Comuni nel segno dell’arancio

MARCHE - “Fiori d’arancio” per i Comuni firmatari di un protocollo d’intesa volto al recupero, alla tutela e alla valorizzazione delle agrumiere storiche del Piceno. Rappresentanti di Grottammare (ente capofila), Cupra Marittima, Campofilone, Massignano, Pedaso e San Benedetto del Tronto hanno siglato l’unione di intenti, davanti a un nutrito pubblico di specialisti, produttori e curiosi. La firma è avvenuta in apertura di un incontro nato anche per fornire aggiornamenti sullo stato dell’arte di un progetto che tende a recuperare un patrimonio secolare di testimonianze ed esperienze culturali (artistiche, architettoniche, economiche, agronomiche), tipiche della realtà picena costiera e dell’immediato entroterra, e che ha già incassato, oltre alla volontà delle amministrazioni aderenti, anche l’interessamento del mondo scientifico.

Risale al 19 dicembre scorso l’inserimento dell’arancio biondo del Piceno nel Registro delle biodiversità regionali da parte dell’Assam, punto di avvio di un’attenzione che prosegue in collaborazione tra l’Università politecnica delle Marche e il Centro di Ricerca per l’Agrumicoltura di Acireale. Proprio in questi giorni il comitato scientifico sta effettuando sopralluoghi nei vari giardini d’aranci per approfondire le caratteristiche dei genotipi censiti.

La volontà di intraprendere il recupero della tradizione agrumicola locale è partita nell’ottobre scorso, con la pubblicazione del volume “Giardini d’aranci sull’Adriatico. L’agrumicoltura nelle Marche, aspetti colturali e artistici” (Livi Editore), dove gli autori Aurelio Manzi e Germano Vitelli espongono i dati di una ricerca svolta lungo la costa picena, che ha messo in evidenza i caratteri generali di queste colture, con riferimenti alle varietà, all’ecosistema dei giardini, al commercio transadriatico e alle manifestazioni artistiche, letterarie e tradizionali. La presentazione dell’opera nel Teatro dell’Arancio di Grottammare fu abbinata a un convegno a tema, che aprì filoni di studio presso gli istituti di ricerca universitari e agronomici marchigiani e avviò scenari di approfondimento per una proposta interdisciplinare di legge regionale volta al recupero e alla valorizzazione delle agrumiere storiche picene.

Un altro passo è stato compiuto a novembre, quando esperti dell’Università politecnica delle Marche, del Crea-Unità di ricerca per l’orticoltura e dell’Assam-Agenzia regionale del settore agroalimentare prelevarono campioni di germoplasma locale di arance, mandarini e di pomelo, da studiare e analizzare dal punto di vista genetico. Indagine che portò, a dicembre, all’inserimento dell’Arancio biondo del Piceno tra le biodiversità marchigiane, unico agrume presente nell’elenco. Il Protocollo di intesa siglato recentemente rimane sempre aperto a nuove adesioni, come espressamente citato nel testo, a partire dal comune di Monterubbiano atteso ma assente all’iniziativa.

LA STORIA - La particolarità climatica, almeno dalla prima metà del XIV secolo, ha determinato la coltivazione a pieno campo degli agrumi in tutta la fascia litoranea e collinare da Porto d’Ascoli a Porto Sant’Elpidio, fino all’inizio della seconda metà del secolo scorso. Con l’intera filiera locale e il relativo indotto storicamente si era attivata una vantaggiosa ricaduta economica, che partiva dalla produzione di piantine (la cui esperienza secolare si è tramandata alla fiorente attività vivaistica odierna) e si estendeva alla produzione dei frutti, alla trasformazione degli stessi in diversi prodotti e distillati, fino a coprirne la vendita diretta sicuramente in tutto il bacino settentrionale dell’Adriatico, dell’Istria e della Dalmazia.

In questo territorio si conserva ancora una presenza significativa di un considerevole numero di giardini di agrumi storici caratterizzati da articolate architetture di notevole pregio, spesso in stato di abbandono e improduttività, quali terrazzamenti, mura di recinzione, portali, spalliere ad archi, cisterne e peschiere a volte monumentali, palombare, tunnel voltati per la captazione delle acque, sistemi di irrigazione, ecc.

Numerose sono le iniziative potenzialmente atte a ricreare un circuito virtuoso per tutto il territorio interessato, che spazia dall’aspetto culturale a quello economico: agronomico, paesaggistico, gastronomico, didattico, turistico, vivaistico, convegnistico, occupazionale.

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