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Restiamo umani

Povera Italia, l'Italia povera...

Si fa un gran parlare di povertà, di assistenza alle fasce più deboli, di ridare dignità a chi tira ancora la carretta anche se anziano, magari malato e con una pensione ridicola. La situazione generale, nei frangenti in cui ci troviamo, non è per nulla rosea, ma “questo è il mare, questo è il vento, e.... dobbiamo alzare la vela e portare al sicuro la barca!”. Gli italiani erano a dire il vero abituati molto bene, c’era una volta il famoso “stellone” che alla fine arrivava a fare i salvataggi e, per riffa o per raffa, le cose si sistemavano. Una volta: adesso il meccanismo si è incriccato e hai voglia ad aspettare lo “stellone”, adesso la faccenda si è fatta ardua e sono cavoli amari per tutti i poveri diavoli. Anni e anni di politica “non politica”, di “affari” legati alla politica, di maneggioni politici, di nullafacenti nullatenenti che hanno scelto la “professione” politica per avidità di vitalizio… Risultato? Un Paese ridotto allo stremo, con una spaventosa forbice tra povertà e ricchezza, tra chi non ha niente o quasi e chi si mangia tutto. E così oggi, di fronte ad uno Stato asmatico e comatoso, gli unici su cui contare per cercare di organizzare un welfare che per lo meno rasenti la decenza sono, come al solito, le persone di buona volontà: il Volontariato e le Associazioni che lo compongono. E qui si entra, a prima vista, nel mondo delle favole e delle cose belle: seppur tra mille difficoltà, quello che si riesce a fare lo si fa bene, tutto funziona sotto la spinta potente che anima questi angeli della generosità che si prodigano senza secondi fini per i più sfortunati e bisognosi. “Mushotoku”, come dicono i Samurai giapponesi, con una locuzione che in italiano suona più o meno come “senza scopo e senza profitto”. In pratica, lo Stato delega una delle sue prerogative-dovere a privati di buon cuore dicendo: “Per favore, arrivate voi gratis dove io non riesco (leggasi: voglio) più ad arrivare”, e i motivi li abbiamo già elencati. Anzi, spesso non te lo chiedono neppure per favore e non ti dicono neppure grazie. Pare la famosa canzone di De Andrè, “Don Raffaè”: “Prima pagina, venti notizie, ventuno ingiustizie e lo Stato che fa? Si costerna, s’indigna, s’impegna, poi getta la spugna con gran dignità…”. Ma quale “dignità”? E rimaniamo nel capo pugilistico per parlare di questo “gettare la spugna”, gesto di resa da parte “dell’angolo” di un pugile che ne ha prese tante che non riesce più nemmeno a capire che è ora di fermarsi: ecco, cari miei, “l’angolo” che getta la spugna è lo Stato con i suoi apparati, e i pugili sul ring siamo noi cittadini che continuiamo ad incassare uppercut finché non andiamo a tappeto. Quindi è ora, penso, di dire almeno un grazie sincero al Volontariato che, finora, nel bene e nel male, ha fatto da supplente di uno Stato carente in innumerevoli situazioni d’emergenza. Ma è altrettanto giusto dire che è ora che apparati dello Stato, oltretutto lautamente pagati per svolgere i compiti ai quali sono preposti, comincino a rimboccarsi le maniche e facciano vedere che esistono e lavorano per il bene di tutti e non solo per se stessi e i “compagnucci di merenda”. A ben vedere, solo in Italia abbiamo la situazione di uno Stato che impiega una larga parte delle sue entrate per pagare una burocrazia mostruosa, che oltretutto non serve a granché se non addirittura a peggiorare le cose con la scusa che non ha soldi per operare. E adesso cominciamo a parlare degli italiani, tutti: quei pensionati che hanno lavorato una vita e che invece di godersi la meritata pensione sono costretti magari a “girarla” alla badante e in parte allo Stato stesso, che non si fa scrupolo di riprendersene una fetta con fior di contributi, e chissenefrega se tanta povera gente non riesce a mettere insieme pranzo e cena. E poi quelli che la pensione non ce l’hanno, ma che comunque tornano utili lo stesso alla politica per le campagne demagogiche contro la povertà. Quindi, sfortunati in vita e sfruttati fino alla morte, fisicamente e moralmente. E allora sarebbe proprio il caso di finirla con la storia dello Stato che dà la paghetta agli sfortunati per garantire un ritorno di immagine elettorale ai politici; è ora di capire che carità e solidarietà non sono sinonimi e che mentre la prima è una azione che viene dalla propria coscienza e quindi non tutti si sentono obbligati a farla (e per questo chi la riceve deve ringraziare umilmente), la seconda è un dovere etico che trascende la individualità e dovrebbe essere propria dei principi di uno Stato civile. Una Nazione che si vanta di essere solidale per scelta e che poi praticamente dimentica i suoi figli più deboli, abbandonandoli a se stessi e sperando che di loro si occupi una qualche non meglio precisata organizzazione umanitaria, non è e non può essere una Nazione considerata civile. Ma fatevene una ragione: nel mondo, di civile, di onesto, di umano oggi è rimasto ben poco.

