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Il consumo di suolo avanza: in regione alterato il 60% del territorio. Porto San Giorgio il comune più cementificato

MARCHE - La cementificazione portata avanti in questi anni ha alterato quasi il 60% del territorio marchigiano. Ad affermarlo è un’analisi di Coldiretti Marche sulla base del rapporto Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) 2014 sul consumo di suolo.

In regione sono 51.400 gli ettari di superficie cementificata, circa il 5% del totale del territorio, ma se si tolgono i fiumi e le aree a forte pendenza e sopra i 600 metri, dove è praticamente impossibile costruire, si sale al 12,6%. Secondo Ispra, inoltre, l’impermeabilizzazione del terreno influisce tanto in maniera diretta sugli ecosistemi e sulla biodiversità quanto, in modo indiretto, su clima e assetto idrogeologico, portando la percentuale di suolo complessivamente “alterato” al 59,2%.

Il rapporto fotografa anche il livello di cementificazione delle province e dei comuni marchigiani. Al primo posto c'è Ancona, con il 7,3% del totale, seguita da Fermo (6%), Pesaro (5,2%), Ascoli (4,8%) e Macerata (4,6%). Per quanto riguarda i comuni, quelli costieri sono inevitabilmente ai vertici. Nei primi dieci posti ci sono: Porto San Giorgio (35% del territorio consumato), San Benedetto del Tronto (32,3%), Gabicce Mare (27,2%), Porto Sant’Elpidio, Falconara, Saltara, Castelbellino, Civitanova Marche, Numana e Mondolfo. Tra i capoluoghi, Pesaro è quattordicesima, Ancona diciassettesima, Macerata trentottesima, Fermo cinquantaduesimo, Ascoli Piceno sessantunesima. Se, invece, non si vuole vedere cemento, basta andare nella piccola Acquacanina, con appena lo 0,8% di consumo di suolo, davanti a Castelsantangelo sul Nera e Montecavallo (0,9%).

“Purtroppo - sottolinea il presidente di Coldiretti Marche, Tommaso Di Sante - alla cementificazione forzata si aggiunge il rischio dell’abbandono di quelle zone oggi curate dagli agricoltori che assicurano una costante manutenzione, con effetti dannosi per l’assetto idrogeologico del territorio. Da qui la necessità di un impegno da parte delle amministrazioni a tutti i livelli per difendere il proprio patrimonio agricolo e la propria disponibilità di terra fertile, con un adeguato riconoscimento dell’attività agricola”.

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