Il cuore non aspetta! Prevenzione e intervento tempestivo in caso di infarto

SALUTE - Alle donne è rivolto un messaggio: prendetevi cura di voi e fate prevenzione cardiovascolare! I cardiologi parlano di prevenzione, e al contempo, dicono: siate tempestivi! È a pieno ritmo la campagna nazionale “Ogni minuto conta”. Ideata da Il Cuore Siamo Noi - Fondazione Italiana Cuore e Circolazione Onlus con il patrocinio della Sic, Società Italiana di Cardiologia. Il focus è la tempestività in caso di intervento. I cardiologi non hanno dubbi: soccorsi tempestivi e adeguati in caso di infarto sono ancora più indispensabili di quanto si supponeva in passato. Due le strategie: educare i cittadini a riconoscere rapidamente i sintomi e migliorare l’organizzazione e l’arrivo dei soccorsi.

A fare il punto della situazione sono Francesco Romeo, direttore della cattedra e scuola di specializzazione in cardiologia Università Tor Vergata di Roma, nonché presidente della Fondazione Italiana Cuore e Circolazione Onlus e Ciro Indolfi, presidente della Sic e direttore della Cardiologia-Emodinamica ed UTIC dell’Università Magna Grecia di Catanzaro.

Perché ogni minuto conta? “Sappiamo già che la rapidità dei soccorsi in caso di infarto è indispensabile. Gli ultimi studi clinici hanno dimostrato che la prognosi del paziente peggiora in maniera continua all’aumentare del ritardo nel trattamento. Per questo, letteralmente, ogni minuto conta, soprattutto in quei pazienti che si presentano in condizioni gravissime, con perdita di coscienza: in questi casi, nei quali la mortalità purtroppo è ancora oggi del 50-70 % anziché di circa il 3% come negli infarti classici, per ogni ritardo di 10 minuti nel trattamento si registrano ben tre morti in più su 100 pazienti trattati”.

Quali sono le conseguenze se perdiamo tempo? “Perdere tempo in caso di infarto provoca sempre un inaccettabile aumento della mortalità: più si indugia maggiore è la quantità di muscolo cardiaco che viene perso e sostituito da tessuto fibroso, non contrattile, con importanti conseguenze nella qualità di vita del paziente. Il tempo è muscolo. In caso di infarto – aggiunge il dottor Romeo – è essenziale accedere quanto prima all’angioplastica primaria, un intervento mini-invasivo con cui si libera l’arteria responsabile dell’infarto e si posiziona uno stent che mantiene aperto il vaso malato. Tutte le linee guida più recenti della Società Europea di Cardiologia sottolineano che l’angioplastica è l’intervento di prima scelta dell’infarto STEMI e soprattutto che i ritardi nell’accesso sono l’indice più rilevante della qualità di cura”.

Quali le strategie da mettere in atto? “Dobbiamo far sì che chiunque sappia riconoscere i segni più e meno noti dell’infarto: un dolore oppressivo al centro del petto, che duri oltre 20 minuti, insorto a riposo e in alcuni casi irradiato al braccio sinistro o alla mandibola rappresenta la manifestazione più tipica, ma spesso l’attacco cardiaco si presenta in maniera più subdola, come un dolore addominale o nella parte posteriore del torace mai avvertito prima, senza dolore ma con insorgenza improvvisa di affanno a riposo, con uno svenimento o in tanti altri modi. In queste situazioni, più difficili da individuare, è bene che il paziente, preoccupato dal persistere dei sintomi, chiami quanto prima i soccorsi o si rechi al Pronto Soccorso più vicino per escludere la presenza di infarto. Dal momento del primo contatto con i medici occorre poi ridurre i ritardi dovuti alla gestione dell’emergenza: le linee guida indicano che la diagnosi di infarto deve essere fatta in meno di 10 minuti”.

Rubrica a cura di "Medicina per me!"

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