Dove va la sanità

La "sana" sanità

La civiltà di un popolo si misura in varie maniere: uno dei parametri che fanno la differenza è la cura che la società ha degli anziani, dei bambini e della salute dei cittadini. Sono tre aspetti che forse è meglio smettere di definire con l’asettica parola inglese “welfare” (traducibile con un generico “benessere”). Sono invece degli obblighi etico- morali che rappresentano l’espressione del DNA culturale, morale, etico formatosi e sedimentatosi nei secoli della una storia di un popolo, simile a ciò che in diritto prende il nome di Giusnaturalismo: sostenevano i fautori di questa corrente di pensiero che esistono degli imperativi che sono in noi come stampati e che si conoscono a prescindere dalle leggi che vietano certi comportamenti. Ad esempio, l’avversione che tutti hanno verso l’omicidio non è dovuta al divieto di uccidere sancito dalle leggi, ma ad un qualcosa che ci fa ritenere quell’azione deplorevole e da non fare anche se non conoscessimo il codice penale. Noi italiani su questo possiamo considerarci fortunati: la solidarietà in casa nostra non è mai mancata, anche se a causa di fattori economici negli ultimi tempi questo sentimento vacilla e a volte non poco. Ma veniamo al tema della Sanità: il nostro è uno degli ultimi esempi di Sanità pubblica che, nonostante quello che si dice, offre un servizio pubblico superiore rispetto a quello delle altre nazioni. Naturalmente non sono tutte rose e fiori: i bilanci regionali della Sanità assorbono cifre spaventose per mantenere in piedi l’apparato, nel giro ci sono poi i “furbetti del quartierino” che mangiano o hanno mangiato appalto su appalto, ci sono quelli che in vista di portafoglio sempre più gonfio spingono verso una Sanità sempre meno pubblica e sempre più privata. Poi ci sono quelli che lavorano nella Sanità, ma stanno lì per fare conti e far riportare le statistiche: sono coloro per i quali ogni utente è un numero e meno fanno spendere in cure e medicine al sistema meglio è per tutti. Insomma, di cose da aggiustare ce ne sono, strategie da valutare pure: no a tanti ospedali medi e piccoli, sì a pochi ospedali grandi che servono vasti territori. Ma poi, questi ultimi, funzionano veramente meglio? Il tutto in un Paese dove nascono sempre meno bambini (siamo il secondo Paese con più alto tasso di vecchiaia al mondo, ci supera solo il Giappone) e aumentano gli over 60, tutta gente, me compreso, destinata, in futuro speriamo lontano, a un dialogo forzoso con la medicina.

Daniele Maiani



Psichiatria, Oncologia e Ortopedia, i nuovi Primari

Sono stati presentati ad inizio maggio i nuovi primari dell’Ospedale “Murri”. Si tratta di Mara Palmieri, Renato Bisonni e Federico Lamponi, responsabili rispettivamente dei reparti di Psichiatria, Oncologia ed Ortopedia e Psichiatria. Nominati dal direttore Licio Livini, i tre rientrano in una serie di 13 figure apicali che ha caratterizzato il mandato dell’attuale Direzione. E di investimento sulle persone ha parlato proprio Livini in occasione della presentazione alla stampa alla presenza proprio di Palmieri, Bisonni e Lamponi. “Ci si chiede sempre di investire in tecnologie, spazi e strumentazioni - ha affermato Livini - ma credo che l’investimento più importante debba essere quello sulle persone. Investimenti importanti che vogliamo continuare a fare sui direttori dei servizi e per quanto possibile su persone giovani ma che siano già esperte del settore, persone che siano prospettate a realizzare importanti traguardi professionali”. Se Bisonni (classe 1963) e la Palmieri (nata nel 1961) si sono contraddistinti in questi anni come figure imprescindibili, affiancando i precedenti responsabili dei reparti, il più giovane Lamponi, originario di Porto San Giorgio e la cui attività al “Murri” prenderà il via ufficialmente il prossimo primo luglio, può già vantare un curriculum ricco di esperienze ad alti livelli, sia in ambito nazionale che europeo. Nel corso dell’incontro (al quale hanno preso parte anche Andrea Vesprini, direttore della Unità Operativa Complessa Rischio Clinico e Governo Clinico, ed il dottor Luca Polci) i tre nuovi primari hanno rimarcato i tratti caratterizzanti dei rispettivi reparti e gli obiettivi da raggiungere, sempre in un’ottica di multidisciplinarietà e di condivisione con tutti gli ambiti della struttura ospedaliera del capoluogo ed i servizi ad essa connessi.

