Festa di San Francesco di Sales, l'arcivescovo di Fermo, Mons. Rocco Pennacchio incontra la stampa. Tanti gli argomenti trattati

Da sinistra a destra, don Enrico Brancozzi, Don Giordano Trapasso e Mons. Rocco Pennaccio

FERMO - In occasione festa di San Francesco di Sales, patrono dei giornalisti, martedì 24 gennaio L’Arcivescovo di Fermo, S.E. Mons. Rocco Pennacchio, ha incontrato gli operatori della comunicazione presso il Palazzo Arcivescovile.

“Prendiamo spunto dal messaggio del Santo Padre per la giornata delle comunicazioni sociali – spiega Mons. Pennacchio -. Quest’anno il tema è “la verità si fa nella carità”. Compito anche dei giornalisti è rendere un servizio alla verità, evitando le notizie scandalistiche. Qual è il criterio da adottare? Lo stile è carità, la verità è il contenuto. Ciò significa comprendere, capire, evitare strumentalizzazioni. In una parola: essenzialità, l’informatore deve cercare ciò che è essenziale, non infarcendo la notizia di cose che esulano dalla conoscenza del fatto. Occorre separare le opinioni dalla cronaca, quando possibile. Nei miei viaggi all’estero ho notato che fuori dal nostro territorio possiamo leggere di più articoli che informano di un fatto rispetto a quelli che commentano, qui in Italia facciamo più fatica. Quest'anno, poi, ci deve essere un’attenzione particolare alla guerra in Ucraina. Tucidide diceva che quando c'è la guerra vanno in crisi i valori che normalmente guidano la vita sociale delle persone. La prima vittima è la verità. Compito del giornalista è di leggere i fatti in modo più vicino possibile a quello che stanno vivendo le persone, con grande responsabilità”.

La nostra è una società complessa ed essere obiettivi è sempre più difficile. I giovani sono l’anello debole del sistema sociale, fragili e spesso poco seguiti. Come interviene la Chiesa? “Due sono i livelli: capire le loro problematicità e riuscire a parlare con loro – continua l’Arcivescovo -. Per quanto riguarda le problematicità, la Caritas riferisce che a Civitanova il sindaco ha avviato un’interlocuzione stabile con la stessa Caritas e altre realtà giovanili per affrontare il tema delle fragilità che possono sfociare in problemi drammatici, come la droga. Come Chiesa diamo dei segnali, organizzeremo attività che affronteranno situazioni come il bullismo, ma poi dovranno subentrare le istituzioni, noi non abbiamo altri strumenti se non quelli di riuscire ad entrare in contatto con loro ed è già un’operazione difficile. Il covid ha affossato le possibilità comunicative con i giovani, ora la vita formativa nelle parrocchie è in lenta ripresa ma si fa fatica a ritornare ad incontrarsi. Però voglio dire questo: lo scorso venerdì il Duomo era gremito da giovani e adolescenti per ascoltare Don Luigi Maria Epicoco sul tema di Maria. Se si hanno cose sensate da dire, se la relazione è efficace, non fugace, se i giovani vengono affiancati e non giudicati, il dialogo è più facile che avvenga. Dialogare non significa fare per forza gli adolescenti con gli adolescenti, ognuno deve essere se stesso e non bisogna abbassare il livello. L’adulto faccia l’adulto, il vescovo non deve essere l'amico di gioco dei giovani, ognuno deve essere se stesso con le nuove generazioni. Spesso come adulti scimmiottiamo i ragazzi per avvicinarci a loro. Non sono d’accordo.

Ripeto, il nostro compito è quello di essere presenti: la pastorale giovanile della Diocesi non deve solo gestire l'esistente ma deve avere uno sguardo all'esterno, con iniziative di strada, di frontiera, di aggregazione sul posto. Penso ad oratori che aggreghino i ragazzi che normalmente a messa non verrebbero ma che possono essere intercettati nei posti in cui si ritrovano, interessandoli ad una proposta alternativa. Devono trovare accoglienza e soprattutto trovare figure educative che possano stare con loro.

