Ripartiamo! Cultura, scuola, sport: tre settori nevralgici per la nostra vita, tra aspettative, novità e progetti

RICOMINCIO ERGO SUM! LA MAGIA DELL'AUTUNNO: SEMINARE IL RACCOLTO DELLA PROSSIMA PRIMAVERA

di Daniele Maiani

Se non è sempre vero che chi ben comincia è a metà dell'opera, invece l'idea di ri-cominciare qualche cosa è bella e ricca di significati etici e filosofici. Tanto per dire: “ricomincia” qualcuno che ha già cominciato e al quale la cosa è andata male, come nella canzone di Pappalardo ad esempio, e perseverare, in questi casi, è niente affatto “diabolico”. E se la vita, più si va avanti e più ci si accorge che si dipana in un coacervo di tentativi che nel loro insieme generano un “tenore di vita” più o meno decente o addirittura buono, dobbiamo ritenere che il nostro essere è legato alla statistica, anzi alla parte meno scientifica della disciplina: a quella cosa che i Romani definivano “alea”, indicando con questo termine anche il gioco dei dadi. Esempio illustre: “Alea iacta est”, disse Giulio Cesare attraversando il Rubicone alla volta della conquista di Roma.

E in questo inizio di autunno, che più autunnale e cupo non potevamo aspettarci, come tutti gli anni si deve ricominciare: con la scuola, con lo sport, con il lavoro... La natura non fa sconti: che tu sia studente o sportivo o imprenditore o contadino, la parte dell'anno che volge al tramonto va usata per preparare fattivamente il raccolto della prossima primavera. Questo è il periodo in cui si progetta, si pianifica, si indirizzano le energie, che matureranno durante l'inverno per sbocciare in tutta la loro forza nella prossima primavera. La fine dell'estate e l'autunno, quindi, sono i periodi in cui ci si prepara, e si comincia, un viaggio, e come in natura l'inverno è un periodo di poca luce, che invita a rinchiudersi in casa a meditare, così nella vita sociale le fabbriche preparano la produzione per l'estate, gli atleti si allenano al chiuso delle palestre, gli studenti apprendono al chiuso delle loro aule.

È il concetto di incubazione, caro alla natura, è il concetto della bellezza della differenza del potenziale termico (dentro al caldo, fuori al freddo) che ci fa preferire essere stanziali per creare il nuovo con parsimonia di effusione di energie. Non per niente sono questi i mesi dove il senso che predomina non è la vista, abusata dai colori e dalla luce violenta dell'estate, ma è l'olfatto, il più interiore e misterioso dei sensi: si dice spesso, ad esempio, “andare a fiuto” o “a lume di naso”. Gli odori e i sapori dell'autunno ci fanno sognare, fantasticare, raggiungendo il nostro mondo interiore e sprigionando nuove energie.

E il ricominciare è una piccola rivoluzione di noi stessi: sappiamo come vanno le cose, ma siamo pronti a credere che “questa volta è diversa...”, come nella barzelletta dei due che ogni volta che rivedevano il film “Ben Hur” scommettevano su chi avrebbe vinto nella corsa delle bighe. Mi ricordo che da bambino ero felice di ritornare a scuola dopo le vacanze; felicità di breve periodo, naturalmente, ma forte quanto bastava a farti digerire il ritorno a un mondo di disciplina dopo un'estate di libertà. Ricominciare attiene al mondo delle buone intenzioni, di un futuro che potrebbe essere, e che vorremmo che fosse, e per questa sua freschezza innocente lo si potrebbe paragonare a un bambino in mezzo ad un mondo di anziani. Quando c'è un “ricominciare” in giro bisogna essere allegri, attenti, vigili e felici, perché attraverso il concetto di un nuovo inizio vediamo il futuro con gli occhi della speranza.



C'E' (SEMPRE) VOGLIA DI TEATRO. L'IMPEGNO DELL'AMAT, IL SOSTEGNO DI COMUNI

di Andrea Braconi

C'è voglia di teatro. Da un lato gli spettatori, che lo chiedono. Dall'altra gli amministratori, che aiutano l'AMAT (Associazione Marchigiana Attività Teatrali) a proporlo. E si arriva, anche in una fase complicata come questa, persino ad aumentare il numero di rappresentazioni di alcune stagioni.

