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Fango e parole. Il dissesto idrogeologico, conseguenza di scelte sbagliate e di volontà ben precise

IO ROMPO, TU ACCOMODI, LUI PAGA: IL DISSESTO IDROGEOLOGICO NELLA SOCIETA' DELLE PAROLE E DEI PROCLAMI

di Daniele Maiani

Certo che noi uomini ne abbiamo di coraggio a paragonarci agli animali e ritenerci superiori! Il delfino è intelligente, ma noi..., il cavallo è bello ma noi..., la scimmia è furba ma noi...! Ma noi che? Il delfino, il cavallo, la scimmia e compagnia cantando non distruggono artatamente nemmeno un filino del loro habitat, prendono il cibo che serve loro e niente di più. Vivono in simbiosi con l'ambiente, ne fanno parte non cercano di piegarlo ai loro voleri. Forse perché non hanno la coscienza di essere intelligenti come l'uomo.

Bella cosa la coscienza, eh? Quella vocina che da piccolino ti dice insistentemente che alcune cose non le devi fare, e tu le dai retta, fino a che non cresci, bene educato dalla tua famiglia, e dopo aver dato un rapido saluto alla vocina mandandola in un tour eroticosentimentale, la sopprimi come Pinocchio col Grillo Parlante, e cominci a comportarti da uomo non guardando in faccia nessuno se non il tuo interesse.

Questa educazione allo “spianare” chi ci ostacola, invero, è una delle pochissime cose brutte che ci ha trasmesso la cultura dell'antica Grecia. Loro erano i fautori della “guerra scommessa”: un esercito di fronte all'altro, chi rimane in piedi vince tutto. E così noi dopo duemila anni cerchiamo di “spianare” chi ci ostacola nei nostri piani di espansione megalomani: la natura. Avversario duretto invero, anche un tantinello vendicativo, che se la prende subito se fai qualche cosa di storto, ma si sa l'uomo è intelligente e ne inventa sempre una più del diavolo, essere peraltro con cui spesso condivide l'attributo delle corna.

E in questa gara a chi ne prende di più l'ultima tappa sono le etichette che l'uomo ha inventato per far vedere che il problema degli oltraggi alla natura è serio e bisogna risolverlo. Di cosa si tratta? Semplice: si combina un disastro di quelli con la D grande, poi a gran voce si dice “NO e che cavolo” e gli si appioppa l'etichetta di “dissesto idrogeologico” come se la natura potesse capire e la si potesse prendere per i fondelli.

Dicono alcuni che avere coscienza del problema è per metà averlo risolto, perché lo controlli se lo sai. Come dire: ho coscienza che ho fame ma non ho i soldi per il cibo; invero non ho risolto niente, la fame rimane; posso solo ripromettermi di iniziare a muovermi per avere dei soldi in tasca.

Il “dissesto idrogeologico” è esattamente questo: il risultato della società delle parole e dei proclami, di quelle persone che distruggono per guadagnare e non vengono toccate, di quegli altri che per riparare quello che gli altri hanno distrutto ci guadagnano sopra e riparano male, e di quelli che si incazzano per tutto questo ma devono stare zitti e pagare le spese dei primi due. Tutto questo perché viviamo in un mondo dove la libertà non è una sola ma ha diverse gradazioni. Sfumature di libertà, su Rieducational Channel!



VARIANTE DEL FERRO, LA STRADA DELLA DISCORDIA. IL COMUNE PROMETTE UN INTERVENTO RISOLUTIVO ENTRO IL PROSSIMO ANNO

di Francesca Pasquali

Quando si dice fare il passo più lungo della gamba. Fermo, Variante alla Strada del Ferro – meglio conosciuta come “il Ferro” – arteria fondamentale per la città, che ha alleggerito di molto il traffico, soprattutto pesante, da e per la costa, ma che, dalla sua inaugurazione (era il maggio 2009) viene ricordata soprattutto per le colate di fango che, ad ogni acquazzone un po' più consistente, non fanno mancare la loro presenza sulle corsie, inducendo le amministrazioni di turno a chiuderle.

Progetto sbagliato? Lavori malfatti? Inaugurazione affrettata? Niente di tutto questo, secondo il Comune. Colpa del terreno, piuttosto: quel misto di sabbia e argilla che prima assorbe con facilità le precipitazioni, per poi respingerle, creando smottamenti. E colpa dei soldi, sufficienti per sbancare una collina, costruirci una strada a quattro corsie (in origine ne erano previste otto) e inaugurarla, ma non abbastanza per realizzare quelle opere complementari che ne avrebbero garantito la sicurezza.

