Governo e terremoto, eppur (non) si muove. Dagli anniversari del 26 e 30 ottobre alle norme che non arrivano

FERMANO - In occasione delle sue ultime uscite pubbliche, il prefetto Vincenza Filippi ha rimarcato l'importanza della memoria, in particolare di quelle date legate a fatti drammatici che hanno segnato un vero e proprio spartiacque. Il riferimento è sempre stato agli eventi sismici che hanno devastato non solo la nostra regione, ma anche altre zone d'Italia nel corso degli ultimi 40 anni. Eventi che se da un lato hanno visto nascere e soprattutto crescere la Protezione Civile, punto di riferimento del sistema nazionale, dall'altro hanno registrato una disarmante lentezza nei rispettivi processi di ricostruzione. E persino a quel modello efficace plasmato dopo il 26 settembre 1997 - quando prima una scossa nella notte di magnitudo 5.7 e poi un'altra di 6.0 poco prima di mezzogiorno piegarono Marche ed Umbria - sono seguite dinamiche e passaggi burocratici che, invece di facilitare la fase post emergenza, hanno complicato procedure e scelte, allungando gravemente le tempistiche. È il caso de L'Aquila, colpita il 6 aprile 2009 e ancora alle prese con gru e cantieri, ma riguarda soprattutto quel centro Italia in parte raso al suolo tra l'agosto e l'ottobre 2016, dove gru e cantieri ancora non si vedono o al massimo si affacciano timidamente.

Eccole, appunto, le date. Ed ecco soprattutto i numeri, a marcare l'inerzia. Il 26 e il 30 ottobre non sono solo trascorsi 3 dolorosi anni; non avremo solo assistito al passaggio di consegne tra 3 commissari straordinari in attesa dell'arrivo del quarto; non avremo solo un nuovo aggiornamento sulla rimozione delle macerie pubbliche (al 30 settembre 2019 solo nel Fermano il totale era di quasi 12 milioni di chilogrammi, di cui il 67% ad Amandola e il resto distribuito tra Montefortino, Smerillo, Santa Vittoria in Matenano e Monsampietro Morico); e non avremo solo il solito balletto di accuse o strette di mano tra sindaci e Regione.

No, alla fine del mese di ottobre saranno trascorse 6 settimane dalla visita (l'ennesima) del presidente del Consiglio Giuseppe Conte nelle zone terremotate. E capiremo se alle tante parole seguiranno quei fatti che sono sì mancati nell'interregno Cinque Stelle - Lega ma che si pretendono, inderogabilmente, dal nuovo esecutivo “giallorosso”. Perché il premier non ha soltanto promesso, ma ha dirottato su di se la responsabilità, evitando di nominare un sottosegretario ad hoc (nonostante le pressioni dai territori, non solo quello marchigiano).

Nel suo attraversare i Sibillini ha persino alzato la posta, parlando di un Progetto Appennino che accanto alla necessaria ricostruzione di abitazioni e strutture ponga le basi per un rilancio economico dell'intera area, già soggetta prima del sisma ad un drammatico spopolamento. Il 26 e il 30 ottobre 2019, quindi, saranno due nuove linee di separazione. E la memoria, anche in quel caso, seguirà la propria traiettoria in base non a selfie o slogan, ma ad atti amministrativi e norme sempre più indispensabili. E non ci saranno più alibi o giustificazioni a reggere un gioco vissuto, per troppo tempo, sulla pelle dei cittadini.

Andrea Braconi

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