese, il Paese dei Costruttori, che non merita più di essere chiamato “la culla della Civiltà”.

Anche nel nostro territorio abbiamo le nostre Pompei: patrimoni archeologici lasciati a marcire a cielo aperto o tra i topi di qualche sotterraneo. Il patrimonio artistico e storico della nostra città capoluogo, ma anche di tutti gli altri centri, è incommensurabile: edifici, quadri, libri, reperti archeologici che si perdono nella notte dei tempi, tempi già gloriosi quando Roma era ancora un villaggio di pastori. Qualcosa è stato fatto, ma tanto, troppo è già andato o andrà perduto, se non si riacquisterà la coscienza che perdere la Memoria significa perdere se stessi e il proprio futuro.

Dicono: non ci sono soldi. Già, quelli ci sono solo per le mostruosità che le nostre città le deturpano, le violentano, ma che riempiono le tasche dei soliti noti. Per fortuna, qualche eccezione c’è, qualche coscienza si sta risvegliando, qualche tesoro resiste, sia pur tra mille difficoltà: ma è ancora poco, per lo meno se paragonato a quello che magari si è disposti a spendere per opere indegne o per mantenere in vita squadrette di infima serie. Ma si sa, quelle portano voti. E per qualche voto in più, poco importa se occorre allearsi ai Distruttori.



L'INTERESSE PER LA CONOSCENZA COME BASE PER LA VALORIZZAZIONE DEL NOSTRO PATRIMONIO. A COLLOQUIO CON IL VICE PRESIDENTE DI ARCHEOCLUB D'ITALIA WALTER SCOTUCCI

di Alessandro Sabbatini


Il primo contributo che ospitiamo, nell'ambito di questa breve panoramica sull'universo archeologico locale, è quello eminente del monterubbianese Walter Scotucci, affermato medico pediatra, grande conoscitore d'arte (tra l'altro molto amico di Vittorio Sgarbi) nonché vicepresidente nazionale Archeoclub d'Italia, la più grande associazione nazionale di volontariato culturale che vanta circa settemila soci in Italia e duemila nelle sole Marche. Nella nostra zona sono attive le sedi di Fermo, Monterubbiano-Valdaso, Carassai, Comunanza, Cupra Marittima, Montegiorgio, Montegranaro, Morrovalle e Civitanova Marche.

Partendo dal presupposto che la cultura, l'arte, e quindi l'archeologia sono e devono essere intese come preziose risorse per il nostro Paese, quanto siamo “ricchi” nel Fermano? “In tutto il territorio abbiamo una stratigrafia costante dal paleolitico medio ai nostri giorni – afferma Scotucci -. Non esiste una parte non antropizzata, dappertutto puoi trovare punte di freccia o amigdale (selci scolpite dagli uomini primitivi) e recenti reperti dell'archeologia industriale. Antropizzazione e poi colonizzazione, come quella avvenuta in epoca romana, cito gli esempi di Firmum e Falerio. Quindi in sostanza parliamo di un territorio insediato riccamente in tutte le epoche, dalla cultura preistorica, alle neolitica, alla cultura medio adriatica dell'età del ferro, alla romanità, all'epoca tardo antica, Medioevo, Rinascimento: abbiamo testimonianze di tutte le epoche”.

Il secondo passo: quanto ne siamo consapevoli? “Io penso che quello italiano è purtroppo un popolo che sta imbarbarendo velocemente. Nonostante lo sforzo fatto in tutti questi anni di avvicinare la gente alla cultura, sempre meno persone oggi ne sono attratte. L'archeologia è la ciliegina sulla torta, riguarda la consapevolezza della propria identità, del proprio essere, della propria provenienza. Per arrivare a questo livello occorre salire di un gradino nella scala di attenzione alla cultura. Di conseguenza tra tutte le branche della cultura è quella che soffre più di tutte. Io mi occupo di quest'ambito dal 1973 e devo dire che in questi anni non ho potuto constatare un incremento tangibile dell'attenzione riguardo l'archeologia, anzi semmai ho riscontrato il contrario: l'archeologia viene spesso considerata un problema e non una risorsa: basta pensare ai possibili blocchi dei lavori di costruzione di edifici in caso di ritrovamento di beni archeologici.

