Coordinamento ambientalista del Fermano: "Fermate la vendita del bosco di Monte Cacciù"

FERMO - Nel contesto del balletto di dichiarazioni e controdichiarazioni dei giorni scorsi che ha aggiunto ulteriore confusione intorno all' intenzione della STEAT di vendere le aree di Monte Cacciù e dell'ex stazione di Santa Lucia, il Coordinamento delle Associazioni Ambientaliste del Fermano e il Gruppo Ecologisti del Piceno rinnovano l'assoluta contrarietà per la vendita dell’area di Monte Cacciù e la fortissima preoccupazione per la seconda.

"L'area di Monte Cacciù è stata ceduta dalla Provincia alla Steat per una ricapitalizzazione volta ad agevolare proprio l'accesso al credito, necessario per il rinnovo del parco mezzi e fare fronte a una dipendenza da fondi pubblici non sempre sufficiente e puntuale. Già questo presupposto dovrebbe vincolare la STEAT a non cedere l'area di Monte Cacciù. C'è un dovere di tutela verso un'area proveniente dal socio pubblico più rilevante, che a sua volta l'aveva ricevuta in donazione con finalità specifiche, del tutto incompatibili con una vendita" fanno sapere dal Coordinamento.

"Senza considerare - continua il comunicato -, che il Comune di Fermo e poi la Steat hanno realizzato la piantumazione del bosco, che è oggi adulto e tutelato dalle norme, in particolare dalla Legge forestale Regionale n.6/2005.

L'area è soggetta a diversi vincoli, quello di tutela dei versanti, che prevede l'inedificabilità, che interessa tutto il versante sud verso la Castiglionese e gran parte del versante nord rimboschito.

La parte di sommità di questo secondo versante è interessata dall'ambito di tutela del paesaggio agrario di interesse storico-ambientale, che vieta l'abbattimento delle specie arboree e arbustive, i movimenti terra e qualsiasi alterazione dell'andamento naturale del terreno. Sono poi presenti il rischio frane di moderato e medio livello e il rischio archeologico.

Nell'area è presente un unico edificio in stato fatiscente, l'ex presidente Alessandrini ha puntualizzato che la richiesta di variante presentata durante il suo mandato riguardava il cambio di destinazione solo di questo immobile, richiesta di variante che, stando a quanto contenuto nell'interrogazione del Consigliere Interlenghi, sarebbe stata respinta. A nostro parere una simile variante non potrebbe mai essere accolta perché le limitazioni citate e il valore ambientale dell'area sono incompatibili con un utilizzo turistico, anche di contenuta entità.

Invece la STEAT dovrebbe concordare con il Comune di Fermo le modalità di gestione e di valorizzazione dell'area, favorendo la conoscenza e la fruizione da parte dei cittadini, in particolare delle scolaresche. Facciamo notare la bellezza di tutto quel crinale dal punto di vista panoramico e anche storico, con la presenza della chiesetta della Madonna del Buon Consiglio, proprio all'inizio della strada che sale verso Monte Cacciù e che porta al bosco, la cui edificazione risale ai primi del 1300 e che meriterebbe un'indagine per verificare la presenza dei caratteri originari e un restauro.

A questo si aggiunge il problema dell’area Santa Lucia, su cui ancora oggi non troviamo una risposta ragionevole all'inerzia da parte del Comune di Fermo, che poteva evitare la vendita dell'area, aderendo a una procedura riservata che gli avrebbe permesso, senza concorrenti, di acquisire il tutto a un prezzo ben inferiore a quello che poi la Steat ha pagato, eguagliando un'offerta privata. L'area di Santa Lucia è strategica per il Comune, che ha rinunciato ad esercitare il privilegio di un acquisto agevolato, con un impegno economico non certo pesante. La presenza di una nuova scuola in quella via, che è anche la principale direttrice di accesso dall'interno del territorio, rende preoccupante l'ipotesi che l'area prospiciente possa essere sfruttata da un privato, con nuove volumetrie e cambi di destinazione, che comporterebbero uno stravolgimento della città nel suo versante nord.

Naturalmente ci sta a cuore anche il destino della Steat, ma a parte il fatto che gli oneri dei due mutui in essere si concluderanno a breve, pensiamo sia la Regione che debba fare la sua parte, poiché essa destina al TPL un costo per abitante nettamente inferiore a quello di altre regioni.

Difronte a ciò pensiamo sia profondamente sbagliato e frutto di una prospettiva molto limitata, tentare di risolvere i problemi economici vendendo “i gioielli di famiglia”, che oltre ad avere un grande valore sociale e ambientale, hanno anche un valore spendibile in termini di garanzie e accesso al credito per futuri investimenti.

Oltre alle enormi preoccupazioni di tipo ambientale, non vediamo neanche motivazioni economiche per le paventate vendite e chiediamo fermamente e con forza alla Provincia di Fermo, socio di maggioranza, e al Comune di Fermo, secondo socio, di fare tutto il possibile per fermare la vendita di questi beni preziosissimi, e in particolare al Comune di non considerare neanche lontanamente la possibilità di cambi di destinazione urbanistica che possano ridurre le tutele di quella importantissima area.

Da parte nostra vigileremo costantemente e non rimarremo passivi di fronte ad eventuali sviluppi negativi di questa vicenda".

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