“Non è affatto una partenza fiacca - spiega il direttore Gilberto Santini - e in diversi luoghi aumentiamo la proposta per il pubblico. Lo scorso anno abbiamo riscontro un grande interesse nei confronti della programmazione teatrale e devo dire che lo scenario attuale, adesso che stiamo ultimando le varie conferenze stampa di presentazione, mi sembra piuttosto ricco”.

Come può essere sintetizzato un momento simile? “In questi anni abbiamo sempre usato due frasi, una quasi in contraddizione con l'altra, anche se poi non è così: la prima è di Peter Brook (“Il teatro deve lasciarci nudi di fronte alle domande”), la seconda di Alberto Savinio (“Il teatro è il premio serale che l'uomo dà alla sua fatica diurna”). Ecco, in questo momento nella fase di programmazione ci sta facendo più compagnia la frase di Savinio. A questo desiderio degli spettatori vogliamo rispondere con un vero regalo, anche con uno spettacolo che in qualche modo li riempia di domande ma sempre cercando, noi come AMAT, di essere il più precisi possibili nel rispondere a questa esigenza”.

C'è però l'altro lato della medaglia, con amministratori che hanno fatto capire chiaramente che nella gestione delle risorse la cultura - e quindi anche il teatro - avrà, per restare in tema, un posto in secondo ordine. “Ti faccio un esempio: anche quest'anno rinnoviamo un nostro progetto nel carcere di Villa Fastiggi a Pesaro con le guardie carcerarie, una proposta di teatro che fa parte del progetto Benessere per persone che fanno lavori usuranti, come è appunto lo stare in carcere. Rispondo proprio con questo: il teatro, l'arte, la cultura, sono un pezzo di benessere delle persone. Allora ridurlo a semplice bisogno materiale è un errore di valutazione molto grave. Nella vita c'è bisogno, usando una frase di qualche anno fa, del pane ma anche delle rose.

Senza questa esperienza di bellezza tutto immediatamente diventa peggiore, decade la qualità della convivenza civile. Ci sono dei dati importanti sull'incidenza delle malattie e sull'ospedalizzazione di anziani che hanno una vita attiva o meno. Sì, stanno togliendo ai loro cittadini la possibilità di stare bene; quindi, li invito a ripensarci, a non essere frettolosi nell'accantonare un pezzo importante della vita di tutti noi”.



MONTEGIORGIO TRA VOGLIA DI FARE E CONTI DA FAR TORNARE. AL LAVORO PER LA STAGIONE TEATRALE, NONOSTANTE I TAGLI ALLA CULTURA

di Silvia Ilari

“Come i governi precedenti, questo Governo sembra considerare la cultura l'ultima risorsa e la meno necessaria. Nessuno pretende grandi cifre da Expo, ma la cultura (e la sua sorgente, la scuola) andrebbero rispettate e aiutate in modo diverso”. Con queste motivazioni, lo scrittore Stefano Benni ha recentemente rifiutato di ricevere il premio Vittorio De Sica, che gli sarebbe stato consegnato dal ministro Franceschini in persona.

Tagli alla cultura che non risparmiano le realtà più raccolte, lontane dalle metropoli. Tra queste anche il Teatro “Domenico Alaleona” di Montegiorgio che negli anni ha raggiunto una sua notorietà nel territorio, e non solo, per la qualità degli spettacoli proposti che ha fatto sì che giungessero diversi spettatori anche dalle altre province marchigiane.

“Per il nuovo cartellone – spiega Michele Ortenzi, assessore alla Cultura di Montegiorgio – stiamo cercando di reperire le risorse necessarie. Ad oggi la stagione teatrale è a rischio. Sarebbe un peccato interrompere bruscamente un lavoro di sette anni che ha portato dei risultati lusinghieri. Per quel che riguarda le novità, stiamo cercando di presentare, accanto agli appuntamenti tradizionali, una serie di lezioni-spettacolo rivolte principalmente a una platea di ragazzi e ragazze, su testi e autori che hanno fatto la storia della letteratura e del teatro. Purtroppo anche in questo caso dobbiamo fare i conti con la mancanza di fondi”.