Daniele Maiani



Centri per l'impiego, quale futuro?

Il decretone avanza. Pubblicato in Gazzetta Ufficiale, introduce il reddito di cittadinanza e la cosiddetta Quota 100 per ciò che riguarda le pensioni. Ora la palla passa al Senato, che dovrà convertirlo in legge. Il vicepremier Di Maio ha annunciato che dal 27 aprile verranno liquidati i primi redditi di cittadinanza e un ruolo fondamentale lo avranno i Centri per l’impiego, destinatari anch’essi di riforma. Tra le novità, figura centrale sarà quella dei navigator, veri e propri tutor che dovranno aiutare i beneficiari nella ricerca di un lavoro, nella riqualificazione professionale e delle opportunità formative. Attualmente si parla di 6mila navigator che saranno assunti da Anpal Servizi, anche se, secondo le proiezioni, le risorse per il prossimo biennio potrebbero bastare solo per 4.500. Si è detto anche di assunzioni da parte delle Regioni. Come stanno le cose? “Le assunzioni — ha detto il Ministro — avverranno con contratto co.co. co per due anni: questo impedirebbe ad Anpal Servizi di “comandarli” alle Regioni” afferma Loretta Bravi, assessore all’Istruzione e al Lavoro della Regione Marche. La Riforma Madia ha eliminato la possibilità per le Pubbliche Amministrazioni di far fronte a specifiche esigenze con contratti di co.co.co., lasciando solo la possibilità di utilizzare contratti di lavoro autonomo. Sempre sui navigator l’Assessore specifica che “Non ci sono state fornite indicazioni su come le Regioni potrebbero utilizzarli, né cenni riferiti al rimborso dei costi. Le persone — si presume — dovranno essere accolte nei centri per l’impiego. Una nuova postazione implica uno spazio fisico a norma, arredi e attrezzature, strumentazione di base e un innalzamento dei costi di gestione: pulizie, allungamento degli orari. Su tutto ciò non abbiamo avuto alcuna informazione o direttiva”. A novembre 2018, a seguito di una rilevazione effettuata in collaborazione con Anpal servizi, è emerso che nelle Marche a fronte di 117.449 disoccupati, gli operatori dei Centri per l’impiego erano solo 322. Il CPI che presentava maggiori criticità, oltre a Civitanova Marche e Ancona, era Fermo. Di che tipo? Quali azioni sono state intraprese? “È vero: abbiamo una carenza di personale assolutamente critica in queste sedi. A fine novembre è stato pubblicato un avviso di mobilità volontaria interna chiedendo 4 unità su Ancona, 4 su Fermo e 2 su Civitanova. Abbiamo ricevuto solo due candidature per quest’ultima sede. Attendiamo ora indicazioni operative per attivare il potenziamento annunciato ripetutamente dal Ministro e previsto dalla legge di Bilancio 2019, comma 258, che prevede, a livello nazionale, l’assunzione a tempo indeterminato di 4mila operatori. Il fabbisogno rilevato da Anpal Servizi per le Marche è di almeno 164 unità» Mentre per ciò che riguarda quota 100, l’assegno del TFR sarà cumulabile con redditi occasionali fino a 5mila euro, non è così per mantenere lo stato di disoccupazione e l’iscrizione nelle liste del Centro per l’impiego, necessaria per richiedere il reddito di cittadinanza. A seguito del Jobs act, anche un solo euro e un solo giorno di lavoro, portano alla cancellazione. Si tratta di una questione già nota alla Regione? Si pensa di affrontarla con il Governo attuale? “Sì è una questione assolutamente a noi nota, già posta all’attenzione del Governo in uno dei primi incontri con il ministro Di Maio. È condivisibile da tutti che un lavoro straordinario ed eccezionale non possa precludere la somministrazione di politiche attive efficaci per un intervento lavorativo stabile. Il gruppo tecnico Conferenza Stato- Regioni sta lavorando per proporre questa modifica normativa al decreto legislativo 150/2015”.