Pioggia dopo pioggia, smottamento dopo smottamento (ultimo in ordine di tempo il nubifragio che si è abbattuto sul Fermano il marzo scorso, con vari allagamenti lungo la strada e la corsia in salita rimasta chiusa per sei mesi), intervento tampone dopo intervento tampone, arriviamo ad oggi. Secondo punto dei cinquanta del programma elettorale dell'allora candidato sindaco Calcinaro, su una soluzione definitiva della questione “Variante del Fermo”, l'attuale amministrazione sembra puntare molto. “Abbiamo inserito la stabilizzazione del versante stradale nel Piano delle opere pubbliche di quest'anno”, spiega l'assessore ai Lavori Pubblici Ingrid Luciani. “Il primo passo sarà il progetto, che vorremmo realizzare insieme al Genio Civile della Provincia, visto che la strada serve buona parte del territorio”.

Ad entrare nel dettaglio è il dirigente del settore Lavori Pubblici Alessandro Paccapelo. “Saranno eseguiti – dice – lavori di consolidamento strutturale nella parte centrale del versante di valle. Si inseriranno nel terreno dei pali di cemento armato in modo da creare una paratia. Le parti dove si verificano gli smottamenti, sia a valle che a monte, saranno trattate con tecniche di ingegneria naturalistica (palizzate e reti) che consentiranno di ripristinare una condizione di sicurezza”.

“I problemi di questa strada – continua – non riguardano il progetto o il tracciato o la zona dove è stata costruita, ma il fatto che, a volte, certi interventi creano dissesti legati a movimenti locali del terreno. Gli smottamenti sulla carreggiata rendono pericoloso il tratto e necessaria la chiusura. Gli interventi che andremo a realizzare risolveranno il problema”.

Mezzo milione di euro la cifra stimata per realizzare i lavori. Di questi, 20 mila saranno necessari per il progetto. “Con il progetto in mano – fa sapere l'assessore Luciani – andremo alla ricerca di finanziamenti. Come Comune potremmo accendere un mutuo, ma trattandosi di una situazione di dissesto idrogeologico, proveremo a rientrare in qualcuno dei finanziamenti erogati dal Ministero dell'Ambiente e, ovviamente, chiederemo anche l'aiuto della Regione. Tenteremo tutti i canali possibili visto che l'impegno previsto è notevole”.

Quanto ai tempi – soldi permettendo – non dovrebbero essere lunghissimi. “Il progetto – conclude l'assessore – sarà pronto entro qualche mese. I lavori conterei di farli partire entro l'estate del prossimo anno. Quattro o cinque mesi dovrebbero essere sufficienti per realizzarli. Intanto, continuiamo con gli interventi di pulizia dei fossi per favorire il più possibile il drenaggio dell'acqua piovana”.



IL CIRCUITO PERVERSO DELL'EMERGENZA. MARINANGELI E L'IMPORTANZA DELLA PROGRAMMAZIONE DEL TERRITORIO

di Andrea Braconi

Minori sono le manutenzioni, maggiori sono le probabilità di dissesto. Non nasconde la propria preoccupazione il consigliere provinciale e sindaco di Amandola Adolfo Marinangeli, già assessore nella Giunta Cesetti con delega alla Protezione Civile, incarico mantenuto anche in questa nuova fase dell'ente. “E' allarmante, anzi, pazzesco, che un territorio così fragile come il nostro, come abbiamo potuto verificare negli ultimi periodi, non abbia fondi per evitare il dissesto idrogeologico. Sono state fatte poche manutenzioni e gli interventi, al di là di quelli per le emergenze recenti, sono stati fatti troppi anni fa”.

Quali sono le vere urgenze? “Innanzitutto, i fiumi e la verifica degli argini, sistemati con i fondi per l'alluvione del 2011, adesso rifinanziata con 800.000 dalla Regione per un consolidamento. Poi c'è tutto un reticolo minore dove, da decine di anni, non si fa nulla. Altra mole di lavoro enorme sono le frane e gli smottamenti”.

Nonostante i proclami, dall'agenda nazionale la messa in sicurezza dei territori sembra sempre essere marginale, se non addirittura scomparsa. “Certo! Una messa in sicurezza che costerebbe dieci volte meno rispetto alla fase emergenziale!”.