Nuovi spazi dunque? “Come chiesa devo aggregare i giovani per annunciare il vangelo. L’aggregazione non è il fine ma il mezzo. Nasceranno nuovi punti di incontro necessari attraverso la presenza e la testimonianza, per far passare il messaggio evangelicoo. Dove? Non possiamo prescindere dalla zona costiera, se a Civitnova va avanti progetto sulle marginalità si andrà in questa direzione. Altro luogo importante sarà Fermo".

Ci sono le risorse? “Le troviamo, soldi e immobili in collaborazione con le istituzioni”.

Sul punto interviene Don Michele Rogante, presidente del coordinamento degli oratori dell’arcidiocesi di Fermo: “Con l'8x1000 sosteniamo questa realtà, già nel territorio abbiamo circa 30 oratori in rete che sul territorio rispondono e aggregano”.

“Se si interviene sulla fascia preadolescenziale è un investimento, un seme gettato – si inserisce Mons. Pennacchio -. Occorre proporre un cammino formativo, no ad iniziative spot che accendono fuochi pirotecnici ma lasciano l’amaro in bocca. Il tema è la stabilità, investire risorse umane, figure educative degli oratori. La difficoltà, più che trovare spazi, e trovare le persone, ossia coloro che sono disponibili a spendere tempo ed energie per i ragazzi. Ad esempio stanno diminuendo i catechisti, abbiamo bisogno di rinascere perché cè crisi motivazionale".

Il vescovo solleva quindi un altro tema molto importante, la crisi delle vocazioni: “Oggi i preti stanno diminuendo tanto e tra l’altro, per tornare al discorso precedente, non è scontato che ad un prete giovane piaccia stare con i giovani. I giovani ti fanno mettere in discussione ed i sacerdoti (non tutti, ci mancherebbe) fanno fatica a mettersi in discussione. I preti sono sempre di meno in Italia, trend ancor più negativo nelle Marche: abbiamo tre seminaristi a Fermo, 24 nell’intera regione. Non mi aspetto in futuro che questa tendenza venga invertita ma la chiesa deve andare avanti. Importante la figura dei laici, uomini e donne perché non bisogna necessariamente essere preti per essere padri spirituali. Importanti sono la fede e la conoscenza per accompagnare in modo virtuoso la persona che si avvicina. Avremo una chiesa più responsabile in cui anche i laici intervengono e prendono le proprie responsaibilità".

Capitolo terremoto, a che punto è la ricostruzione degli edifici sacri? “E’ arrivata una seconda tranche di finanziamenti con ordinanza del 30 dicembre che ha inserito altre chiese nell'elenco edifici sacri. Nella nostra diocesi abbiamo più di 70 cantieri totali finanziati (nuovi una ventina) per più di 50 milioni di euro. A Fermo interverremo a San Zenone e a San Michele Arcangelo con finanziamenti importanti. Il problema ora è la procedura estremamente farraginosa. I soldi si ottengono facilmente ma se non si avvia il cantiere non possono essere utilizzati e l’iter è davvero complesso. Non siamo stati ancora in grado di partire con i cantieri anche se tutti i progetti sono stati approvati. Speriamo la situazione si sblocchi a breve, il nostro intento è di tenere in piedi anche 10-15 cantieri contemporaneamente, così da terminare i lavori in circa sei, sette anni da quando partirà il primo. La priorità andrà a quelle comunità attualmente senza chiesa, penso a Rapagnano, a Santa Vittoria”.

In ultimo l’arcivescovo annuncia dei cambiamenti nelle posizioni apicali della gerarchia diocesana.

Don Giordano Trapasso prende il posto di Mons. Pietro Orazi quale vicario generale. E’ la persona più vicina al vescovo con le stesse facoltà di quest’ultimo, a parte quelle sacramentali. E' chiamato ad avere una visione di insieme della comunità cristiana e ad interloquire quotidianamente con il vescovo.

Nuovo vicario per la pastorale è don Enrico Brancozzi. Seguirà tutte le situazoni pastorali della diocesi: rapporto con le parrocchie, cammino sinodale...

“Sono giovani (Don Giordano ha 51 anni, don Enrico 48 ndr), ma con tanti anni di ministero alle spalle – conclude Mons. Pennacchio -. Ho imparato a conoscerli e mi fido di loro”.

Alessandro Sabbatini

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