Di Sergio Soldani Aveva raggiunto i 35 anni, nato a Terni e orgoglioso di essere originario di questo capoluogo umbro, risiedeva a Porto San Giorgio cittadina turistico-edonistica, dai suoi dieci anni. Si occupava professionalmente di uno dei tanti chalet, mète di divertimenti estivi e nell’ultimo periodo anche invernali, dei più abbienti cittadini marchigiani che sapevano gestire con accuratezza i propri capitali. Si chiamava Genziano Rossetti. Aveva frequentato l’Istituto Tecnico Commerciale di Fermo e si vantava della sua infallibile memoria nel fare i conti con i numeri e i suoi risparmi bancari; il giovane aveva cominciato presto a fare il bagnino nella stagione del sol leone, a quattordici anni, era orgoglioso e lo ripeteva un po’ a tutti, di non aver mai letto completamente un libro e considerava chi consultasse romanzi o poesie un malato di mente, un ritardato, degno soltanto di essere commiserato e talora assolutamente disprezzato. A Genziano piacevano le donne, anche quelle a pagamento, per questo abitava con la madre, avvenente signora di sessant’anni appena compiuti che gestiva un magazzino di detersivo nella zona sud della città. Egli viveva nella casa della sua famiglia per potersi pagare le prestazioni carnali di almeno quattro operatrici al mese del settore.
Il ragazzo non voleva mai cadere in un innamoramento troppo coinvolgente, giacché suo padre cinque anni prima, era tornato a Terni per convivere definitivamente con una ragazza ucraina che allora aveva 18 anni. E al genitore lui da allora decise di non rivolgere più la parola, nemmeno a Pasqua o a Natale.
Un pomeriggio durante una giornata di libertà dal lavoro, a settembre, incontrò in un supermercato di scarpe l’unica persona che gli facesse ancora battere il cuore: la sua ex compagna di scuola Carmela che aveva in comune con lui il disprezzo per chi leggesse libri e le chiese “Non ti sei ancora sposata con il tuo Manolo?”.
Lei lo osservò con sguardo impietosito e invece di coprirlo di insulti, come avrebbe inizialmente voluto, cominciò a versare lacrime in impressionante abbondanza e gli sussurrò quasi soffocata: “Io...rimpiango quando facevamo merenda sempre insieme a 13 anni, nel corridoio…”. Allora lui le comperò un paio di scarpe bianche. Uscirono dolcemente dal negozio e mentre lei ancor piangente saliva nella sua automobile; Genziano di Terni pensò: “Stasera le spedisco un messaggio poetico di uno che mi pare si chiami… Giovanni Pascoli? Boh! Chi è, chi sarà questo?”.