Nell'immediato questo comporta anche ripercussioni in termini di viabilità, un aspetto non secondario soprattutto in alcune zone. “Oltre alla sicurezza delle persone, c'è anche quella delle infrastrutture, viarie in particolare. Se aspettiamo che l'erosione faccia crollare un ponte, poi succede come a Rubbianello. Se invece facciamo un intervento minimale di protezione, con molto meno si garantisce la stabilità e soprattutto la sicurezza delle cose e delle persone”.

Oltre ai fondi, cardine per qualsiasi ipotesi di intervento, cosa chiede oggi un amministratore pubblico? “L'efficienza e la velocità nell'organizzazione. Poi a noi spetta l'efficienza e la velocità nel fare progetti e nello spendere queste risorse. Noi siamo carenti come Amministrazioni di parchi progetti adeguati. La critica che mi faccio, che ci facciamo tutti, è di seguire troppo l'emergenza e di non guardare al futuro con una programmazione, che ci obbligherebbe a fare i progetti fin d'ora, valutare le criticità e iniziare a chiedere i fondi necessari. Ma visto che come sindaci e rappresentanti della Provincia siamo impegnati ad inseguire le emergenze, non riusciamo a fare tutto questo. Sarebbe importante fermare questo circuito perverso, mettersi a fare programmazione e avere il tempo per progettare”.



ALLUVIONE, CINQUE ANNI DOPO. IL COMITATO 2 MARZO FA IL PUNTO SUGLI AIUTI ALLE AZIENDE

di Francesca Pasquali

Una notte che non si dimentica facilmente quella del 2 marzo 2011. In poche ore, dal cielo, è venuta giù un'enorme quantità d'acqua. Nelle Marche, il Fermano è stato il territorio più martoriato, con l'esondazione dell'Ete Morto che ha travolto un'auto e provocato due morti. La pioggia battente ha allagato scantinati e piani terra di case e fabbriche, distruggendo macchinari e la vita di molti abitanti di Casette d'Ete. Agli interventi tempestivi di Protezione Civile e volontari, non ha però fatto seguito un altrettanto tempestivo, quanto necessario, intervento delle istituzioni.

Le aziende colpite si sono riunite in un comitato che dal 2011 cerca di far valere i propri diritti. A quasi cinque anni di distanza da quell'alluvione, qual è la situazione? “Dopo anni di silenzio – dice Giuseppe Colantonio, portavoce del comitato Aziende alluvionate 2 marzo 2011 – nel 2014, su proposta del senatore Francesco Verducci, sono stati stanziati 23 milioni di euro, da elargire in tre anni, per far fronte ai danni dell'alluvione. Tolti i rimborsi agli enti pubblici per i lavori eseguiti, ad aziende e privati sono rimasti poco più di due milioni. Per ripartire questa somma la Regione ha promulgato un bando. Le domande, raccolte dagli uffici dei Comuni, sono state controllate; è stata stilata la graduatoria ed è iniziata la liquidazione”.

Già alla consegna delle domande, però, sono iniziati i problemi. “Sono stati fatti degli accertamenti – spiega Colantonio – e molte domande che erano state accolte, a seguito delle proteste di chi era rimasto fuori, sono state escluse per difformità dalla graduatoria, che è stata riaperta a scalare”.

In discussione anche i criteri necessari per formare la graduatoria. “Uno – dice il portavoce del comitato – stabiliva che, a parità di danno, l'immobile con più abitanti superava in graduatoria quello con meno abitanti. Altro problema che hanno avuto le nostre aziende è stata la mancata dichiarazione di inagibilità da parte del Comune, requisito necessario per accedere ai contributi. Lo stato degli immobili era sotto gli occhi di tutti, ma la Regione non ha sentito ragioni”.

Delle circa venti aziende rappresentate dal comitato, solo due o tre hanno avuto accesso ai fondi statali. E come nella migliore tradizione, al danno si aggiunge la beffa. Perché la legge regionale che aveva stabilito l'aumento dell'accisa sulla benzina, permettendo all'ente di accantonare quasi tre milioni di euro, è stata dichiarata incostituzionale. Il gruzzolo messo da parte per aiutare gli alluvionati è finito così nelle casse dello Stato. Arriviamo a quest'anno, quando, ancora sotto l'impulso di Verducci, il Governo stanzia altri fondi: 1 milione 300 mila euro, stavolta solo per le aziende, con un contributo massimo di 50 mila euro a richiesta.

