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Confindustria Centro Adriatico: "Il distretto calzaturiero deve reagire compatto"

FERMANO - “In tempo di guerra c’è una sola cosa fondamentale: il muoversi compatti. Questo vale ancora di più in vista del rilancio dell’economia, delle famigerate riaperture, per chi oggi è chiuso. Ma deve essere un movimento compatto e comune, altrimenti c’è chi resterà indietro e non sarà più recuperato”. È chiaro Valentino Fenni, presidente della sezione calzature di Confindustria Centro Adriatico, questo è il momento di affrontare il futuro con una visione da distretto. “Per questo serve anche il supporto dei nostri politici, in Parlamento come in Regione, che devono portare avanti le nostre istanze, perché le nostre aziende lavorano in Italia, danno lavoro in Italia e pagano le tasse in Italia”.

L’obiettivo comune è tornare a produrre. “Ma su questo siamo nelle mani della sanità, degli scienziati. Nessuno vuole mettere a rischio il proprio personale. Noi siamo certi di poter garantire sicurezza interna, come richiesto dal Governo. E spero sia una boutade il fatto che si facciano ripartire alcune regioni rispetto ad altre, perché sarebbe solo una caccia al cliente dell’altro, ancora di più nella manifattura”.

Assocalzaturifici ha avanzato dieci richieste, Fenni ne riprende subito tre: “La prima è l’allungamento dei prestiti. Sei anni sono pochi, ne servono dieci. Dobbiamo tenere conto che in questo momento le risorse servono per sopravvivere e poi per ripartire. Il quadro mondiale è pesante, i negozi chiusi in tutto il mondo non fanno pensare a una rapida ripresa economica. La seconda è quella dell’abbassamento del cuneo fiscale: questa sarebbe una politica intelligente per favorire impresa e lavoratore. Piuttosto che ragionare su prolungamenti della cassa integrazione io preferirei l’abbassamento del costo del lavoro. La terza è la cancellazione di tutti gli oneri fiscali contributivi almeno fino a settembre”.

Il distretto fermano però ha delle caratteristiche uniche rispetto al resto del Paese: “È composto da tante piccole imprese, alcune piccolissime. Bisogna fare attenzione a ragionare solo per i grandi. Dobbiamo assolutamente tutelare la filiera, che nelle Marche è cruciale. La liquidità di cui tutti parlano deve partire da qui: pagamenti certi a ogni livello. Non possiamo permetterci che chiuda il piccolo fornitore, altrimenti avremo una catena spezzata. Questo è un appello a ogni componente: rispettare gli impegni, magari a fronte di accordi tra le parti. Gli insoluti sono una minaccia reale, le banche devono aiutare tutto il sistema in maniera concreta, non possiamo rischiare che la criminalità si insinui nel nostro territorio come può accadere quando la crisi economica diventa ingestibile”.

Sull’eventuale prolungamento della chiusura dal 14 aprile al 3 maggio, il presidente dei calzaturieri conclude: “Il problema di un allungamento della chiusura è che potremmo avere problemi a preparare perfino il prossimo campionario. Almeno ci facciano riaprire i reparti essenziali come modelleria e amministrazione. E poi ci permettano, per chi ha magazzini pieni, di far partire la merce. Invece la burocrazia frena tutto. Se viene chiesto a noi imprenditori il sacrificio ulteriore, almeno il Governo lavori su una modifica delle regole amministrative fatte di carte e di poche agevolazioni. Un esempio? La cassa integrazione che ancora non è stata pagata ai nostri dipendenti. Il Governo aveva promesso tempi brevi e invece nulla. Il rischio è che poi le persone invadano i servizi sociali dei Comuni. Servono risposte certe e rapide anche per le imprese. Pensiamo alle pratiche in banca, non si possono aspettare due o tre mesi per le istruttorie: i soldi devono arrivare ora, non quando avremo già chiuso”.

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