Penso ad esempio a Falerone che ha le proprie radici sopra la città romana. Anche Fermo è stratificata sopra l'antica colonia romana, ha avuto la fortuna di salvaguardare integralmente il sistema idrico mentre il teatro è solo parzialmente visibile e dell'ipotetico anfiteatro non c'è traccia ma solo ipotesi. Fermo è una realtà che ha risorse straordinarie in tutte le epoche e che, a parer mio, meriterebbe qualcosa di più. In passato esisteva un museo archeologico che è stato dismesso e sostituito da una mostra permanente a Palazzo dei Priori ma con la maggior parte dei reperti nascosti in depositi non visitabili. E qui sperimentiamo l'importanza della consapevolezza della nostra cultura e della nostra storia.

Per il mio ruolo all'interno di Archeoclub ho viaggiato molto e cito esperienze come quelle di Trinitapoli e di Rutigliano dove centinaia di persone ci aspettavano e reclamavano il proprio museo archeologico. Anche Fermo potrebbe avere tutto, con una collocazione degna nel del Palazzo dei Priori dove purtroppo sono insediate altre realtà, ma non ho notato negli anni grande sensibilità verso la giusta valorizzazione del nostro importante patrimonio culturale”.

C'è una ricetta per poter invertire la rotta, favorendo la consapevolezza, la fruizione e poi, di conseguenza anche un ritorno turistico ed economico grazie all'archeologia? “Purtroppo non ho ricette. Sono convinto che il punto carente principale sia la conoscenza, ossia studio, ricerca e poi diffusione della conoscenza stessa e dell'amore, della passione per le radici della popria identità. Un dovere 'sacrale' dell'attaccamento al luogo in cui siamo nati a cui tutti siamo chiamati. Conoscere la storia di dove siamo nati è un po' conoscere la storia della propria famiglia allargata. La prima cosa da fare quindi è di cercare di comunicare questa necessità per poi stimolare al piacere dello studio.

E' la conoscenza che fa crescere conseguentemente il corso della tutela e della valorizzazione. La tutela che, va ricordato, è appannaggio di ogni cittadino che è proprietario dei beni e non di pochi funzionari, per cui nel momento in cui qualcuno demolisce, distrugge, porta via la memoria di tutti gli altri dovremmo sentirci la coscienza sporca. Oggi questa coscienza non c'è, pensiamo al momento e non al bene comune. Facendo un parallelo, se la gente oggi è appassionata di calcio, reclama gli stadi, dove fosse appassionata della propria storia reclamerebbe musei come punto di partenza per la conoscenza del proprio territorio e delle proprie radici”.

Da dove partiamo allora? “Senz'altro dalla scuola – spiega Scotucci –. La politica sulla scuola è carente. Una politica di imbarbarimento, ripeto. L'Italia da sempre è stata il cuore della cultura. L'arte italiana la conoscono tutti meno che noi! Stiamo perdendo una missione che definirei planetaria, ossia di essere lo stato dell'arte, della bellezza, in cui l'armonia del paesaggio, celebrato da Leopardi e dai grandi viaggiatori dell'Ottocento, è venuta meno negli ultimi anni. In tal senso la scuola a volte riesce a togliere il piacere per la conoscenza della propria storia e della propria cultura. Occorre 'impostare le cose in modo diverso: la scuola deve seminare amore per la cultura e per l'arte. Tali semi poi saranno coltivati (e da qui la parola “cultura”) dagli studenti. Mentre oggi, per restare in metafora, ti annoio talmente tanto che poi tu mi dirai “Coltivare? Mai più nella mia vita!” Il terreno dunque si inaridisce. Devono cambiare le direttive dall'alto e, possibilmente, devono cambiare in fretta”.



DISEGNARE LA FERMO MUSEALE. RIFLESSIONI E PROPOSTE DEL VICE SINDACO FRANCESCO TRASATTI

di Andrea Braconi


Sono due le linee sulle quali lavorare per dare corpo ad una Fermo sempre più attrattiva: da un lato connotare ogni spazio della città con una proprio identità; dall’altro un confronto che porti a disegnare la città museale del futuro. “Vogliamo ritornare un po' allo spirito delle Stanze della Luna - sottolinea il vice sindaco Francesco Trasatti - legando piazze, vicoli e chiostri ad eventi ed incontri, dando quindi un senso di cultura diffusa”.

