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CNA, la ricetta per un territorio in crisi

FERMANO - Dalla CNA, punto di osservazione privilegiato sullo stato di salute della piccola e media impresa, arriva un quadro preciso e non edificante del momento che il Fermano sta attraversando, tra rimpianti per le occasioni perse e futuro a tinte incerte. L'associazione di categoria fornisce sostegno alle imprese attraverso digitalizzazione, formazione e innovazione. Questi sono i servizi che CNA è in grado di fornire ai 1700 gli associati, con sei sedi (Fermo, Porto San Giorgio, Porto Sant'Elpidio, Sant'Elpidio a Mare, Amandola, Valmir) e la Sala Formazione a Fermo che punta a preparare professionalità con le quali colmare il gap tra offerta e domanda di lavoro. Il direttore di CNA, Alessandro Migliore, ci spiega: “Come si può immaginare, lo stato di salute delle imprese non è buono. Questo è un territorio composto all'80% da imprese del calzaturiero che stanno soffrendo, inoltre vengono coinvolte anche aziende collegate direttamente o indirettamente alla calzatura e ciò determina un impoverimento di tutto il territorio, con la stragrande maggioranza di piccole imprese che da sole faticano a raggiungere un grado di sviluppo sufficiente a superare la crisi”.

Bisogna tenere conto del fatto che se nel 2009 le imprese attive erano 20280, nel 2017 erano 18808 con una perdita di 1682 unità. Non basta: al 30 settembre 2018 si registrano 321 unità perse rispetto all’anno prima. Un dato che fa riflettere, la diminuzione più accentuata si è vista nell'ultimo anno e mezzo. L'economia del Fermano, al di là della crisi e del post terremoto, non brilla. La piccola impresa ha maggiore difficoltà a rispondere alla crisi rispetto ad un'impresa più strutturata. Cosa s'intende per competitività? “Diversificazione, innovazione, analisi, consulenza, riorganizzazione dei processi, internazionalizzazione, formazione specialistica di settore. Il tutto deve essere connesso al collocamento lavorativo dei soggetti formati e all'evoluzione tecnologica dell'intero comparto, perché l'interazione tra Pubbliche Amministrazioni e aziende private, associazioni di categoria, noi la facciamo ma siamo parte di un ingranaggio. Mentre, per esempio, nel Brenta c'è la visione del distretto, qui siamo lontani anni luce. Occorre interazione tra soggetti”.

Cosa si sarebbe potuto fare di più e meglio? «Il Fermano ha sprecato le sue occasioni, all'epoca di SCAM, Tecnomarche, Cosif, perdendosi nella gestione e nell'organizzazione, sono mancate la struttura portante e le professionalità adatte al loro interno”. Altre chances? “Una di queste può essere il Tavolo provinciale competitività e sviluppo ma deve essere coordinato, dall'Università ad esempio. E' servito a riunire forze sindacali e associazioni di categoria, per parlare ad una sola voce e a far riconoscere l'area di crisi e area montana del fermano”.

Quali sono le richieste della piccola e media impresa? “Serve un sostegno per abbassare il costo del lavoro. Le condizioni di banche e credito sono fondamentali. La concessione di prestiti aziendali con meno di 20 addetti credito è stato ridotto del 7% rispetto all'anno precedente. Le piccole imprese hanno bisogno di liquidità e se non riesci a reinventarti ti arrendi. Con la contrazione del credito, ecco che Fermo scivola all'81° posto su 111”.

C'è un settore in crescita? “Il turismo sta diventando un settore strategico per il Fermano e, anche se la manifattura traina, non esiste manifattura da promuovere nel mondo senza turismo. Le attività turistiche, intese come ricettività, sono passate da 939 nel 2009 a 1133 nel 2018, a dimostrazione che è l'unico settore in crescita. Però dobbiamo saper accogliere, predisporre collegamenti tipo i treni ad alta velocità, autostrada a 3 corsie, collegamenti diretti alle aree montane attualmente inesistenti. Bisogna essere pronti ad un mondo che cambia velocemente”.

Serena Murri

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