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Donne e lavoro: 894 lavoratrici hanno lasciato il lavoro alla nascita di un figlio. Un dato allarmante

Daniela Barbaresi

MARCHE - Nel 2019 nelle Marche 894 lavoratrici hanno lasciato il lavoro alla nascita di un figlio, (+3,2% rispetto all’anno precedente). E’ quanto emerge dai dati dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro e forniti dalla Cgil Marche, relativi alle dimissioni convalidate presso gli uffici territoriali dell’INL.

“Un dato allarmante anche perché si tratta di numeri in continua crescita da anni” , dichiara Daniela Barbaresi, Segretaria Generale CGIL Marche. Per Barbaresi, “è una scelta alla quale troppe donne sono spesso costrette a causa della mancanza di risposte: dalla rigidità degli orari di lavoro alla mancanza di una adeguata rete di servizi accessibili anche sul piano economico”. Da troppi anni, fa notare la Segretaria generale Cgil Marche, “anziché investire in asili nido si è preferita la strada della monetizzazione dei bisogni che ha portato a bonus di ogni genere. Il fallimento di quelle politiche è sotto gli occhi di tutti e oggi è necessario invertire la rotta per garantire i diritti dei bambini coniugandoli con i diritti dei loro genitori, ma soprattutto quelli delle loro mamme”.

A livello nazionale sono 37 mila le lavoratrici dipendenti che hanno lasciato il lavoro entro i primi tre anni alla nascita di un figlio, segno che ancora oggi conciliare lavoro e maternità è percorso pieno di ostacoli, spesso insormontabili.

Tra le principali ragioni delle dimissioni si segnalano la difficoltà di conciliare l’occupazione con le esigenze di cura dei figli per assenza di una rete parentale di supporto, per il mancato accoglimento al nido cosi come i costi troppo alti di asilo nido e baby sitter. Pesano poi le ragioni legate alle rigidità nelle aziende in cui le lavoratrici erano occupate. Situazioni, peraltro, rese oggi ancor più difficili a causa del il coronavirus. Dati che pongono interrogativi, fra l’altro, se confrontati con il forte declino demografico che pesa sull’Italia e soprattutto sulle Marche.

Conclude Daniela Barbaresi: “Per sostenere la conciliazione tra la propria attività professionale e il lavoro di cura, il cui carico non può e non deve essere sostenuto solo dalle lavoratrici, ma condiviso tra uomini e donne, è necessario un forte investimento nel sistema di welfare a partire dalla scuola per l’infanzia nella fascia 0-6 anni, oltre a una forte azione nei luoghi di lavoro per garantire orari e organizzazione del lavoro che risponda ai bisogni di flessibilità di lavoratrici e lavoratori e non solo delle imprese”.

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