C’è poi la questione strutture. “L’idea è quella di costituire un tavolo di lavoro che non si limiti all’esistente. Cosa rappresenterà Fontevecchia? Cosa rappresenterà la Chiesa di San Filippo? Cosa rappresenterà la Sala Incontri insieme a quella delle Piccole Cisterne? E’ ipotizzabile una riqualificazione di Villa Vitali o si possono portare le collezioni in centro per creare un unico grande polo, puntando ad aumentare una presenza turistica che a Villa Vitali sembra essere sacrificata? Sono tutte riflessioni che devono essere oggetto di un’analisi condivisa e partecipata, non solo tra forze politiche ma tra operatori e associazioni. E penso a Sistema Museo, Italia Nostra, Archeoclub e a tanti altri. Per dire, c’era stato un interscambio sul fatto che il Museo Archeologico di Fermo potesse trovare collocazione in una parte del restaurato Fontevecchia sopra le Cisterne Romane, affinché quello potesse diventare un unicum da un punto di vista storico. E poi, con il trasferimento della sede dei Vigili Urbani, oramai prossimo, si libereranno altri spazi: come vogliamo impiegarli? Il concetto, quindi, è: stati generali per disegnare la Fermo dei musei entro cinque anni”.

E il mondo della scuola come può entrare in questo meccanismo? “Bisogna ragionare con meccanismi elastici e innovativi, confrontandosi. Qui posso ragionare sulla piacevole esperienza dell’alternanza scuola/lavoro, che sta avvenendo tra Liceo Classico e Biblioteca. Questa esperienza viene sempre associata agli istituti tecnici, ma in realtà i feedback da parte degli studenti sono molto positivi, così come da quelli del Liceo Artistico, anch’esso coinvolto. Connotare l’alternanza scuola/lavoro in questo modo, sfruttando la struttura principe che è la biblioteca comunale, è entusiasmante: vedere i ragazzi che vengono a contatto con i libri antichi, che li sfogliano, che comprendono come avviene la loro conservazione e catalogazione. E si appassionano talmente tanto che poi è difficile andare via. Questa è una sinergia che potrebbe essere sfruttata e sulla quale costruire un percorso concreto. Si parla anche dell’alberghiero e del turistico, di come implementare la formazione per poi offrire più opportunità di fruibilità degli spazi. Dal mio punto di vista, perciò, occorre mettere in campo con le scuole dei meccanismi che permettano agli studenti di conoscere meglio il nostro patrimonio, di fare esperienza e di conseguenza alla città di usufruire di questo entusiasmo”.

In questo quadro progettuale di grande interesse, quanto pesa il rammarico della perdita del corso di laurea di Beni Culturali? “Il rammarico è grande. Forse questa presenza si sarebbe dovuta sfruttare ancora di più di quanto si è fatto. Certo, sono stati fatti sforzi per tenerla, ma questa perdita dovrebbe darci lo stimolo per riflettere sulla connessione tra formazione e lavoro. Le professioni museali, archivistiche, bibliotecarie, culturali, turistiche e quelle riguardanti il management aumentano, i ragazzi che si gettano in questi percorsi di studio aumentano, il business generato da questo comparto oramai per il nostro Paese è vitale. Ma nonostante questo la strategia resta completamente assente”.

Info e orari



ALLE ORIGINI DELLA NOSTRA CIVILTA'. "LA CUMA" DI MONTE RINALDO: IL TESORO ARCHEOLOGICO DEL TERRITORIO FERMANO

di Filippo Bordò


Circondata dall'incantevole paesaggio agrario della valle dell'Aso, l'Area Archeologica "La Cuma" di Monte Rinaldo, che deve il nome all'omonima contrada, può ritenersi a buon diritto uno dei complessi monumentali più importanti di tutta la regione. Tra gli anni '50 e '60 del secolo scorso, in seguito ad alcuni lavori agricoli, furono rinvenuti i resti di un antico santuario di età tardo repubblicana-ellenistica (II – I sec. a.C.), situato su una terrazza artificiale ricavata sul fianco di una collina, a poche centinaia di metri dal centro abitato.