Andrea Braconi



Area Vasta 4: a tu per tu con Licio Livini

Licio Livini è al suo giro di boa professionale. Direttore dell’Area Vasta 4 dal 1 agosto 2015, dopo tre anni di mandato saprà se sarà riconfermato o meno. “È una scelta che spetta alla Regione Marche in concerto con l’Asur. Io credo che le condizioni per il proseguo del lavoro ci siano, ma questo in tutte le Aree Vaste” commenta. “Durante questi anni mio abbiamo fornito servizi di qualità nel territorio, in un contesto in cui “eravamo indietro”. Abbiamo aperto due ospedali di comunità, due reparti di cure intermedie a Sant’Elpidio a Mare e a Montegiorgio, abbiamo attivato un centro per le demenze a Montegranaro, riordinato le postazioni di guardia medica, potenziato la Potes a Sant’Elpidio a Mare. Abbiamo riqualificato degli spazi dentro l’ospedale Murri e presto ne attiveremo altri: l’obiettivo è trasferire all’interno la Medicina dell’inrca, perché da un punto di vista gestionale dei costi si va nella direzione giusta. Per tutti i risultati portati a casa finora c’è stato sempre un lavoro svolto insieme, credo che queste realtà così periferiche debbano fondare la loro organizzazione sul valore delle persone, della squadra”. Dottor Livini, durante il suo mandato ha vissuto momenti particolari, come quello immediatamente successivo al sisma del 2016. C’è un istante che ricorda come quello più difficile? “Il terremoto è un evento fortemente negativo e per noi che siamo stati chiamati a riorganizzare i servizi è stata una sfida. Ci ha spinti a compiere scelte veloci ma allo stesso tempo appropriate per cercare di dare una risposta completa a un territorio penalizzato. Il momento più difficile forse non è ancora passato perché è chiaro che la gente vuole i servizi, così come gli amministratori locali che vogliono siano riportati sul posto tutte le attività sanitarie. Su Amandola dobbiamo fare i conti con una situazione particolare perché non c’è più la struttura. Dobbiamo cercare di organizzare le attività anche in situazioni precarie, lo abbiamo fatto con i moduli sul campo sportivo mettendo dentro dei servizi come, per esempio, la dialisi dell’emergenza, la guardia medica, i prelievi. Inoltre il Comune ha messo a disposizione la vecchia scuola elementare. Abbiamo riportato in paese, di recente, la vecchia RSA che era stata spostata a Montegranaro. Abbiamo recuperato degli spazi nel vecchio ospedale, dove sono state riaperte attività ambulatoriali e la radiologia. L’obiettivo è riportare ad Amandola anche il reparto di Medicina che è stato momentaneamente spostato a Fermo”. Sul finanziamento dell’azienda russa Rofnhet che dice? “Il finanziamento va in una direzione diversa ovvero quella di costruire una nuova struttura, la cui realizzazione completa si avrà tra qualche anno. Noi ora dobbiamo dare risposte immediate ai cittadini. La difficoltà sta nel riportare i servizi in situazioni non troppo stabili, ora, dovendo allestire spazi, fare acquisti adeguati, affrontare costi e non dimenticare di mettere in conto imprevisti”. Esternazionalizzazione dei servizi: ce ne parli. “C’è l’idea di esternalizzare l’attività di analisi di alcuni punti prelievo. Ai laboratori convenzionati verrà affidato un