FERMO - Tante presenze, molte dediche lasciate dai visitatori e sguardi attenti e commossi per la mostra fotografica “INFINITÆ – femminile singolare purale”, che si è chiusa lo scorso 19 ottobre. L’’iniziativa di Infinitae OdV e Fotocineclub di Fermo in occasione dell’Ottobre rosa, per parlare di prevenzione del tumore al seno attraverso l’arte e la bellezza, ha raccolto un’ondata di affetto e vicinanza tali da rendere possibile prorogare di un giorno l’apertura e porre le basi per nuove date in altri comuni. L’esposizione, presso le Piccole Cisterne Romane di Fermo, è stata visitata da oltre 1000 persone, tra rappresentati di istituzioni e associazioni, una classe del liceo classico “A. Caro” e turisti anche stranieri.
Un’occasione per conoscere le protagoniste degli scatti, le altre associate e i fotografi, presenti nei giorni di mostra per accogliere con i propri racconti quanti desideravano saperne di più sulle due organizzazioni e il loro impegno sociale.
“L’accoglienza rivolta alla mostra è stata entusiasmante. L’attenzione al tema e alla modalità artistica con cui l’abbiamo affrontato ha reso evidente ancora una volta quanto bisogno ci sia di offrire spazi in cui si possa condividere il proprio vissuto e sentire di non essere soli. – commenta Rachele Zeppilli, presidente di Infinitæ, OdV nata per sostenere le donne che affrontano una diagnosi di carcinoma mammario - Tutto questo ci fa sperare che la mostra possa ora diventare itinerante; alcune richieste già ci sono e lavoreremo per costruire nuove occasioni di confronto e informazione. Il progetto complessivo entro cui si inserisce questa iniziativa è stato pensato in vista del nostro secondo compleanno, il 27 ottobre, mese importante per parlare di prevenzione. È partito con un’idea di formazione interna ed intima, ma presto abbiamo capito che poteva trasformarsi in un messaggio di forza e crescita condivisa, consolidando così la nostra mission: sostenere le donne che affrontano la malattia nel trovare un nuovo benessere e una nuova normalità”.
Insieme le Infinitae hanno lavorato sulle proprie fragilità con l’aiuto di una psiconcologa, Barbara Esperide dell’Ospedale “A. Murri” di Fermo, e si sono misurate con la forza della scrittura creativa. Poi l’incontro con i fotografi del Fotocineclub: Alessandro Casoni, Fabrizio Ferracuti, Gionata Moretti, Luigi Iacone, Oriano Ciarpella, Sandro Mongardini, Valter Salvatori, Vincenzo Nasini e Walter Angelini. Sono entrati in punta di piedi nella quotidianità di nove associate (Anna Mannocchi, Orietta Properzi, Emanuela Astolfi, Alexandra Ballatore, Iupa Mecozzi, Titti Pizzuti, Maria Cristina Cicchiné e Silvia Giannini) portandole, in un viaggio a ritroso nel tempo, a rivivere momenti anche dolorosi del proprio percorso di guarigione.
“A conclusione della mostra fotografica, organizzata con la preziosa e determinante collaborazione delle Infinitæ OdV, come presidente del Fotocineclub Fermo, non posso che registrare un bilancio più che positivo. - sottolinea Fabrizio Ferracuti – Per raccontare le storie delle nove ragazze, abbiamo utilizzato lo strumento del racconto fotografico, caro a Luigi Crocenzi, ispiratore, nel 1961, della nascita del nostro fotoclub: una sequenza coerente di immagini che narrano una storia. La forza del racconto fotografico non risiede nella singola foto, ma nella sua capacità di comunicare idee ed emozioni, coinvolgendo lo spettatore, lasciando spazio alla sua personale interpretazione, secondo la sua sensibilità e la sua specifica attitudine all'ascolto. Le buone foto, se osservate con la necessaria attenzione e senza fretta, ti mostrano qualcosa ma te ne comunicano altre mille. Crediamo di aver centrato, almeno in parte, l'obiettivo che ci eravamo prefissati, realizzando non solo buone fotografie, ma anche fotografie utili a sensibilizzare tutte le donne sul tema della prevenzione oncologica”
La mostra e il catalogo che l’accompagna offrono uno sguardo potente sul mondo femminile, raccontano storie che da personali e uniche si fanno corali nella condivisione e spiegano come si possa imparare a convivere con le proprie cicatrici. Parla di questo la foto simbolo della mostra, copertina del catalogo, che grazie all’intuizione di uno dei fotografi, Gionata Moretti, ritrae una delle dragonesse, Monia Polini, in uno scatto percorso da fili d’oro. Come nell’antica arte orientale del Kinsugi gli oggetti fragili si riparano con l’oro per restituire loro nuova vita, così nella malattia c’è un momento in cui si smette di chiedersi “perché si è rotto?” e si comincia a pensare a come trasformare questo in qualcosa di nuovo. La mostra, raccontando attraverso la fotografia il processo di rinascita, diventa un messaggio universale e un invito a informarsi e a fare prevenzione. Ma anche una mano tesa a sostegno delle donne: il filo d’oro può continuare a srotolarsi per intrecciare nuove storie.