“Riuscire ad allestire stagioni teatrali di rilevanza nazionale – continua – com’è stato fatto dal 2008 a oggi, è stato difficilissimo. Questo anche a causa della crisi economica che si è ripercossa in maniera negativa sugli enti locali. Essere riusciti ad ottenere dei risultati cosi meritori è dovuto a una serie di fattori legati fra loro: le aziende del territorio che hanno sostenuto le stagioni teatrali; i proventi derivanti dalla vendita di biglietti e abbonamenti che nel corso degli anni sono stati sempre maggiori; l’assoluta validità dei contenuti proposti che ha permesso di ottenere finanziamenti regionali legati a progetti specifici; l’oculatezza con cui, insieme all’ufficio cultura del Comune, abbiamo progettato e realizzato le programmazioni del teatro in questi sette anni”.

Nonostante i tagli, come già accennato, si sta già pensando alla nuova stagione. “Insieme al direttore artistico Gianluca Balestra, abbiamo già individuato dei titoli da proporre. Oltre ad essere presente qualche grande nome del teatro, saranno proposti autori classici e contemporanei; si tratteranno temi che permettano allo spettatore di riflettere, pensare, sviluppare una capacità critica sempre maggiore. Qualora riuscissimo a trovare le risorse necessarie, sicuramente sarà riproposta la rassegna 'Domeniche a teatro', coinvolgendo le scuole del territorio come negli anni precedenti”.

Non di solo teatro, “vive” un assessorato alla cultura: “Una delle prossime iniziative, di grande valore culturale, sarà una due giorni di studi, il 26 e 27 novembre, in collaborazione con l’Università degli Studi di Macerata dedicata allo scrittore, musicista e poeta montegiorgese Giuseppe Vannicola, a cento anni dalla sua morte. Inoltre, prosegue a pieno ritmo l’attività del “Laboratorio piceno della dieta mediterranea” ed è in cantiere la seconda edizione della “Fiera delle Qualità”, prevista per l’ultimo fine settimana di novembre”. In ambito turistico, inoltre, è da poco terminato il progetto “Le colline del buon gusto” di cui Montegiorgio era comune capofila. Sono diversi i borghi che hanno sfruttato le loro bellezze come scenario per festival culturali, uno su tutti “Borgo Futuro” di Ripe San Ginesio.

“Montegiorgio – dice Ortenzi – ha una grande ricchezza da offrire dal punto di vista storico, artistico e culturale. La creazione di un festival-rassegna che abbia l’obiettivo di valorizzare tutto ciò sarebbe assolutamente positiva. Bisogna soltanto crederci e prendere consapevolezza delle grandi potenzialità di cui disponiamo. Per fare questo è necessario un salto di qualità da parte di tutti: amministrazione comunale, associazioni, soprattutto dei giovani che, rispetto ad altre realtà limitrofe, sembrano essere estranei alla vita sociale e culturale del paese in cui vivono”.



SARA' UNA BUONA SCUOLA? A COLLOQUIO CON LA DIRIGENTE DELL'ISC 2 DI PORTO SANT'ELPIDIO

di Francesca Pasquali

Calcoli, incastri da far riportare, numeri che non tornano ma che devono tornare. In qualche modo. Sembra un enorme sudoku quello con cui i dirigenti scolastici (i presidi, come siamo abituati a chiamarli) devono cimentarsi ogni settembre, all'avvio di un nuovo anno di scuola. Quest'anno, poi, c'è anche una nuova legge, la 107 (Conosciuta come la “Buona Scuola”), con cui fare i conti. Approvata lo scorso luglio, ha tenuto, e in parte continua a tenere, con il fiato sospese centinaia di insegnanti e non solo.

“Siamo al quinto orario provvisorio da quando è iniziata la scuola”, dice la dirigente dell'Isc (Istituto scolastico comprensivo) 2 "Marconi - Rodari" di Porto Sant'Elpidio Francesca D'Ercoli. “Ogni anno è uno stillicidio. Gli insegnanti arrivano a singhiozzo, qualcuno rinuncia e bisogna trovare i sostituti. Quest'anno stiamo avendo problemi con la scuola media perché in alcuni istituti le classi sono diminuite e gli insegnanti devono completare le loro cattedre da qualche altra parte. Fare gli orari diventa impossibile, per non parlare di accordarsi sulle date dei consiglio d'istituto...”.