Silvia Ilari



Partire dai servizi per combattere vecchie e nuove povertà

“Con i suoi 31 Comuni, l’Ambito Sociale XIX, che vede capofila il Comune di Fermo, è il primo nelle Marche come numero di Amministrazioni coinvolte e il secondo come numero di abitanti”. La ‘fotografia’ è del coordinatore Alessandro Ranieri, che rimarca con il primo compito di questa aggregazione intercomunale sia quello di “uniformare e favorire le politiche sociali nel territorio”. L’ottica, spiega, è quella di fare una pianificazione ed una gestione unitaria di servizi ed interventi di politiche sociali. Ranieri, entrando nello specifico su cosa lavorate? “Sulla parte dell’accesso ai servizi, lo facciamo sia in maniera centralizzata, sia mantenendolo nei singoli Comuni. C’è poi la parte di valutazione dei fabbisogni, che solitamente i piccoli Comuni fanno a modo proprio non avendo tecnici o assistenti sociali a disposizione. Analizziamo le situazioni per prenderli in carico e queste piccole realtà ci hanno appunto delegato a svolgere questa funzione. L’altro livello è migliorare questo accesso, aumentando l’apporto di tecnici in grado di valutare insieme alla parte sanitaria e, da ultima, andare ad uniformare i servizi stessi, che oggi sono a macchia di leopardo.” E da cosa siete partiti? “Siamo partiti dall’assistenza domiciliare, poi c’è l’educativa scolastica e l’educativa domiciliare, che andremo ad attivare. Stiamo gestendo, inoltre, un nuovo centro diurno per persone con disabilità. Ci occupiamo anche di tutta un’altra serie di aree di intervento: donne vittime di violenza, politiche giovanili, rapporto con il Dipartimento delle dipendenze patologiche, etc. Oggi buona parte dei finanziamenti passano tramite l’Ambito e si decide in forma congiunta come destinarli per attivare i vari servizi.” Che tipo di cambiamento c’è stato in questi ultimi anni? “Sul fronte della povertà abbiamo fatto una marea di interventi. Sono circa 1.200 le richieste, di cui 400 sono in carico ai nostri servizi. Ma con il reddito di cittadinanza si parla di numeri quadruplicati rispetto agli attuali. Attualmente stiamo lavorando sia con il reddito di inclusione sociale sia portando avanti politiche sulla casa ed il supporto all’abitazione. Altra cosa che stiamo diffondendo sono i tirocini di inclusione sociale, per riabituare le fasce svantaggiate al tema lavoro e, quindi, allo stare in un’azienda, al rapportarsi con dei colleghi, all’acquisire nuove competenze.” Questa misura di tipo socio assistenziale può tramutarsi in inserimento lavorativo o in tirocinio formativo? “Sì, attualmente abbiamo 180 tirocini che stiamo gestendo con circa 110 enti convenzionati. Il 14 febbraio al Miti dell’Istituto Montani faremo un convegno perché vogliamo creare il bollino di azienda inclusiva. Racconteremo dal basso questo tipo di esperienze, dopodiché spiegheremo la normativa e consegneremo questo bollino. C’è un nuovo finanziamento, molto importante, che ci porterà quasi a raddoppiare i tirocini. Non ci occuperemo solo di disabilità o di altre graduatorie, ma anche di fasce vulnerabili che dovranno essere certificate. Cerchiamo di attivare più interventi di educativa, soprattutto a domicilio: vogliamo evitare che le situazioni problematiche vengano istituzionalizzate.”

