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Ezio e la sua Barletta

Di Sergio Soldani Ezio se ne stava un po’ malinconico su di una panchina di Piazza Duomo a Barletta. Ricordava quando dieci anni prima aveva scelto di fare un viaggio con i suoi amici Nicola e Piero un po’ più a sud, a Taranto, per una delle allora ancora vive feste dell’Unità. Rammentò anche il suo intervento

su “cosa significasse essere operai nell’inoltrato duemila”. Sempre con un bel po’ di nostalgia aveva ancora viva l’immagine del politico Emiliano che mangiò al suo tavolo delle orecchiette alle cime di rapa e bevve insieme a lui una bella bottiglia di vino rosso, Negroamaro.

Poi pensò al viaggio di ritorno in treno con i suoi compari che fino a Bari giocarono a carte, poi decisero di parlare e discutere animosamente del nuovo idolo del partito ,Walter Veltroni . E conclusero che quel loro Partito non avrebbe mai perse le elezioni in Puglia come nella nazione Italia.

Scesi da quel treno se ne tornarono nelle singole case. Nicola e Piero erano sposati con figli adolescenti, lui invece viveva con la sorella Francesca che lavorava in ospedale perché faceva l’infermiera. Anche lui lavorava nella sanità, anche lui come infermiere psichiatrico a Bisceglie, faceva una vita da pendolare ma i chilometri giornalieri non erano poi troppi da percorrere.

E questa vita la faceva ancora mentre meditava su quella panchina, altri tre anni e sarebbe arrivata la pensione... Ma era triste perché un anno fa aveva vinte le elezioni Giorgia Meloni, la sua grande nemica, la fascista da combattere… inammissibile dittatrice per lui che era un post comunista, ora filoamericano dopo essere stato filosovietico. Ora però alla ricerca di una Cina quasi perduta e da lui tristemente poco conosciuta. Aspettava la catastrofe finale nel caos del suo presunto ideale! Nemmeno i rintocchi delle campane del Duomo della sua amata Barletta lo distolsero dallo scoramento e dai suoi plumbei pensieri.

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