Progetto ‘Fughe’: incontro delle terze medie di Servigliano e dei rifugiati del SAI con la Casa Della Memoria

SERVIGLIANO - Da gennaio è in corso a Servigliano il laboratorio ‘Fughe’, che coinvolge gli studenti delle due terze medie, gli ospiti del SAI (Sistema Accoglienza Integrazione) e la Casa Della Memoria.
Incontrandosi e dialogando - facilitati dalla presenza in classe della psicologa Isabella Cipriani - i protagonisti di questi incontri hanno esplorato la parola “fuga”, sia come azione concreta di allontanamento fisico da una situazione o da un luogo, come quella dei migranti e dei profughi, sia come ritiro interiore, distanziamento, evitamento del vissuto emotivo. La fuga materiale e la fuga interiore si presentano come azioni assolutamente necessarie, in determinate circostanze, per la sopravvivenza fisico/psichica di ognuno. Non esistono allora le ‘storie degli altri’: la necessità di andare, cambiare, uscire, è di tutti. Insieme alla parola fuga è stata declinata la parola accoglienza, ancora una volta intesa come accoglienza psichica e fisica. Gli ospiti del SAI sono inseriti in un sistema di accoglienza ed abitano a Servigliano, all’interno della comunità. Il Campo di Servigliano è stato un Centro di Accoglienza Profughi per dieci anni dopo la seconda guerra mondiale e la gente del posto ha interagito con gli italiani giuliano dalmati scappati dalle loro terre. Le persone di questo luogo hanno una lunga esperienza di accoglienza.
L’ultimo appuntamento del progetto è stata una visita proprio all’ex Campo di prigionia e profuganza di Servigliano. I profughi di oggi e i ragazzi delle terze medie hanno potuto conoscere le storie che hanno preso vita in questo luogo, da poco divenuto monumento nazionale: storie fatte di fughe, accoglienza, ma anche dolore e sofferenza. Nell’aula della Casa della Memoria c’è stato infine un confronto con il signor Pipponzi Umberto, cittadino di Servigliano ed ex vigile urbano, che ha raccontato della sua personale esperienza di incontro con i profughi del campo, quando era bambino. In maniera emotivamente diretta è arrivato a tutti il significato profondo che per lui ha avuto quell’incontro che, ancora una volta, non è stato di distanziamento, ma di scambio ed identificazione.
Il progetto si concluderà il 20 giugno, giornata mondiale del rifugiato, con la proiezione pubblica di un breve documentario che testimonierà il percorso fatto nei mesi del progetto.

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