MONTE VIDON CORRADO - Sabato 19 luglio alle ore 21, presso il terrazzo panoramico di Monte Vidon Corrado si inaugura la mostra "Quel lontano mar, quei monti azzurri", il paesaggio di Osvaldo Licini e Tullio Pericoli, a cura di Nunzio Giustozzi e Daniela Simoni.
Per tutto l’arco della loro parabola creativa due dei più noti artisti marchigiani, Osvaldo Licini e Tullio Pericoli, hanno dipinto il paesaggio, proiettandovi il proprio sentire, sperimentando diverse modalità stilistiche, mantenendo una forte e personalissima cifra identitaria.
La mostra, organizzata dal Comune di Monte Vidon Corrado in collaborazione con il Centro Studi Osvaldo Licini, con il contributo della Regione Marche e della Fondazione Cassa di Risparmio di Fermo, accoglie fino al 9 novembre, negli spazi liciniani del Centro Studi e della Casa Museo un cospicuo numero di dipinti e disegni dei due maestri in dialogo, per comprendere cosa nel paesaggio i due pittori abbiano sempre cercato e parallelamente trovato.
In un articolo per le pagine culturali dell’“Unità” del 1994 Pericoli, recensendo la mostra di Licini al Palazzo Reale di Milano, scriveva di avere in comune con l’artista “l’origine marchigiana e l’amore per il nostro paesaggio. Un paesaggio che mi piacerebbe dipingere magari ripartendo proprio da lui.”
Oltre all’indubbia suggestione che suscita sul piano naturalistico, il paesaggio marchigiano ha in sé un’aura fortemente evocativa, è intriso dello sguardo dei grandi che nei secoli ne hanno subito la fascinazione, Giacomo Leopardi, Osvaldo Licini, Tullio Pericoli.
Il paesaggio è tema dominante nell’arte di Osvaldo Licini (Monte Vidon Corrado,1894-1958), fin dagli esordi: rappresenta per lui l’aspetto della realtà che più innesca il processo creativo, una sorta di diaframma tra visione ed elaborazione interiore su cui proiettare riflessioni, fascinazioni, evocazioni artistiche, suggestioni letterarie, intuizioni filosofiche. L’arte di Licini si sostanzia della suggestione del suo paesaggio, così simile a quello leopardiano.
Nei dipinti degli anni venti il paesaggio è uno dei generi più frequenti: le sinuose colline fermane, le pezzature agricole sovrastate dall’azzurro del cielo, la pura geometria delle case coloniche sono rese attraverso un’elaborazione interiore e una resa pittorica influenzata della lezione di Cézanne, Van Gogh, Matisse. Negli anni trenta la levità che già era emersa nei paesaggi del decennio precedente, la linea obliqua delle colline, l’essenzialità cromatica vengono sublimate in forme geometriche astratte, nate dal sentimento, liriche.
Le enigmatiche creature che viaggiano nei cieli dei dipinti liciniani del figurativismo fantastico, elaborate negli anni quaranta e cinquanta, campeggiano tutte sopra l’orizzonte notturno tracciato dai Sibillini, così come lo si vede da Monte Vidon Corrado. I Personaggi, gli Olandesi Volanti, le Amalassunte, gli Angeli Ribelli, i Missili Lunari e gli ultimi Angeli Aquilone nascono dalla visionarietà poetica di Licini ispirata dalla suggestione del paesaggio natio.
Il tema del paesaggio, che Tullio Pericoli ha affrontato fin dagli esordi, è tornato da alcuni anni al centro della sua opera, restituendo nuova vita al rapporto – mai interrotto – con il paese natale, in creazioni poetiche, sempre in bilico tra la sensazione del sogno e il sapore della terra. Che si tratti di colline morbide, di borghi visti dall’alto, di vallate e boschi carichi di pathos, al centro della riflessione c’è sempre il paesaggio, metafora dell’intera ricerca espressiva del pittore nato a Colli del Tronto nel 1936. Sono le “parti senza un tutto” del territorio marchigiano a dar forma alla sua pittura, in continua evoluzione, soggetta a imprevedibili variazioni. Come ha scritto Salvatore Settis, “costruiti mutando il punto di vista ma non lo spirito sperimentale, questi dipinti, se presi tutti insieme, acquistano, anche senza volerlo, un marcato carattere inventariale. Sono il repertorio, il registro, il lessico di un linguaggio: la lingua madre di Tullio Pericoli, delle sue Marche. E, per sineddoche, della nostra Italia”.
L’itinerario della mostra contempla una rigorosa selezione di dipinti che l’artista ha dedicato dal 2000 ad oggi al suo paesaggio, atta a istruire un dialogo efficace con le tele e le carte liciniane provenienti prevalentemente da collezioni private. In questi lavori si avverte l’esplorazione di nuove morfologie paesaggistiche: dopo aver rappresentato lo scenario dei colli marchigiani, Pericoli va progressivamente indagando i dettagli della natura, i segni e i solchi delle terre. Il paesaggio, dipinto per frammenti, è una mappa, un cabreo costruito con equilibri diversificati, rapporti instabili che l’artista coglie nella trama di stratificazioni materiche e cromatiche. L’esposizione documenta in modo più ampio e articolato la stagione recente (2022-2024) in cui Tullio Pericoli nel suo buen retiro estivo di Rosara in su la cima delle verdi colline ascolane, “sedendo e mirando” i Sibillini, ha individuato nuove profondità del paesaggio, con continui rinnovamenti dell’esperienza pittorica. Alcuni paesaggi più attuali rendono il senso della drammatica contemporaneità: la terra reca i segni della fragilità derivata dalle ferite infertele dall’umanità. Guerre, inquinamento, distruzioni inquietano l’animo dell’artista e sconvolgono la superficie del pianeta: fratture, capovolgimenti, voragini si aprono attraverso linee spezzate, zone di colore evocano la combustione, toni accesi squarciano l’armonia del dipinto. Sono vedute sempre più interiorizzate che esprimono tela dopo tela una sorta di diario interiore dominato da disagio, amarezza, dolore.
Per informazioni su aperture e visite guidate: tel. 334.9276790 - www.centrostudiosvaldolicini.it