certo numero di prelievi , che rappresenta un 20% di quelli territoriali. Il cittadino non nota cambiamenti in sé, perché il prelievo è effettuato sempre dalle stesse persone, solo il lavoro di analisi sarebbe stato effettuato dai laboratori. In ogni caso, ancora non c’è nulla in programmazione, la stessa Regione Marche si è fermata sulla delibera 145 che prevede l’esternalizzazione di alcuni servizi. Si parla di Montegiorgio e Sant’Elpidio a Mare e dei prelievi domiciliari a Porto San Giorgio, Pedaso, Ponte Maglio, Massa Fermana. Tutto è ancora però da decidere”. (l’intervista risale al 26 maggio, antecedente al Sit In della CGIL FP del 29 maggio organizzato per protestare contro l’esternalizzazione delle cure intermedie e contro la politica assunzionale di Regione e Asur n.d.r. ) L’estate si avvicina: come affronterete il piano ferie e la carenza di organico contestata dai sindacati? “Io sono il direttore che ha fatto più assunzioni di tutti nel mio mandato. Riguardo all’organico, per quanto possibile, siamo “nei numeri’ previsti in programma da questa Area Vasta. Nonostante questo gli operatori non bastano perché abbiamo attivato servizi ma anche perché abbiamo diverse defezioni interne che non riusciamo a coprire. Quando parlo di defezioni parlo anche delle assenze legate a situazioni tutelate dalla Legge (Maternità, legge 104 ecc…), situazioni di beneficio giuste per il lavoratore, che noi però non affrontiamo con una sostituzione. Di conseguenza, nel periodo estivo dobbiamo garantire le ferie e non sopprimere i servizi, quindi qualche piccola manovra è necessaria”. Ci sono ambiti in cui lei asserisce che mancano medici come Ostetricia e Ginecologia, Pediatria e il Pronto Soccorso. “Si tratta di una fase drammatica in questi settori in cui non riusciamo più a reperire i medici. Occorre che ci sia una profonda riflessione da parte delle Università anche con un cambio di programmazione e un’attenzione sulle specializzazioni, oppure tra qualche anno saremo costretti a fare delle scelte pesanti e dolorose come eliminare qualche servizio. Il Pronto Soccorso è un ambito critico: lì passa di tutto, anche ciò che non dovrebbe arrivare, però una volta che è lì bisogna gestire il paziente. Nonostante tutto il personale regge, anche se fortemente provato e stressato» Per ciò che riguarda la Ginecologia e, nello specifico, l’interruzione volontaria di gravidanza, avete recentemente firmato un protocollo d’Intesa con l’Area Vasta 3, essendo l’Area Vasta 4 sfornita di medici non obiettori. “Esatto. Non potendo organizzarci in modo autonomo per effettuare questo percorso abbiamo chiesto aiuto. La donna viene “presa in carico’ qui attraverso i servizi consultoriali e viene fornita anche una certificazione. L’intervento chirurgico è in carico all’Area Vasta 3 che ci mette a disposizione dei posti letto giornalieri, penso sia una buona risposta per situazioni che prima non erano gestite da noi. Non credo che una scelta come quella adottata per il San Camillo di Roma (di un bando riservato solo a medici non obiettori n.d..r) sia una giusta soluzione, sarebbe discriminatorio e creerebbe un precedente per cui bandi simili dovrebbero essere indetti anche per altre aree”.