La legge 107 ha portato significative novità. Almeno per gli insegnanti. “Questa è ancora una fase transitoria. Per ora di nuovo c'è solo l'assegnazione del ruolo ai precari delle varie graduatorie, che sono stati mandati anche fuori regione, con la possibilità, per quest'anno, di non spostarsi in caso di incarico annuale nella provincia di residenza. Dal prossimo anno, invece, l'assegnazione diventerà definitiva”.

Tra le novità introdotte dalla legge c'è il piano triennale dell'offerta formativa che le scuole dovranno predisporre a partire da quest'anno. “Entro ottobre ogni scuola dovrà indicare il numero di insegnati di cui avrà bisogno per i prossimi tre anni e la progettazione da sviluppare in questo arco di tempo. Ogni anno, entro ottobre, il piano potrà essere 'aggiustato' in base ad eventuali nuove esigenze”.

La “Buona Scuola” dà ampio margine all'autonomia scolastica. “In futuro, speriamo. Per ora di autonomia ce n'è ben poca, visto che è il Ministero a decidere il numero degli insegnanti che spetta ad ogni scuola e ad assegnare le cattedre. Quando la legge andrà a regime i dirigenti potranno segnalare gli insegnanti non di cattedra, cioè quelli che andranno a colmare i posti vuoti”.

Questo nuovo potere attribuito ai dirigenti scolastici è stato oggetto di forti critiche da parte di chi teme che il preside si trasformi in una specie di “manager” in grado di far lavorare chi vuole. “Il dirigente non farà il manager per se stesso ma per il bene degli alunni. Finora, anche se un insegnante non era capace, e genitori e colleghi si lamentavano, non potevamo fare niente perché erano le graduatorie a decidere chi avrebbe lavorato e chi no. In questo modo, invece, lavorerà chi è capace. Fare un piacere a un amico per poi ritrovarsi in classe una persona non competente, con tutti i problemi che ne possono derivare, non penso valga la pena”.

La legge affronta più volte la questione della dispersione scolastica, com'è la situazione qui? “E' un fenomeno che riguarda soprattutto le scuole superiori. Noi possiamo parlare di dispersione nel senso di spostamento degli studenti stranieri che frequentano per brevi periodi e che, per seguire i genitori che si spostano in cerca di lavoro, non completano la loro formazione. Nel nostro isc gli studenti stranieri sono il 17-18% del totale, ma in alcune classi delle scuole materne raggiungono il 40%. Il fenomeno di cui parlavo riguarda una minima parte di loro, ma sono comunque situazioni difficili soprattutto per i bambini che spesso, nati e cresciuti qui, soffrono a doversene andare”.

Una delle note dolenti della scuola è la mancanza di insegnanti di sostegno che non sembrano mai essere abbastanza. “Aumentano i casi di bambini che necessitano di un sostegno scolastico e di conseguenza aumenta il bisogno di insegnanti di questo tipo. Qui da noi la situazione più critica è nella scuola d'infanzia dove abbiamo diversi casi 'gravi' e un numero insufficiente di insegnati di sostegno”.

Ancora numeri a guidare l'istituzione che forma i cittadini di domani. “Nella scuola gli interessi sono tanti e alla fine gli alunni sono quelli che contano meno. Sta a noi dirigenti cercare di salvaguardare gli studenti. Il fatto di cambiare ogni anno insegnante può creare disagio, ma può anche essere un vantaggio quando l'insegnante che se ne va non è competente. Ecco, in questo senso la libertà data da questa legge ai dirigente è positiva perché, in caso di situazioni negative, abbiamo la possibilità di aggiustarle un po'”.

Tirando le somme, sarà una “buona scuola” quella che verrà? “Speriamo. La buona scuola la fanno i bravi docenti. In generale la mia valutazione su questa legge è positiva perché ci garantisce quel margine di intervento senza dover ogni volta chiedere a qualcun altro. Le pecche, se ci sono, si vedranno nel tempo”.