“I termini per presentare la richiesta di contributo sono scaduti a maggio”, dice Colantonio. “Ormai sono trascorsi anche i tempi tecnici per l'istruttoria ed i controlli del caso, ma la graduatoria non è ancora stata resa nota. Questa è la nostra ultima possibilità. In questi anni diverse aziende hanno chiuso perché non hanno avuto la forza di rimettersi in gioco. Le istituzioni non ci hanno dato alcun tipo di aiuto. Alcuni politici locali hanno mostrato un'assoluta mancanza di sensibilità, mentre altri si sono spesi molto per la nostra causa. Gli abitanti di Casette hanno avuto l'aiuto di Della Valle, i privati, però, non le aziende. Se, invece che a Casette, il disastro fosse avvenuto da un'altra parte, gli alluvionati non avrebbero avuto neanche quello”. Perché, anche nella disgrazia, ci vuole fortuna.



LA VERA INFRASTRUTTURA UTILE E' LA MESSA IN SICUREZZA. L'ANALISI DI FRANCESCA PULCINI, NEO PRESIDENTE DI LEGAMBIENTE MARCHE

di Andrea Braconi

Al centro del 10° congresso regionale, tenutosi lo scorso 8 novembre a Sirolo, Legambiente Marche ha posto la questione della messa in sicurezza del territorio. Perché, come rimarca la neo presidente Francesca Pulcini, è proprio questa la vera infrastruttura utile alla nostra regione. “Se non facciamo un piano che parta dalla sensibilizzazione e dal coinvolgimento dei cittadini è complicato fare qualsiasi altra cosa”.

E' un problema che, purtroppo, tocca tutto il Paese. “Come è delicato il nostro territorio, lo è il resto del Paese: bastano le immagini recenti della Calabria. Il territorio marchigiano è quasi completamente a rischio, c'è una fragilità estrema a cui si unisce anche quella della costa con il fenomeno dell'erosione. Le cause vanno ricercate nel presidio inferiore delle aree interne, con l'abbandono che sta portando ad una non gestione; nei cambiamenti climatici che ci hanno abituato a piogge meno frequenti ma più intense; ad un livello di urbanizzazione che sulla costa raggiunge il 60%. Mettendo tutto questo insieme abbiamo praticamente una bomba ad orologeria sempre con noi”.

Ed in tutto questo i fiumi sono la parte più delicata. “Uno strumento che stiamo promuovendo da tempo e che ci permette di ragionare in maniera diversa è il contratto di fiume, un'esperienza nata in Francia negli anni '80 e recepita in Italia soprattutto in Piemonte e Lombardia. Si tratta di un tavolo fortemente partecipato, dove tutti i soggetti (istituzioni, forze sociali, associazioni ambientaliste, operatori turisti, tecnici) iniziano ad analizzare e a guardare con occhi critici e propositivi la questione. Pensiamo, ad esempio, all'escavazione nei fiumi: poco tempo fa Sciapichetti, l'attuale assessore regionale all'Ambiente, ci diceva che sui corsi d'acqua noi ambientalisti ci siamo fortemente opposti e che veniamo visti come quelli che non vogliono far fare gli interventi.

Ma il nostro no era netto e chiaro: abbiamo avversato un'illogicità dell'operazione, perché gli interventi possono essere fatti ma dove viene tolto dall'altra parte va compensato. Se la costa è in erosione è perché i fiumi non apportano più materiale litoide e nel Fermano ricordate molto bene i ripascimenti milionari, che non hanno portato alcun beneficio e non sono durati più di una mareggiata. Aggiungo che la scorsa Giunta regionale ha approvato l'adesione delle Marche alla carta nazionale dei contratti di fiume e che questo percorso è stato avviato sul Misa, poi Jesi, un altro si sta strutturando nel Pesarese, l'Aso vuole partire. Si tratta di un'esperienza che permette anche di attrarre fondi comunitari per la gestione delle aree interne”.

“Sì, ma nonostante i fatti di cronaca quotidiana, la sensibilità ancora non cresce come dovrebbe e siamo ancora a progettazioni che sfiorano l'incredibile. C'è ancora molto da lavorare su questo fronte e non si può dare nulla per scontato”. La messa in sicurezza, ovviamente, non può prescindere da programmazione e risorse. “A livello regionale ci è stato detto dall'Assessore che ci sono solo 500.000 euro, quindi, nei fatti il portafogli non c'è. La reale prevenzione che vediamo è attivata attraverso un Consorzio di Bonifica con una veste nuova di soggetto unico, Consorzio che sta facendo incontri per raccontare la propria missione, l'idea di gestione della risorsa idrica e l'attenzione agli interventi da portare avanti. E' un organo che nasce con l'obiettivo per ridurre il più possibile il rischio, mettendosi in contatto diretto con il territorio e con i cittadini”.

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