Il complesso cultuale è costituito da un porticato, un tempio e un edificio rettangolare di incerta destinazione. Del porticato, lungo oltre 60 metri, si conservano due colonnati paralleli, di ordine ionico-italico quello interno e dorico quello esterno, e un muro di arenaria che fungeva anche da contenimento della terrazza. Il tempio era collocato davanti al porticato in posizione centrale: conservato solo a livello di fondazioni, su cui la Soprintendenza ha effettuato un intervento lo scorso novembre, probabilmente era a tre celle con colonne sulla facciata di ordine tuscanico (ordine architettonico proprio dell'area etrusco-italica). Seppur non visibile, è accertata la presenza di un pozzo tra il tempio e il portico. A chi fosse dedicato il tempio non è ancora ben chiaro (al dio Giove? alla dea Artemide?), ma sembra che l'acqua rappresentasse l'elemento naturale costitutivo di questo complesso sacro. All'acqua si legano infatti i riti di guarigione indicati con la parola latina "sanatio", tipici dell'area centro-italica. La funzione del santuario doveva essere anche quella di luogo di incontro tra le comunità della costa e quelle dell'alta valle dell'Aso, e di presidio strategico lungo l'antica arteria Ascoli-Fermo.

Con la costruzione di questo santuario, Roma andava così incontro alle tradizioni dei locali abitanti piceni, evitando a queste comunità di trovare motivi di ribellione. Dopo un periodo in cui le visite potevano essere effettuate solo su prenotazione, questo gioiello dell'archeologia in estate è aperto al pubblico tutti i giorni per quattro ore nel pomeriggio, il sabato e la domenica anche al mattino. Durante il resto dell'anno l'apertura viene garantita nei fine settimana, tranne nei mesi di marzo ed ottobre, quando è soltanto su prenotazione. Quasi ogni weekend ci sono gruppi in visita provenienti anche da fuori regione e dall'estero, in particolare dalla Germania, cosa che ha spinto l'Amministrazione comunale a produrre delle brochure anche in lingua inglese.

Il sindaco di Monte Rinaldo, Gianmario Borroni, esprime soddisfazione per il netto incremento delle visite registrato nel corso degli ultimi due anni e si dice fiducioso nel trend in aumento, ma non nasconde le difficoltà legate ai costi di manutenzione e gestione del sito, specie dopo il taglio dei fondi provinciali che erano destinati all'apertura dei siti archeologici e dei musei. Spazio ai privati dunque, con i quali sotto la supervisione della Soprintendenza dovrà essere raggiunto un accordo strutturato che al momento manca, ma che si rivela sempre più urgente.

Pertinente all'area archeologica è il Museo Civico Archeologico che ha sede presso la ex chiesa del S.S. Crocifisso, di proprietà comunale. L'edificio ospita dal 2008 la prestigiosa raccolta di reperti rinvenuti nel vicino sito archeologico, costituiti principalmente dai rivestimenti in terracotta delle travi e degli spioventi e da frammenti di statue appartenti alla decorazione del frontone del tempio (il frontone è la parte alta di forma triangolare). La forte caratterizzazione patetica che contraddistingue queste sculture ha spinto gli studiosi ad avvicinarle alle opere del cosiddetto barocco dell'Asia Minore, come ad esempio il ben noto Altare di Pergamo (II sec. a.C.), oggi conservato a Berlino. Non mancano ex voto anatomici, come mani, piedi, teste, ed ex voto animali, come statuine di bovini (l'ex voto è un dono offerto ad una divinità come ringraziamento per una grazia ricevuta o come supplica rivolta ad esaudire una richiesta).

Di particolare importanza storica è il frammento di una coppa a vernice nera che reca incisa un'enigmatica iscrizione latina. Entro il mese di luglio è previsto il riallestimento del museo, con un potenziamento degli apparati esplicativi. L'area archeoogica e il museo, accessibili anche ai portatori di handicap, sono aperti naturalmente anche alle scuole, con le quali nel corso dell'ultimo periodo natalizio la Dott.ssa Daniela Tisi, a capo della società D&P Turismo e Cultura, ha sperimentato dei laboratori didattici che forse verranno riproposti nel prossimo anno scolastico.

