Ricostruzione post-sisma, liquidità delle imprese a rischio senza cessione del credito

Emiliano Tomassini

MARCHE - L’evoluzione del quadro normativo delineato dal disegno di legge di Bilancio 2026 impone nuove riflessioni sulle prospettive che attendono il territorio marchigiano e il suo tessuto sociale e imprenditoriale, con particolare attenzione all’area del Cratere sismico.

Il veto, finora limitato a banche e intermediari finanziari, imposto ora dalla Manovra a tutti i soggetti per la compensazione dei crediti di imposta con i debiti previdenziali e contributivi pone imprese e famiglie interessate di fronte a uno scenario decisamente preoccupante. A partire dal 1° luglio 2026, infatti, la compensazione sarà consentita solo per i crediti d’imposta emergenti dalle dichiarazioni annuali, escludendo dunque quelli maturati a seguito dell’acquisizione dei bonus edilizi e di altri incentivi.

La riduzione dell’ambito di compensazione rischia così di rendere inutilizzabili, in tutto o in parte, le rate dei crediti d’imposta relativi ai bonus edilizi, con conseguenti danni economici e finanziari per le imprese.

Alla luce di quanto riportato all’articolo 26 del testo, anche l’efficacia della già annunciata estensione dell’aliquota del 110% nella normativa sul Superbonus anche alle istanze di contributo presentate prima del 30 marzo 2024, sulla quale l’associazione si era espressa positivamente, appare inevitabilmente compromessa. Lo stesso dicasi per gli strumenti messi in campo per sostenere gli investimenti, come i crediti d’imposta Industria 4.0, Transizione 5.0 e ricerca e sviluppo e la cultura come il Tax credit cinema.

Per le CNA di Fermo, Macerata e Ascoli Piceno, rappresentate dai Presidenti Emiliano Tomassini, Simone Giglietti e Arianna Trillini, questa modifica comprometterà la pianificazione finanziaria di migliaia di imprese provocando gravi tensioni di liquidità, in particolare per le imprese del comparto casa che hanno applicato lo sconto in fattura e stanno legittimamente utilizzando i crediti fiscali per compensare i propri debiti contributivi.

Un ulteriore nodo riguarda, infine, le scadenze imposte per il completamento degli interventi. Considerata la mole di interventi ancora da realizzare e la complessità delle pratiche amministrative, è realistico pensare che le oltre 5.000 richieste non potranno essere portate a termine entro il 2026. Sarà dunque indispensabile prevedere, per tempo, un prolungamento dei termini al 2027, in modo da evitare nuove incertezze e garantire la conclusione degli interventi in condizioni sostenibili per imprese e famiglie.

«Nonostante l’apprezzamento espresso per la scelta di estendere il 110% a tutte le pratiche di ricostruzione, indipendentemente dalla data di presentazione, è necessario segnalare che senza strumenti finanziari adeguati questa misura rischia di restare incompiuta - affermano i Presidenti Tomassini, Giglietti e Trillini - La ricostruzione non può procedere a scadenze ravvicinate e senza certezze operative, bensì con una prospettiva stabile e una programmazione che consenta di lavorare con continuità e portare a termine gli interventi».

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