Il cittadino viene prima del servizio. Le riflessioni di Alessandro Ranieri, coordinatore dell'Ambito Territoriale Sociale 19

FERMANO - Coordinatore dell'Ambito Territoriale Sociale 19 dall'ottobre 2015, dopo 12 anni trascorsi all'Ambito 20, Alessandro Ranieri ha una profonda conoscenza delle dinamiche di un settore, quello dei servizi sociali, sempre più cruciale. Un'importanza che emerge dalle sue riflessioni, raccolte a poche ore dalla presentazione dell'unità operativa socio-sanitaria che vede affiancati l'Area Vasta 4 di Fermo ed i 3 Ambiti della provincia.

“Per seguire il percorso dei cittadini in tutte le fasi, dall'accoglienza alla valutazione, fino alla presa in carico – rimarca Ranieri – occorreva dotare il territorio di un struttura funzionale. Nel caso del Fermano, all'interno dello stesso Distretto sanitario ci sono 3 Ambiti e perciò è stato definito che il coordinatore dell'Ambito del Comune capoluogo, cioè il sottoscritto, farà parte di questa struttura insieme al direttore generale Licio Livini e a Vincenzo Rea, nominato direttore del Distretto Unico. Ma oltre alla distinzione dei ruoli, fondamentale sarà il lavoro dell'equipe multidisciplinare”.

Su cosa occorrerà lavorare prevalentemente? “Su aspetti di carattere socio-sanitario: come ci si inserisce in una residenza protetta? Quali percorsi devono fare i minori? L'assistenza domiciliare come va ad incrociarsi con quella attuata dalla parte sanitaria? Quindi, in sostanza, dovremo regolamentare una serie di cose per facilitare il compito dei professionisti e, soprattutto, la fruizione da parte dei cittadini”.

Siamo in una fase particolare, con tagli continui ai servizi e con sempre minori risorse. “Tagli nel sociale nel 2015 da parte della Regione ce ne sono stati, ma in questa fase c'è un passaggio di ritorno alla definizione del Titolo V: la volontà del nazionale è quella di riprendere le deleghe del sociale togliendole alle Regioni, creando così un asse diretto con il livello locale e quindi con gli Ambiti, lasciando alle stesse Regioni un ruolo di supervisione e monitoraggio. Negli anni scorsi per allontanarsi da uno Stato sociale assistenziale si è tentato un nuovo approccio, con la creazione di una rete promozionale di cittadinanza, di pianificazione, con tavoli di concertazione per sviluppare non solo sommatorie di servizi in riferimento ad una problematica, ma una strategia territoriale con un governo forte da parte del pubblico e una collaborazione ed una sussidiarietà orizzontale con i privati. C'è stato un momento fiorente rispetto a questa dinamica ma ultimamente, con il taglio alle risorse e con un irrigidimento degli appalti, si è passati nuovamente ad un approccio assistenziale”.

Come si esce da questo corto circuito? “Dobbiamo riprendere in mano la realtà, cercando sì di razionalizzare e di non sovrapporre i percorsi, ma soprattutto riattivando il coinvolgimento del privato sociale con la comunità”.

Tutto è urgente, lo sappiamo. Ma qual è il settore dove va fatto l'intervento più consistente e con maggiore tempestività? “Il prioritario è il tema della povertà, non in relazione ad un approccio assistenziale ma al reddito minimo di inserimento, che sarà sbloccato presto attraverso un PON nazionale che andrà direttamente agli Ambiti. Per fare cosa? Per progettualità di cambiamento e di svolta di quelle situazioni di fragilità economica che, altrimenti, non potrebbero passare ad un fase di attivazione. Oltre alle risorse, verranno messi in campo dei contratti per lavorare anche su sinergie con i centri per l'impiego, per l'inserimento lavorativo e per una sussidiarietà con vari servizi. E hanno preso noi Ambiti come punti di riferimento per portare avanti tutto questo”.

Disabilità e giovani, altri nodi che, troppo spesso, rimangono intrecciati senza produrre soluzioni. “Sulla disabilità siamo passati da una concentrazione di interventi e servizi sviluppati in questi anni ad una contrazione molto veloce e ci siamo concentrati tutti sulla compartecipazione, anche dei Comuni. Così si è persa di nuovo la programmazione sul tema della presa in carico complessiva della disabilità. Non c'è più l'attenzione per il cosiddetto progetto di vita. L'altro tema è quello dei giovani, con il quale tutti si riempiono la bocca, ma grandi strategie finora non se ne vedono. Questa rimane sempre sullo sfondo ma la ritengo una grande emergenza, oltre che una sfida, anche se, ne siamo consapevoli, di fronte a situazioni di crescente difficoltà spesso ci ritroviamo senza strumenti e senza elaborazioni”.


Andrea Braconi

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