Quale iniziativa a scopo divulgativo va menzionata la passeggiata archeologica che si è svolta il 1° maggio con la collaborazione della dott.ssa Daniela Tisi: un tour guidato, rivolto a residenti e non, che è partito dal museo ed è arrivato all'area archeologica passando per il centro storico di Monte Rinaldo, con i suoi scorci e le opere architettoniche principali.

Per informazioni su orari di apertura e visite guidate ci si può rivolgere al Comune di Monte Rinaldo (tel. 0734.777121) oppure alla dott.ssa Tisi (tel. 339.3466752 - 0736.845270 - Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.).



DAL PASSATO, LA LINFA PER IL FUTURO. A FALERONE UN AMBIZIOSO PROGETTO PER RIVALUTARE IL PARCO ARCHEOLOGICO (E NON SOLO)

di Francesca Pasquali


A Falerone la storia la respiri già camminando per strada e guardandoti intorno. Resti e reperti di epoche passate, vestigia dei tempi che furono. Furono, appunto. Il passato remoto è d'obbligo perché, soprattutto in centro storico, di quegli antichi fasti resta ben poca traccia, e quello che rimane non gode di buona salute.

“Abbiamo un Governo - dice il sindaco Armando Altini - che fa tagli spaventosi agli enti locali e un patto di stabilità che non ci consente di fare investimenti”. Non resta quindi che puntare su quello che la storia ha lasciato, che a Falerone è soprattutto il Parco Archeologico. Teatro (43 d.C., dedicato all'imperatore Tiberio Claudio, poteva contenere 1.600 spettatori), Anfiteatro (I sec. d.C., circa 5.000 posti a sedere) e Serbatoi Romani (conosciuti come Bagni della Regina), a Piane, e Museo Archeologico (allestito nei locali dell'antico convento di San Francesco, custodisce importanti reperti della città romana di Falerio Picenus), in centro, costituiscono un unicum nel circondario, un percorso nell'antichità che richiama ogni anno centinaia di turisti. Numeri precisi in realtà non ce ne sono perché l'Associazione Minerva, che gestisce il Parco Archeologico, da qualche anno non conta più le presenze.

“Quello che posso dire - spiega la responsabile - è che negli ultimi anni c'è stato un incremento delle visite scolastiche e un calo dei gruppi organizzati. La maggior parte delle persone ci conosce attraverso la nostra pagina Facebook e il sito del Comune. Per aumentare la visibilità del Parco, oltre ad essere presenti come associazione ad eventi e manifestazioni, a breve entreremo a far parte di una piattaforma digitale che la Regione mette a disposizione di aziende e strutture ricettive”.

Nonostante si tratti di reperti tutti di inestimabile valore, il pezzo forte del Parco - anche perché meglio conservato - resta il Teatro, che d'estate, in uno scenario molto suggestivo, ospita spettacoli ed eventi musicali. “Stiamo approntando un progetto a 360 gradi - anticipa il sindaco - di cui parlo per la prima volta, e che sarà suddiviso in tre fasi. La prima riguarda la valorizzazione della zona archeologica, con l'ampliamento delle sedute del Teatro Romano e l'acquisto delle zone limitrofe al Teatro per organizzare delle 'summer school' con studenti universitari europei che avranno così l'opportunità di formarsi attraverso scavi sul posto. La seconda la creazione di percorsi archeologici, enogastronomici, ciclabili, delle fontane antiche e delle strade romane. La terza il recupero del centro storico, dove sono presenti diversi palazzi abbandonati che potrebbero far parte di un albergo diffuso, di altri spazi come il 'Cantinone' e il locale che si trova sopra la sala consiliare, che dovrebbe essere servito da un ascensore esterno e l'utilizzo dell’ex convento delle Clarisse, chiuso e donato al Papa, che potrebbe diventare un ostello e un centro convegni”.

