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Dalle Marche al deserto un aiuto per disabili Saharawi: una storia di solidarietà

SERVIGLIANO - “Aspro come la vita, dolce come l’amore, soave come la morte” afferma un detto del deserto, a proposito del tè come ha ricordato il giornalista Amedeo Ricucci, nel suo speciale dedicato al popolo Saharawi, recentemente andato in onda su Raiuno. Proprio lì, nelle terre abitate da questo popolo esiliato dopo che il Sahara occidentale è stato invaso dal Marocco, opera, da oltre 15 anni, un’associazione del Fermano che vede nella presidente Rossana Berini il suo punto di riferimento in Algeria.

Cos’è “Rio De Oro” Onlus? “Si tratta di un’associazione che offre cure mediche e assistenza gratuite ai disabili del popolo profugo Saharawi, in particolare ai bambini. L’associazione ha sede a Macerata, mentre la sede operativa è a Servigliano. Io sono di origine lombarda, in seguito mi sono spostata nelle Marche, a Servigliano per l’appunto. I miei figli vivono ancora in regione”.

Come si è avvicinata alla realtà Saharawi? “Ho sempre voluto fare volontariato. Ho iniziato nel ‘93 con un’altra associazione e nel 99 mi chiamò la Regione Marche per un progetto di accoglienza e mi chiamano chiedendomi se volevo ospitare dei bambini Saharawi, insieme a quelli di Chernobyl, di cui già mi occupavo. Nel 2000 fatto un viaggio per conoscere i campi profughi. A quel punto ho lasciato ciò che facevo perché mi piaceva di più lavorare ‘sul campo’ e da lì è stato un continuo via vai con l’Italia. Il progetto iniziale, attraverso cui ho conosciuto la causa, è stato quello dell’accoglienza estiva”.

Come si svolge? “I bambini vengono una volta all’anno, da giugno a settembre con un permesso ministeriale e sono ospitati a Grottammare”.

Quali sono le problematiche più gravi in cui incorrete come associazione? “Sono quelli legati alla salute, innanzitutto ci sono questioni legate al parto, sindromi genetiche, febbre, encefalopatie, molti legati alla parte neurologica. Hanno poi problemi a livello psicomotorio e motorio”.

Cosa manca nei campi profughi? “Manca soprattutto il poter fornire una diagnosi precoce. Per quanto riguarda i bambini, le problematiche aumentano se non diagnosticate, perché vengono già visitati in un’età critica: magari il bambino che si può recuperare a pochi mesi, massimo a un anno, viene visitato dopo, quando vengono i medici ed è difficile recuperare qualche attività motoria. Inoltre, manca la continuità: iniziano percorsi in Italia che poi nei campi non possono mantenere. Per questo la nostra presenza qui come Rio De Oro, la mia è per garantire che i bambini continuino a fare ciò che facevano in Italia. Inoltre le famiglie sono in accampamento e non tutti hanno la macchina. A volte è difficile arrivare in tempo all'ospedale e non ci sono medici costantemente, accade che il livello di preparazione dell’ostetrica non sia così elevato da poter intervenire in modo tempestivo. Con una ‘Rio De Oro’ del Nord Italia stiamo lavorando per dare loro le giuste conoscenze per evitare questi problemi di asfissia da parto una preparazione alla ostetriche che servirebbe servirà speriamo a evitare questi problemi di asfissia nel parto e quindi vediamo di diminuire perlomeno l'incidenza di questa patologia”.

Tra poco sarà inaugurata ‘Casa Paradiso’ dove alloggeranno 6 bambini affetti da paralisi celebrale infantile. I bambini dell’accoglienza estiva di ritorno dall'Italia vi alloggeranno per uno o due mesi, seguiti da due fisioterapisti Saharawi e dai loro genitori, che si alterneranno a due a due in turni settimanali. Oltre a questo, tanti sono i progetti seguiti da “Rio De Oro”, tra cui “Epilessia nel deserto” a cui, ad ottobre, ha dato il suo apporto una delegazione marchigiana e anche fermana. “Laggiù ci sono diversi casi di epilessia tra i bambini” spiega Mauro Abate, neurologo, uno dei volontari più longevi. “Lì non abbiamo tac, risonanze, laboratori di genetica come immagina, però servirebbe fare diagnosi e dei farmaci. A una persona con epilessia vanno dati dei farmaci e serve una scorta, così come bisogna provarne, quindi servirebbe una commissione che va almeno ogni sei mesi, come accadrebbe in Italia, per monitorare. La prima commissione è stata fatta nel 2008. Fortunatamente ora che c’è internet si riesce a conoscere a comunicare anche non andando fisicamente, oggi andiamo una volta l’anno. Servirebbe un ricambio, soprattutto di tecnici e neurologi, per andare di più, ma non tutti sono disponibili ad accollarsi i costi, prendersi dei giorni di ferie”.

Della squadra di Mauro Abate, fa parte Mary Mattioli di Porto San Giorgio, tecnico di Naurofisiopatologia all’ospedale di Fermo. La ragazza, anni fa, ha anche realizzato un evento benefico in favore dell’associazione a Villa Murri, raccogliendo quattromila euro. “Per anni una casa farmaceutica di Napoli ci ha prestato la macchina per gli encefalogrammi, ora l’abbiamo acquistato, ma per anni siamo andati giù portandocela dietro con tutto ciò che comporta. Eseguiamo elettroencefalogrammi, visite neurologiche e neupsichiatriche. La prima volta ci è stato proposto da Michela Paniccia che è un neurologo di Civitanova. Ho accettato, mio padre è sempre andato in Africa e volevo farlo anche io. Sicuramente è importante raccogliere fondi, ma lo è ancora di più avere più volontari, per permettere più continuità e ricambio. Anche per il viaggio degli operatori sanitari ci sarebbe bisogno di fondi: non è sempre accessibile e facile per tutti pagarsi i costi del viaggio”.

Per dare un contributo e avere altre informazioni si può visitare il sito www.riodeoro.it dove si trovano anche coordinate bancarie e riferimenti postali e visitare la pagina facebook “RIO DE ORO Onlus” sempre aggiornata con i progressi degli assistiti.

Silvia Ilari

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