Andrea Braconi



Il paradosso dei migranti: più posti, meno accoglienza

Statistiche alla mano, lo Sprar (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati) è unanimemente riconosciuto anche a livello internazionale come il modello più efficace nell’accoglienza e nell’inclusione dei migranti. Un sistema che lavora non sull’emergenza, ma in maniera strutturata, come ci spiega il coordinatore Alessandro Fulimeni. “Purtroppo con il Decreto Salvini si è voluta colpire questa esperienza positiva. Come a dire: non può esserci la possibilità di lavorare sull’immigrazione se non spostando l’attenzione su questioni di ordine pubblico”. Sono 6 i progetti gestiti (4 nella provincia di Fermo e 2 in quella di Ascoli Piceno), per un totale di 131 tra ragazze e ragazzi, tutti maggiorenni, compresi anche alcuni nuclei monoparentali. “I nostri progetti hanno caratteristiche diverse tra loro, alcuni sono specifici su disagio mentale, tratta, etc.” Dall’entrata in vigore del Decreto cosa sta accadendo? “Non possono più entrare nei nostri progetti né i richiedenti asilo, né i titolari di protezione umanitaria. E questo è particolarmente grave soprattutto nel secondo caso, perché nel momento in cui ricevono il permesso sono costretti ad abbandonare i centri di accoglienza straordinari e si trovano letteralmente in mezzo alla strada, senza la possibilità di passaggio nello Sprar. E siamo quindi nel paradosso che, dopo aver fatto una gara ad ostacoli infinita ed essere riuscita a dimostrare di avere i requisiti per ottenere un titolo di soggiorno in Italia, la persona acquisisce il titolo ma di fatto perde l’accoglienza. Una contraddizione paradossale.” Non è però l’unico paradosso. “A livello nazionale, progressivamente, siccome i richiedenti asilo ed i titolari di protezione umanitaria costituivano circa il 70% delle persone accolte nello Sprar, accade che si stanno liberando posti: quindi, lo Sprar disporrà sempre più di posti che non potrà riempire e invece ci saranno decine di migliaia di persone in mezzo alla strada. A fronte di un sistema che essendo stato potenziato può accogliere 35.800 persone, di fatto non potrà più accogliere la maggioranza di queste persone.” Quali sono gli effetti del Decreto nel territorio fermano? “Sono ancora poco quantificati, ma nei prossimi mesi si vedranno sempre più: come si libereranno i posti potranno essere riempiti solo da rifugiati, da titolari di protezione sussidiaria (che sono veramente pochi in Italia) e dai famosi casi speciali (anche questi molto contenuti numericamente). Quindi, secondo il disegno di Salvini, andremo verso un progressivo ridimensionamento degli Sprar.” Si tratta di un processo irreversibile? “La notizia che abbiamo avuto da pochi giorni è che stanno rimettendo mano ad un decreto per un nuovo bando per gli Sprar. La graduatoria ministeriale non era mai stata formalmente pubblicata, quindi molti Comuni di fatto non hanno potuto attivare questi progetti. Invece, sembra ci sarà lo sblocco della graduatoria per i minori. A questo si unisce anche il fatto che sia stato chiamato anche l’Anci a collaborare: auspico che possiamo mettere un po’ di contenuti in questo decreto, perché se invece verrà prodotto sulla falsariga di quello sui Cas sarà un disastro. Lì, infatti, si sta andando verso un ridimensionamento totale dei servizi e gli stessi Cas di fatto forniranno solo vitto e alloggio, saranno dei pollai dove questa gente non avrà nulla. Spero non facciano altrettanto con gli Sprar, perché significherebbe non lavorare più in maniera dignitosa e per questi ragazzi non poter usufruire di servizi.” Questo farebbe crollare l’efficacia dei progetti che avete attivato in questi anni, su vari fronti. “Lo Sprar è un arricchimento enorme per tutto il territorio, a tutti i livelli. Non solo per l’inserimento socio economico dei ragazzi, dove i risultati sono buoni come autonomia, percorso di vita e formazione professionale, ma anche per tutto quello che riesce a mettere in moto nel territorio, per le risorse che è riuscito ad attivare. È un moltiplicatore di energie e di forze che, insieme, hanno fatto rete ottenendo grandi risultati a livello sociale, culturale e, appunto, economico.”

