La chiave dell'entroterra? Una gestione integrata della cultura. Intervista a Daniela Tisi, consigliera nazionale Icom

Daniela Tisi

FERMANO - Non esiste una ricetta magica per valorizzare le meraviglie storiche ed artistiche dell'entroterra. Ma, grazie al lavoro portato avanti da professionisti del settore, si è capito come siano “diversi gli ingredienti fondamentali, senza i quali non si può realizzare alcun piatto”. A giocare di metafora culinaria è Daniela Tisi, già direttrice della Rete Museale dei Sibillini, del Museo Civico Archeologico di Monte Rinaldo e del Polo Museale Palazzo Leopardi di Montefortino, oggi consigliere nazionale Icom, per cui sta coordinando un gruppo di lavoro dove confluiscono diversi professionisti. “La tematica è la gestione integrata del patrimonio. Ci occupiamo di reti e sistemi territoriali e per ogni regione abbiamo attivato un'antenna. Dentro ci sono tre figure: un esperto di reti e sistemi, un referente scientifico ed il coordinatore Icom regionale”. Una stimolante progettualità, che si incastra con il suo ruolo di coordinatrice del Sistema museale piceno e, soprattutto, con l'insegnamento universitario.

Torniamo agli ingredienti iniziali. Cosa serve concretamente?

Uno: l'utilizzo di professionisti culturali. Due: attivare e cercare il più possibile di creare una sinergia con tutti, intesa come gestione integrata. Oggi, in tempo di pandemia, siamo anche più disposti alla collaborazione perché siamo stati troppo isolati, aspetto che stiamo notando con forza. C'è mancata la connessione con il resto del mondo e le istituzioni culturali stanno affrontando la loro crisi in assoluto più grave sul fatto della mancata accessibilità. Altro elemento è quello delle connessioni digitali e le relative competenze, al punto da pensare a nuove figure professionali. Inoltre, se tutta l'Amministrazione pubblica si allineasse a questa trasformazione adottando sistemi unici ed un linguaggio comune, sarebbe tutto più facile ed accessibile.”

Dove e come deve cambiare la politica culturale?

Deve essere indirizzata a sviluppare l'entroterra, dotarlo di infrastrutture sia di comunicazione che digitali: rendere i servizi significa favorirne lo sviluppo, quindi anche quello culturale che traina il comparto economico e turistico. L'effetto collaterale di una buona gestione culturale è l'aumento dei turisti, ma non è l'obiettivo principale: questi servizi non nascono per fare numero, ma per creare benessere alla persona. Così rendo il mio territorio vivibile e con un alto livello qualitativo.

Mentre le città più grandi vivono della loro capacità attrattiva, quelle più piccole sembrano continuare ad andare in ordine sparso, perdendo occasioni importanti.

È una percezione reale. Il motivo dello sforzo che sto facendo, così come quello di atenei, enti locali e nazionali, è che una delle proposte per superare queste criticità è proprio la gestione integrata, cioè l'aggregazione culturale. Un'aggregazione non necessariamente fatta da più musei, ma un sistema territoriale dove poi confluiscono istituti culturali in genere, tipo biblioteche, musei, archivi, aree archeologiche e zone di particolare pregio culturale, oltre ad associazioni, privati e musei diocesani. L'idea è di creare una legittimità ponendosi in una gestione che potenzia i servizi, li rende culturalmente più efficienti, ha un ritorno turistico notevole generando contemporaneamente nuova occupazione ed economia di scala. Un piccolo museo, ad esempio, difficilmente può avere le risorse per un direttore.

E che figura deve essere questo direttore?

Deve essere una figura professionale, pagata per quello che fa, non una nomina data per compiacere o regalare un titolo.

La Rete Museale dei Sibillini è stata un'esperienza altamente significativa.

Ha funzionato perché è stata un'esperienza nata dal basso, un progetto voluto non per catturare un finanziamento ma con Comuni che hanno partecipato su una proposta fatta da operatori del settore. Nel 2006 abbiamo fondato con una socia e alcune operatrici una società che si occupava della gestione dei musei dell'entroterra. Ci siamo rese conto di quanto potessero essere valorizzati se gestiti in rete. Dall'idea progettuale alla firma sono passati circa 9 anni e c'è stata una condivisione a livello territoriale forte. Poi i sindaci hanno messo insieme delle risorse e si è potuto fare il primo incarico di direttore, dato a me. Abbiamo redatto dei progetti, intercettato nuove risorse grazie alla redazione di bandi fatti da professionisti che ci hanno permesso di fare: sito internet, efficientamento della sicurezza e dell'accessibilità dei siti museali, un biglietto unico con un sistema di prenotazione elettronico, un'immagine coordinata, la formazione costante degli operatori, un catalogo e anche un opuscolo di offerta culturale didattica.

Ci sono state anche diverse iniziative post sisma.

Immediatamente sono state attivate misure per tutelare questi beni, messi in sicurezza nel museo di Osimo. Abbiamo così avuto la fortuna di vedere tutte insieme queste opere, la fortuna di poterle esporre al piano nobile di Palazzo Campana per la mostra 'Capolavori Sibillini', replicata anche a Milano, che ha ottenuto anche un riconoscimento da parte del presidente Mattarella. Se non fossimo stati in rete i sindaci non avrebbe avuto la possibilità di mettere in sicurezza il patrimonio, oltre quella di redigere le schede dell'Unità di Crisi del Ministero.

Andrea Braconi

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