Un progetto ambizioso, e costoso, (“parliamo di qualche milione di euro”, dice Altini), sulla carta. E nella realtà? “Abbiamo suddiviso il progetto in parti per avere la possibilità di intercettare diverse forme di finanziamenti, da quelli europei a quelli indiretti della Regione. Si tratta di un progetto ideale per un eventuale investitore estero, da sviluppare anche insieme ad altri Comuni della zona, in modo da offrire ai turisti, oltre alle nostre bellezze, anche le eccellenze che si trovano a pochi chilometri da qui”. Per attrarre turisti, i beni archeologici devono essere fruibili e in buono stato. Qui come siamo messi? “Il Teatro – spiega il sindaco – è di proprietà della Soprintendenza che non consente di effettuare scavi proprio perché poi si dovrebbe occupare della manutenzione dei nuovi reperti. Tutti gli altri resti sono di proprietà privata che, di volta in volta, deve autorizzare le visite. A mio avviso è un fatto grave, frutto di scellerati passaggi di proprietà. Un bene archeologico dovrebbe essere di tutti e a tutti dovrebbe essere consentito fruirne”.


Parco Archeologico “Falerio Picenus” Teatro, Anfiteatro e Serbatoi Romani, Museo Archeologico Antiquarium “Pompilio Bonvicini”

Aperture estive - Giugno: domenica e festivi dalle 16 alle 19; Luglio e Agosto: sabato, domenica e festivi dalle 16 alle 19; Settembre: domenica dalle 16 alle 19; Giorni feriali, apertura su prenotazione al numero 333.5816389 - www.comunefalerone.it - www.parcoarcheologico.it - Parco Archologico Falerio Picenus Associazione Minerva



FRA PERCORSI ARCHEOLOGICI E SISTEMA MUSEALE. ARCHEOCULTURA METTE IN RETE CINQUE COMUNI

di Serena Murri

L'origine picena è il minimo comun denominatore di un progetto che mira alla valorizzazione del sistema museale, delle zone e dei percorsi archeologici e che prevede innanzitutto la predisposizione di spazi consoni all'esposizione. L'intervento di Archeocultura mira a realizzare una rete museale che coinvolge cinque comuni: Monte Rinaldo, Belmonte Piceno, Monsampietro Morico, Falerone e Montelparo. Siamo andati a vedere lo stato dell'arte di questo complesso progetto.

A Monsampietro Morico si è provveduto alla sistemazione degli spazi del Museo di Archeocultura, allestito con i reperti trovati nel territorio, emersi da scavi e già in possesso del Comune, come volumi sulla storia e sulle origini della città. Il museo è stato fondato con questo progetto, grazie ai 70 mila euro messi a disposizione dalla Regione; i locali si trovano nel centro storico, al di sotto del teatro comunale, dove è avvenuto il completamento funzionale degli spazi adibiti a museo. Inaugurato nell'aprile 2014 e aperto al pubblico, per ora ospita visite guidate (ingresso libero), ma fino a quando non si completerà la collezione di altri reperti sarà difficile valorizzarne appieno le potenzialità.

Coinvolto nel progetto anche Monte Rinaldo, del quale si sa che ha usufruito dei fondi per gli arredi del Museo Archeologico che si trova all'interno della Chiesa del Crocifisso e per l'area naturale nella zona limitrofa al tempio ellenistico.

Il comune di Belmonte Piceno rappresenta il fulcro degli insediamenti da parte della Civiltà Picena, dalla quale sono derivati ritrovamenti che per la maggior parte purtroppo non si trovano ancora in zona. La stragrande maggioranza si trova infatti in Germania o al Museo Archeologico di Ancona. Per ora si parla di una collezione di una settantina di pezzi. La tutela dei pezzi mancanti è nelle mani della Sovrintendenza alle Belle Arti e questo vuol dire tempi burocratici tutt'altro che brevi. Per ora, grazie al progetto, si è provveduto al completamento del Museo Archeologico Comunale e alla destinazione museale della Chiesa di San Simone, che attendono di aprire al pubblico. Il più grande paradosso sta nel fatto che Belmonte sia il sito archeologico dove sono stati rinvenuti più reperti (ne sono un esempio la Tomba del Duce, la Tomba dell'Amazzone e una stele con scrittura picena) di cui circa quattromila dislocati in vari luoghi.