Andrea Braconi



Sociale, macchina silenziosa ma significativa

Il sostegno da parte delle istituzioni risulta fondamentale soprattutto in momenti coingiunturali di difficoltà crescente, siamo andati a vedere in due Comuni di riferimento della nostra provincia come s’interviene, su quali fasce sensibili e con quali risorse. Quasi 5 milioni le risorse che Fermo spende per il sociale, di cui 2 milioni e 200 mila euro sono a carico del bilancio comunale, mentre 2 milioni e 800 mila euro sono trasferimenti dallo Stato e dalla Regione vincolati per il sociale. Le fasce di riferimento sono: minori, famiglie (con Isee inferiore a 8 mila euro), anziani, disabili. Dal 2015 al 2018 la quota destinata al sociale è aumentata del 5%. Un bilancio stabile che nonostante le difficoltà è riuscito a mantenere la spesa per il sociale, grazie anche alla Regione Marche che negli ultimi anni ha confermato gli stessi trasferimenti degli ultimi 2/3 anni. La quota comunale si è mantenuta sui 2.200.00 euro e questo fa sì che complessivamente la spesa sociale arrivi complessivamente a 4.800.000 euro. La spesa per il sociale, tra trasferimenti vincolati e risorse comunali, si suddivide in: servizi socio assistenziali per minori con una spesa di 1.110.135 euro; servizi educativo scolastici per minori per 867.709 euro; servizi a persone e famiglie a basso reddito per 185.146 euro; servizi per anziani 366.000 euro; servizi per disabili 1.173.626 euro; servizi per soggetti psichiatrici 64.807,00 euro; servizi per tossicodipendenti 52.572 euro. Per un totale di spesa di 3.819.966 euro ai quali si aggiunge la quota di 951.700 euro destinata al Centro Montessori. Da segnalare l’investimento ingente destinato ai minori in comunità di 964.136 euro per 49 ragazzi, numeri raddoppiati rispetto al 2015 quando la spesa si aggirava sui 419.000 euro per 23 minori. Il commento dell’Assessore al Sociale, Mirco Giampieri: “L’amministrazione è fiera dei servizi sociali, per la quale abbiamo mantenuto un occhio di riguardo, anche grazie all’esempio di Calcinaro precedentemente assessore ai servizi sociali. L’unico problema - ha spiegato - è il fatto che negli ultimi 3 anni e mezzo, purtroppo la situazione è peggiorata, con un aumento, rispetto al 2016-17, dal 3 al 5 per cento delle spese per il sociale nel bilancio”. Un grande aiuto è arrivato col REI: “Il reddito d’inclusione - ha chiarito - ci ha aiutato a sostenere diverse famiglie, così abbiamo potuto aiutare altri, come per il SAD, l’assistenza domiciliare degli anziani, così i soldi risparmiati con il REI non sono stati tolti dal bilancio per il sociale ma usati per altri interventi, come ad esempio l’alloggio sociale di convivenza destinato, in particolare, a uomini senza lavoro che non possono permettersi un affitto. Con questo intervento hanno un tetto sopra la testa e modo di riorganizzare la loro vita cercandosi un lavoro. Per chi chiede aiuto nella ricerca del lavoro, a febbraio, attiveremo i tirocini sociali lavorativi, per ora abbiamo risorse per 40 tirocini della durata di 6+6 mesi con un investimento di 180 mila euro”. Per quanto riguarda Porto Sant’Elpidio, capofila dell’ambito sociale che comprende anche Sant’Elpidio a Mare e Monteurano, spese comuni per: assistenza scolastica disabili, centri diurni, assistenza domiciliare, servizio di educativa domiciliare. Alla voce diritti sociali, politiche sociali e famiglia troviamo una spesa di 548.177 euro per interventi per infanzia, minori e asili nido, la spesa per la disabilità è di 2.098.682 euro, gli interventi per anziani sono coperti dalla somma di 85.227 euro, per gli interventi per soggetti a rischio esclusione sociale la somma a disposizione è di 835.229 euro, gli interventi per le famiglie si aggirano sui 29.526 euro, la spesa per la tutela del diritto alla casa è di 25.970 euro, programmazione e governo rete dei servizi sociosanitari e sociali 321.926 euro, cooperazione e associazionismo 85.650 euro. Il totale è di 4.030.390 euro di spesa. Per il settore istruzione e diritto allo studio sono previste le seguenti voci: istruzione prescolastica (scuola materna) 103.183 euro, elementari e medie 292.638 euro, servizi ausiliari all’istruzione (mensa, trasporto e libri di testo) 1.205.848 euro, diritto allo studio 123.109,81 euro, per una spesa totale di 1.724.781 euro.

Serena Murri

Ultima modifica il Martedì, 05 Febbraio 2019 09:22

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