IL SAPERE E IL DESTINO DI UN PAESE. LA "CATTIVA SCUOLA" SECONDO MAURIZIO DI COSMO, SEGRETArIO DELLA CGIL FERMO

Ma quella appena iniziata è una buona o una cattiva scuola? Lapidario Maurizio Di Cosmo, segretario della CGIL Fermo: “Per noi è cattiva”. E le sue motivazioni emergono impetuose, con la consapevolezza di chi, questo settore, lo conosce bene.

“Abbiamo notizie dell'esistenza ancora di classi pollaio, c'è un problema di orientamento alla privatizzazione della scuola, soprattutto per questi bonus dati per la frequentazione di scuole private. E poi non ci piace dal punto di vista democratico, della gestione della scuola e del collegamento con la società questo nuovo ruolo dei presidi, che decidono arbitrariamente il destino di tanti insegnanti che, invece, si aspettano di trovare una ragione di vita nel proprio lavoro. Poi c'è la questione della mobilità: nelle Marche faremo il punto tra qualche settimana per capire cosa è successo. Di certo, però, riguardo alle abitudini e allo status lavorativo di persone che hanno messo su famiglia o che si sono create una loro dimensione, pensare di spostarli a centinaia di chilometri non è una bella cosa”.

Bocciati tutti gli elementi contenuti nella riforma: è questo il vostro giudizio? “Secondo noi non daranno risultati apprezzabili dal punto di vista della riqualificazione dell'istruzione in Italia. Restano i problemi e la mancanza di investimenti. Noi ci stiamo dando da fare, ad esempio, per quanto riguarda la ristrutturazione degli edifici con i pochi soldi che i Comuni hanno a disposizione, ma per il resto non c'è assolutamente un cambiamento. C'è una visione dirigistica dell'istruzione che non porterà grandi risultati né a chi ci lavora, insegnanti e personale ATA, né agli studenti e alle loro famiglie”.

E a tutte queste persone che messaggio può arrivare da una rappresentanza sindacale importante come la vostra? “La battaglia per riformare e riqualificare la scuola continua, sui programmi che, ad esempio, la CGIL si è sempre data, perché la scuola è un servizio culturale, sociale ed economico al Paese. Senza l'istruzione l'Italia non può essere in grado di fare grandi passi in avanti. Il sapere è stato sempre e rimarrà sempre determinante per il destino e lo sviluppo di uno Stato”.



A QUATTROCENTO CHILOMETRI DAL SOGNO. POSTO FISSO A DISTANZA, LA STORIA DI UN'INSEGNANTE DEL FERMANO

Un enorme punto interrogativo. Sintetizza così il suo futuro M. C., insegnante di sostegno, tra gli oltre 71 mila precari della scuola che quest'anno hanno presentato domanda per l'assunzione in ruolo. Una novità introdotta dal governo Renzi, che più o meno suona così: ci sono posti per tutti, ma sono sparpagliati un po' in tutta Italia. Dove sarà la tua stabilità, in pratica, lo decide il Ministero dell'Istruzione.

Perché ha presentato domanda? “Perché era l'unica possibilità che avevo per entrare di ruolo velocemente. Non è stata una scelta facile. Ho scritto e cancellato la domanda non so quante volte, ma alla fine mi sono decisa a spedirla. E' stato l'aspetto economico la leva più grande, l'idea di avere uno stipendio tutto l'anno e non solo fino a giugno come succede ai precari. Sono sposata e ho un figlio di nove anni a cui pensare, ho dovuto per forza fare i conti”.

Dove è stata destinata? “A Verona. E pensare che delle 101 province che dovevamo indicare nella domanda, Verona l'avevo messa al trentunesimo posto. Mai avrei pensato di finire lassù. Quest'anno però resto qui nel Fermano. Questo è un anno di prova, un'opportunità data a chi è riuscito ad ottenere una supplenza annuale nella sua provincia. Ma dal prossimo settembre dovrò partire, altrimenti addio ruolo”.