Falerone all'interno di Archeocultura è il comune che si occupa della gestione delle spese e dei fondi erogati da parte della Regione per la realizzazione del progetto e suddivise in aree in base al tipo d'intervento effettuato. Falerone è giunto ormai a fine intervento, avendo rendicontato tutte le spese alla Regione. L'area archeologica che lo interessa è quella di Falerio Picenus, con l'ampliamento del Museo Archeologico (Ex Convento di San Francesco) e la riqualificazione dell'area naturale e del percorso naturalistico dell'area archeologica, fra i ruderi di epoca romana.

Coinvolto nel progetto anche Montelparo, che con le sue sette chiese è già di per sé uno dei centri di maggiore concentrazione di arte religiosa. In questo caso l'intervento riguarda l'ex chiesa di San Pietro trasformata in sala conferenze con 42 posti, inaugurata lo scorso 25 aprile. In origine, si trattava di due parrocchie rurali incorporate (alla chiesa di San Pietro fu incorporata quella di San Silvestro). Durante i restauri più recenti dell'antica canonica che si trova al piano superiore e che negli anni era diventata una legnaia, è venuto alla luce un frammento di affresco che mostra una Madonna in trono con bambino tra i santi. Al piano terra, al di sopra dell'unico altare, è presente una concavità nella quale è raffigurata la Madonna col Bambino tra i santi titolari della chiesa, Pietro e Silvestro. Grazie ai fondi del progetto, la chiesa è stata adibita a sala conferenze e dotata di proiettore e schermi. Sebbene sia ancora senza reperti, che al momento si trovano tra Ancona e Firenze, assieme agli altri siti archeologici del centro, la struttura è già visitabile e aperta tutti i giorni (chiuso il lunedì) con guida a disposizione.

La fase successiva, a compimento del progetto Archeocultura, sarà la messa in rete di tutti e cinque i Comuni, quando tutto il materiale verrà messo on line, a disposizione del pubblico che, attraverso strumentazione tecnologica dall'interno di ciascun museo, potrà visionare i reperti degli altri poli collegati.



NON SOLO CASTEL CLEMENTINO E FARFENSI: LE TRACCE PICENE E ROMANE A MONTEGIORGIO E SERVIGLIANO

di Silvia Ilari


L'insediamento dei Piceni nelle Marche si deve a una vecchia tradizione, quella della “sacra primavera”. Le cronache antiche raccontano come furono i Sabini a dar vita a questi insediamenti, omaggiando gli Dei. A questi veniva offerto tutto ciò che nasceva tra il 1° marzo e il 30 aprile. Mentre per gli animali era previsto il sacrificio, i bambini una volta divenuti adulti avevano il compito di colonizzare nuove terre, tra queste Fermo e il Fermano. L'arrivo dei Galli nella parte settentrionale e dei Siracusani ad Ancona, spinse Roma a stipulare un trattato coi Piceni. Gli accordi non vennero rispettati e la regione fu soggiogata da Roma.

Segni dei Piceni e della “sacra primavera” si ritrovano ancora oggi in manifestazioni come “Sciò la pica” a Monterubbiano, dove la pica è identificata come l'uccello di Marte, che richiama il picchio simbolo delle Marche. In Valtenna, oltre che a Belmonte Piceno e Falerone, sono presenti anche altri frammenti di storia di queste antiche civiltà rivali. Nonostante la provenienza precisa sia ancora in discussione, Servigliano dà il nome a una stele in arenaria e conservata presso il Museo Archeologico della Marche, ad Ancona. In paese, sono presenti resti di epoca romana come una porzione di muro in zona Borgo Leopardi. L'area, ripulita, verrà mostrata al pubblico in occasione dell'inaugurazione di un parco adiacente nella prima metà di luglio. Inoltre, tracce dell'epoca romana sono presenti anche in un'antica villa romana in località Santa Maria del Piano.

