Di Sergio Soldani Sabina a cinquantasette anni aveva soltanto un vero e penoso rimpianto: era rimasta zitella! Abitava nelle Marche, a Fermo, una delle più importanti Arcidiocesi del Vaticano e forse anche per questo aveva vissuto sempre o quasi nel timore di Dio, soprattutto riguardo ai comportamenti sessuali. Però quindici anni prima era riuscita a fidanzarsi. Era arrivato il gran caldo, un po’ prematuro, non tutti mesi di giugno erano stati così roventi. Lei, ancora in servizio come applicata di segreteria presso il famoso e rinomato Liceo della cittadina marchigiana, aveva un’amica del cuore, Anita, commerciante di abbigliamento che viveva dopo il lavoro, in quei tempi scarseggiante, nella confinante Porto San Giorgio. Sabina nelle sere d’estate era solita imboccare la superstrada con la sua utilitaria per fare visita sul lungomare Gramsci, alla negoziante, là potevano parlare e anche cincischiare degli altri spesso anche oltre la mezzanotte. Quella volta Anita l’aspettò più frizzante che mai, aveva pronte almeno due chiacchiere o notizie sicure di accertate amanterie della zona, una delle quali clamorosa, una facoltosa loro coetanea, la moglie del ricco farmacista Banci, di origine pistoiese, si era, per così dire, fidanzata con un cameriere di Tunisi che si faceva chiamare Arturino, del noto chalet “Le Margherite”. Lei era la figlia del ferraio Lamberti, Rosita. Una volta nell’arieggiata terrazzina, le due poi si scatenarono in pettegolezzi anche paradossali ma che le riempivano di misterioso buonumore.
A un certo momento Anita decise di confessare erroneamente un fatto che riguardava ambedue. Sabina ascoltava: “Ti ricordi bene il tuo fidanzato Achille professore di greco e latino che veniva da Lecco, Achille Clerici? Ebbene io ho fatto l’amore con lui almeno dieci volte, nella maniera più appassionata e scatenata!”.
Dalla fine di quella frase fra le due si scatenò una violenta rissa che le portò a sanguinare entrambe e tirarsi bottiglie, oggetti, compresa una vecchia e voluminosa radio che fracassarono. Date le forti urla animalesche, i vicini colti da paura e preoccupazione intervennero e furono costretti a chiamare la Croce Azzurra che in fretta le trasportò al più vicino pronto soccorso dove attesero sette ore nei corridoi continuandosi ad insultare a vicenda. Infine le ricoverarono, separatamente, per sei giorni, viste anche le fratture di cui erano rimaste vittime.