Un anno “cuscinetto”, insomma, per abituarsi all'idea di andarsene. “Nelle province di Fermo e Ascoli, almeno per il sostegno, tranne un paio di casi, siamo tutti riusciti ad evitare la partenza immediata. E' stata una specie di solidarietà tra colleghi che ci ha spinti ad aiutarci l'un l'altro, anche rinunciando ad incarichi di più ore, pur di dare la possibilità a tutti di restare. Il prossimo anno proveremo a chiedere il riavvicinamento, ma se non sarà accettato, dovremo partire”.

Un ricatto o cosa? “Sì, un ricatto. Il ruolo non è un regalo che ci viene fatto, ci spetta di diritto, ma è un diritto che, dopo anni di studio e sacrifici, abbiamo dovuto mercanteggiare. Che qualità di insegnamento offriremo lavorando a centinaia di chilometri da casa, con la testa piena di preoccupazioni e lo stipendio che se ne va via in spese? Ci hanno pensato a questo?”.

Qual è il suo attuale stato d'animo? “Penso ai colleghi con situazioni anche peggiori della mia. Penso a quelli che non hanno fatto domanda per paura di non riuscire a partire. In questo momento non sono padrona della mia vita, il mio destino è in mano ad altri. Ciononostante cerco di non farmi sopraffare dallo sconforto, spero nel riavvicinamento e, se devo guardare il lato positivo, penso che lavorare in una città sia comunque una grande opportunità, un arricchimento professionale straordinario”.

Come vivrà quest'anno? “Sono abbastanza serena. Per ora non voglio pensare a quello che sarà; vivo nel qui ed ora e cerco di fare bene il mio lavoro di ogni giorno. Non nego che la mia famiglia è stata destabilizzata da questa situazione. L'idea di sradicare mio figlio, che è nato e cresciuto qui, dalla sua vita mi preoccupa molto, ma quale sarebbe stata l'alternativa? Continuare a vivere nell'incertezza. Allora preferisco fare questo sacrificio e ottenere una garanzia per il futuro”.



VERSO UNO SPORT PIU' SICURO. RIPARTONO LE ATTIVITA' SPORTIVE, NUOVE REGOLE PER LE ASSOCIAZIONI

di Daniele Maiani

Anche per lo sport, questo è il periodo della ripresa dell'attività, a tutti i livelli: dall'organizzazione a livello nazionale a quella del più piccolo centro sportivo della nostra penisola. E le novità per lo sport italiano sono tante e importanti: si va dall'obbligatorietà di dotare gli impianti di defibrillatori cardiaci e di abilitare almeno due responsabili delle società sportive all'uso degli stessi, alla nuova regolamentazione in termini di compiti della attività delle federazioni e degli enti di promozione sportiva, che fanno capo al Comitato Olimpico Nazionale.

Ma andiamo per ordine: oramai sta per essere operativa la normativa che impone in tutti gli impianti sportivi la presenza di defibrillatori cardiaci. Le società saranno tenute ad acquistarlo se operano fuori da strutture sportive pubbliche; in caso contrario non lo devono acquistare ma devono comunque garantire la presenza di almeno due operatori addestrati e certificati all'uso dello strumento, durante le ore di allenamento.

Quanto all'attività sportiva vera e propria, il CONI sta portando avanti una politica di innovazione adatta a togliere ogni possibile confusione tra l'attività degli enti di promozione sportiva e le federazioni che lavorano sotto la sua egida. La linea di indirizzo non cambierà da quella odierna: alle federazioni spetterà l'organizzazione dell'attività agonistica, mentre gli enti di promozione si occuperanno della diffusione dello sport nella società, avviando all'attività sportiva i giovani o promuovendo lo sport per gli anziani.

Ma si andrà verso una definizione rigida dei ruoli e delle funzioni. Ci sarà una regolamentazione nuova che imporrà un numero minimo di tesserati per creare un'associazione sportiva affiliata; tutti gli istruttori delle varie discipline saranno dotati di un documento che attesterà la loro qualifica tecnica relativamente alla disciplina insegnata, e già in due regioni italiane, Lombardia e Veneto, le società sportive che faranno insegnare persone prive di qualifica tecnica sono passibili di multe che arrivano fino a 10 mila euro.

Insomma, un ricominciare all'insegna del rigore finalizzato alla tutela della salute di chi pratica sport. E questo è un bel ricominciare.

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