Dal Milan a Montegranaro per far crescere giovani talenti

CALCIO - In un momento di crescente interesse verso i giovani italiani anche nel massimo torneo calcistico nazionale, con il Milan di Vincenzo Montella che schiera quasi stabilmente 8/11 di italiani in campo, l'Atalanta di Gasperini sempre più fucina di talenti e il Torino di Mijalovic rampa di lancio per tanti futuri azzurri, anche nel nostro territorio ci sono società sempre più impegnate nella crescita dei giovani talenti, che si affidano anche a personaggi dall'importante passato. Fra queste un ruolo importante è svolto dalla Veregrense Calcio Montegranaro arrivata alla sua quarta stagione, che si occupa esclusivamente di calcio giovanile.

Il sodalizio gialloblu egregiamente guidato dall'appassionato presidente Simone Medici, ben coadiuvato da un nutrito gruppo di dirigenti, fra i quali molti genitori di ragazzi del settore giovanile calzaturiero, ha scelto sin dai primi momenti come responsabile tecnico, un ex calciatore professionista con significative esperienze anche da dirigente come Catello Cimmino.

Con l'ex difensore del Milan, dell'Ascoli e del Como solo per citare le più importanti squadre professionistiche, in cui ha militato a cavallo fra gli anni ‘80 e ‘90, dopo aver vinto la Coppa Italia Primavera con il Milan allenato da Capello nel 1984/85, abbiamo scambiato qualche opinione sulla sua esperienza nel centro calzaturiero, confrontando la situazione di oggi rispetto a quando mosse i primi passi: “A Montegranaro ho trovato una realtà molto positiva, con una società sempre presente e attenta ai bisogni dei ragazzi. C'è grande serietà, si cerca di sviluppare al massimo le risorse umane, con particolare attenzione all'aspetto educativo primario”.

La Veregrense è una società giovane ma già molto organizzata, ci può presentare meglio questa realtà che pratica solo calcio giovanile? “Si tratta di un sodalizio molto dinamico, abbiamo oltre 200 giovani con ben 11 squadre dalla categoria Juniores ai Piccoli Amici, con ben 4 squadre dei Primi Calci, lavorano con noi 12 tecnici, svolgiamo gli allenamenti e le partite quasi esclusivamente al Campo in Sintetico 'Cesare Berdini', utilizzando in qualche occasione anche lo Stadio 'La Croce'. Il nostro principale obiettivo è quello di far vivere ai nostri ragazzi questa esperienza con la maggior serenità e tranquillità possibile, di non caricarli di troppe aspettative, con particolare attenzione alla disciplina”.

Lei pur essendo nativo di Castellammare di Stabia si è trasferito giovanissimo al Nord, quali differenze rispetto al calcio giovanile degli anni ‘70-‘80?: “Io mi sono trasferito dalla Campania con la mia famiglia in provincia di Milano ad appena 7 anni nei primi anni ‘70. A quell'epoca i ragazzi avevano molte meno cose rispetto ad oggi, stavamo molto di più in strada, ogni angolo era buono per giocare a calcio. A livello organizzativo attualmente vi è una maggiore professionalità, il settore tecnico federale ha fatto veramente molto in questi anni. In passato soprattutto al Nord l'attività giovanile si svolgeva principalmente negli oratori, rispetto al Sud c'era una mentalità diversa con un approccio più sereno. E' cambiato anche il ruolo dei genitori, oggi molto più presenti rispetto al passato. Ciò è sicuramente positivo, in quanto di notevole aiuto alle società, al tempo stesso, non si deve correre il rischio, di caricare di troppe aspettative i ragazzi. In modo del tutto ironico e scherzoso, ricordo una battuta del grande mister Fabio Capello che mi ha allenato per quattro stagioni dalla Berretti alla Primavera del Milan. A chi gli chiedeva sulle possibilità di un ragazzo di diventare un grande campione, il tecnico friulano rispondeva dicendo che avevano più possibilità di sfondare i ragazzi orfani, principalmente quelli di madre, un po' a sottolineare, che spesso vi era invasione di campo da parte di qualche genitore soprattutto del gentil sesso”.

Sicuramente un altro mondo e un altro calcio, dove anche le battute sulla presenza dei genitori accanto ai loro figli, servivano per sdrammatizzare e per fare ironia, un po' come ai tempi del mitico “Paron” Rocco negli anni del Milan operaio e dei vecchietti terribili.


Endrio Ubaldi

Ultima modifica il Martedì, 08 Gennaio 2019 11:45

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