A Montegiorgio sono diversi i reperti piceni e romani raccolti dall'archeologo locale Gian Battista Compagnoni Natali. Parecchi risalgono al Piceno IV e V e provengono da rinvenimenti tombali concentrati prevalentemente nelle contrade Caprella e Montamboni. Alcuni sono altrove, come al Museo archeologico di Jena in Germania, ma diversi sono presenti nella ex sede comunale in via Roma, visitabile dalle 9 alle 13, dal lunedì al sabato fino a settembre. Per maggiori informazioni si può telefonare allo 0734.952067 o al 331.8175375.



QUANDO LE BELLEZZE SI ACCOLGONO. LA VALORIZZAZIONE DEI CONTENITORI STORICI ATTRAVERSO LA RASSEGNA DEI TEATRI ANTICHI UNITI

di Andrea Braconi

Un’esperienza, quella dei Teatri Antichi Uniti, lunga 17 anni e per certi versi sorprendente. La definisce in questo modo Gilberto Santini, direttore dell’AMAT, nel presentare un cartellone ricchissimo, partito lo scorso 27 giugno da Macerata e che si concluderà il 7 agosto a Pesaro. Dentro, decine di eventi teatrali nei contenitori più suggestivi di tutta la regione, compresi il Teatro Romano di Falerone (10 luglio ore 21,30 “Lisistrata” da Aristofane con Gaia De Laurentiis e Stefano Artissunch e 31 luglio ore 21,30 “Il filo di Arianna, cronaca di una donna annunciata” con Caterina Murino e Stefano Artissunch), la Cuma di Monte Rinaldo (12 luglio, ore 19 “Aristofane Show!” con Enzo Curcurù) e l’Anfiteatro Romano di Urbisaglia (11 luglio, ore 21,30 “Aristofane Show!” con Enzo Curcurù; 22 luglio, ore 21,30 “Sogno di una notte di mezza estate” da W. Shakespeare con Isa Danieli e Lello Arena; 1 agosto, ore 21,30 “La storia di Antigone” dalla tragedia di Sofocle, con Anita Caprioli).

“Eravamo partiti con un’idea molto semplice: una bellezza che ne accogliesse in qualche modo un’altra, intendendo l’esperienza teatrale come un’occasione di bellezza sia in termini di invasione che di evasione. Ci ha stupito il fatto che l’occasione dello spettacolo sia diventata in certi siti in particolare - penso a quelli meno conosciuti, come Monte Rinaldo - come l’occasione da parte di tantissime persone per andare a conoscere questa bellezza”.

E’ l’idea dello spettacolo come strumento di conoscenza? “Sì, ed è un’idea che a me piace molto, perché mi accorgo che il semplice tema dell’antico riverberato in quei luoghi si potenzia in maniera incredibile e, quindi, ci da l’occasione di capire perché i nostri avi li hanno creati quegli spazi. Arriva così il senso di un pensiero molto chiaro e lucido, che ci aiuta parecchio in questo momento piuttosto confuso. Non lo dico io, basta pensare a Calvino e al suo ragionamento sul senso del recupero della classicità”.

Insomma, tutto questo serve a capirci meglio. “Quei luoghi lì parlano di questo: c’era una grandezza, un desiderio di bellezza, un desiderio di esprimere e di creare luoghi di comunità, che siano templi o teatri. Ecco, fa impressione pensare ad un luogo come Urbisaglia che a distanza di pochissimi metri ha sia teatro che anfiteatro. Era una civiltà che vedeva in quei luoghi dei passaggi fondamentali della propria vita individuale e sociale: perciò è così interessante, perciò è così immediato il desiderio di riconoscerli da parte di spettatori anche molto comuni”.

E chi è lo spettatore di TAU? “E’ una persona desiderosa di conoscere al di là del proprio livello di formazione, di cultura. Veramente, abbiamo constatato che questa cosa qui sia stata una leva molto più importante ed ampia di quanto immaginassimo all’inizio”.

Oltre alla formula rodata degli aperiTAU (con degustazioni e visite guidate gratuite), un’interessante novità di questa edizione è la collaborazione con gli Instagramers Marche che ha permesso di dare forma a #instaTAU, un contest fotografico per un’archeologia social che permetterà agli spettatori di raccontare gli spazi della rassegna. In palio biglietti gratuiti per gli spettacoli

www.amatmarche.it - www.nuovascenamarche.it

Ultima modifica il Venerdì, 10 Luglio 2015 09:59

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