MARCHE - Più ombre che luci per una riforma che, di fatto, terrà in stallo il comparto del turismo balneare da qui al 2027. Quali investimenti, quale idea di impresa potrebbero svilupparsi in un tempo del genere, in cui tutto è sospeso?
“Il termine di settembre 2027 potrebbe sembrare una boccata d’ossigeno, ma parliamoci chiaro: gli eventuali investimenti futuri saranno quelli per l’ordinaria amministrazione, e anche per chi volesse vendere le cose non andrebbero meglio. Non c’è mercato per attività che hanno un futuro limitato”.
Il Presidente del Direttivo CNA di Porto San Giorgio, e imprenditore balneare, Alessandro Quinzi, fa il punto sul decreto di riforma delle concessioni varato dal Consiglio dei Ministri, evidenziando un aspetto chiave: “Le imprese del turismo balneare sono a tutti gli effetti delle aziende, alle quali però viene imposto un termine. In sostanza si agisce senza riconoscerne il valore, soprattutto dal punto di vista dell’avviamento aziendale. Un conto è ricevere indennizzi per gli investimenti non ancora ammortizzati, un altro è riconoscere il valore di un’impresa con una sua storia, cosa che non è affatto prevista”.
Precisa il Direttore CNA Fermo Andrea Caranfa: “Di fronte ad una continuità delle attuali concessioni fino al 30 settembre del 2027, evidenziamo che i criteri previsti per il nuovo assetto non tutelano le imprese al momento attive”.
Caranfa elenca poi i risultati ottenuti attraverso la strenua battaglia di CNA riguardo l’applicazione della temuta direttiva europea: “La categoria ha ottenuto il riconoscimento della capacità tecnico-professionale dei partecipanti alle future gare, destinato ad agevolare le micro e le piccole imprese; la valorizzazione di quanti hanno ricavato la parte prevalente del proprio reddito dall’attività balneare; l’impegno ad assumere i dipendenti impegnati nelle imprese eventualmente oggetto di passaggio della concessione; la determinazione di un numero massimo di concessioni in capo allo stesso offerente al fine di evitare una concentrazione”.
Andrea Caranfa ricorda, infine, come la messa in scacco del turismo balneare avrebbe poi conseguenze sull’economia collegata: “Non dimentichiamo il lavoro che si è fatto sui territori per poter mettere a sistema e integrare i vari tipi di turismi, in favore delle produzioni di eccellenza e delle tipicità; un lavoro che ha permesso di fare incontrare, ad esempio, costa ed entroterra e che potrebbe subìre forti contraccolpi”.