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"Historia firmana", alla scoperta delle nostre radici: Fermo dai Villanoviani ai Piceni

FERMO - Presentiamo il secondo appuntamento con la rubrica curata dallo studioso di storia locale, Prof. Pier Luigi Cavalieri.

Il popolamento dell’attuale territorio di Fermo ebbe inizio già nella Prima Età del Ferro (fase che va dall’XI all’VIII sec. a.C.), come mostrano le due vaste necropoli rinvenute nelle località Mossa e Solfonara-Misericordia. Esse comprendono circa 400 tombe datate al’incirca tra il IX al V-IV sec. a.C. Le due necropoli vengono ricondotte, nella loro prima fase, a una enclave, specificamente fe-mana, della civiltà villanoviana, caratterizzata in particolare dalla cremazione dei defunti. I reperti ritrovati nelle tombe maschili sono soprattutto armi e rasoi, mentre in quelle femminili, oltre a vari oggetti ornamentali o di uso domestico, sono stati rinvenuti fusi e rocchetti da telaio, il che mostra quali fossero le prevalenti occupazioni dei due sessi: la caccia e la guerra per gli uomini e la fabbricazione dei tessuti per le donne (ciò naturalmente non esclude che uomini e donne potessero svolgere anche altre attività). A quali etnie appartenessero gli individui inumati nelle tombe villanoviane non è del tutto chiaro: si ritiene che vi fossero, nell’attuale territorio fermano, piccole comunità etrusche provenienti dall’Etruria meridionale o interna stabilitesi qui in periodi diversi per controllare una o più vie commerciali con la sponda adriatica della Penisola. Una di queste comunità sembra, a un certo punto, aver preso il sopravvento sulle altre avviando la creazione del primo insediamento urbano sulla sommità del colle Sabulo, luogo che per la sua altitudine (319 m. s.l.m.) assicurava il pieno controllo del territorio circostante. Una conferma archeologica a tale ipotesi viene dai ritrovamenti effettuati nel 1994-95 sullo stesso colle, accanto al Duomo: vasi fittili e ceramica preromana ascrivibili alla piena Età del Ferro (IX-VII secc. a.C.). Altri reperti, provenienti da corredi funerari maschili e femminili e conservati nel Museo Archeologico di Fermo, testimonierebbero l’esistenza una necropoli anche sul colle Sabulo.

A partire dal VII secolo l’enclave villanoviana di Fermo viene assorbita dalla circostante civiltà picena. I Piceni, o Picenti, erano l’antica popolazione italica migrata dalla Sabina, secondo Tito Livio, in seguito a una primavera sacra, guidata da un picchio (picus, da cui il nome). Si tratta, naturalmente di una ricostruzione leggendaria, e non è possibile dare oggi una risposta certa al problema della provenienza di tale popolazione, né dell’epoca precisa del suo insediamento in area fermana. Difficile anche definire esattamente i confini del loro territorio. È chiaro tuttavia dai ritrovamenti archeologici che, dopo aver occupato quasi tutta l’attuale regione marchigiana e parte dell’Abruzzo, nel III sec. a.C. essi subirono la pressione da nord dei Galli Senoni, i cui insediamenti si spinsero fino a Senigallia, e dei Pretuzi da sud (attuale Abruzzo settentrionale). Per proteggersi da queste due popolazioni essi commisero un errore fatale: si allearono con Roma. I bellicosi Quiriti batterono i Pretuzi nel 290 e i Galli sette anni più tardi, ma incominciarono presto a ritenere che anche gli alleati Piceni fossero già ad essi assoggettati. I Piceni, guidati da Ascoli, si ribellarono nel 269 a.C. allo strapotere romano, ma la città del Tronto fu presto sconfitta e nel 268 tutto il territorio piceno fu annesso alla res publica romana. Il geografo antico Strabone testimonia che una parte della popolazione fermana, come di altre località, fu deportata nei pressi dell’attuale città di Salerno, nell’agro che sarebbe stato detto Picentino. Nell’anno 264 a.C. i Romani fondarono una colonia di diritto latino chiamata Firmum in posizione centrale rispetto alle terre confiscate ai Piceni. Incominciava, con tale atto, la storia di Fermo romana.

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