Silvia Ilari



L'ospedale che verrà: "Sarà la più grande opera pubblica del fermano

Sin dalla sue genesi, l’ospedale di Campiglione è stato accompagnato da una considerazione che non hai smesso di riecheggiare in vari ambienti: “Non si farà mai”. Eppure, a partire da diversi amministratori locali, passando per quelli provinciali e regionali, il percorso intrapreso, pur tra mille difficoltà e ritardi, non sembra essersi interrotto. Lo testimonia il via ai lavori dello scorso gennaio, alla presenza dell’assessore Fabrizio Cesetti e dei responsabili della ditta Carron spa, che si occuperà della realizzazione della struttura in località San Claudio. Un sito individuato nel gennaio 2010 su proposta dello stesso Cesetti, allora nelle vesti di presidente della Provincia, votata all’unanimità dai sindaci. “Questa è un’opera fondamentale, alla quale ho sempre creduto - afferma -. E su questo fronte mi impegnerò fino alla fine. La faremo, statene certi. Sarà la più grande opera pubblica del Fermano da tantissimi decenni a questa parte e sarà anche l’opera pubblica più rilevante del governo regionale in questa legislatura”. Ma nonostante la delimitazione dell’area, il completamento dell’indagine bellica, il nulla osta da parte della Sovrintendenza già spedito al Comune di Fermo (escluse alcune prescrizioni per quanto riguarda la strada) e l’attesa per il rilascio da parte dello stesso Comune del permesso di costruire, soprattutto in una significativa parte del mondo politico gli interrogativi rimangono. “Chi pensa e dice non si farà mai al massimo può portare sfortuna, ma noi siamo più forti della sfortuna - ironizza l’assessore regionale -. Non solo si procede, ma lo si fa con un progetto che è stato attualizzato: sono stati aumentati i posti letto, il numero di sale operatorie, è stato previsto il modo per realizzare la radioterapia ed altro ancora. Sarà una struttura innovativa e al passo con i tempi e con i cambiamenti che stanno caratterizzando il mondo della sanità”. Rispetto ad alcuni annunci roboanti degli scorsi anni e a ritardi accumulati per vari motivi, si procede dunque verso l’obiettivo. “Stiamo lavorando per realizzare la strada che dalla Mezzina porterà all’ospedale, un passaggio fondamentale che speriamo di far partire in estate. L’altro elemento da tenere in considerazione è che recentemente abbiamo destinato 11 milioni di euro per la viabilità di adduzione all’ospedale di Fermo”.

Andrea Braconi



Aspettando l'ospedale della montagna, tra dubbi e certezze

Vecchio o nuovo ospedale? È un interrogativo che da quasi due anni riecheggia nell’area dei Sibillini. Oltre ai danni materiali, le scosse del 24 agosto 2016 e quelle successive dell’ottobre dello stesso anno hanno incrinato diverse certezze ma, allo stesso tempo, sembrano aver creato le condizioni per un cambio sostanziale a livello socio sanitario. Due posizioni che si affiancano, arrivando a volte persino ad intrecciarsi tra loro, con punti di partenza (e di arrivo) differenti.

I DUBBI

“Soltanto un folle sarebbe capace di rinunciare ad un nuovo ospedale”. Così Riccardo Treggiari, ex sindaco di Amandola, che però sin dalla prima ora insieme ad un gruppo di cittadini sta sollevando dubbi sulla scelta. “In un primo momento - ricorda - soprattutto da parte dell’Amministrazione comunale, la posizione era quella di difendere la vecchia struttura. Ricordate la manifestazione fuori dall’ospedale durante la quale il sindaco chiese un atto di fede da parte della Regione? Da lì, invece, si iniziò a parlare del nuovo ospedale”. Treggiari ripercorre “una vita passata a difendere il nostro ospedale” e la paura, dopo quel 24 agosto, di essere arrivati ad un punto morto. “Abbiamo iniziato a pensare che l’ospedale, inteso come ospedale cittadino, sarebbe diventato un’ospedale di comunità come accaduto a Sant’Elpidio a Mare e in altre parti. La preoccupazione è che si siano inventati questa cosa dell’ospedale nuovo per ridurre i servizi. Perché senza pronto soccorso e chirurgia non possiamo parlare di ospedale ma di poliambulatorio. E poi dopo il trasferimento forzato a Fermo, Silenzi è andato in pensione e Massucci si è trasferito a San Severino: senza personale dedicato con chi si farà la chirurgia?”. Ma è soprattutto il destino dell’attuale struttura a preoccupare. “Cosa facciamo di tutto il vecchio ospedale? Non si è capito. Si parla di nuovo ma anche di sistemare il vecchio. Ceriscioli lo scorso anno aveva promesso di rimettere a posto un’ala del vecchio con un cifra di circa 3,5 milioni, ma non è stato realizzato niente e queste risorse non si sa che fine abbiano fatto. Sia chiaro: io sono favorevole al fatto che ci sia un’ospedale, ma se questa è solo una scusa per realizzare un capannone nuovo e nel frattempo si è dimezzato il personale e non c’è una chirurgia, allora sono convinto che non mi farai un ospedale ma altro”.

LO STATO DELL’ARTE

“Bisogna prendere atto che c’è stato un sisma - rimarca l’attuale sindaco Adolfo Marinangeli -. Le chiacchiere che vengono fatte o che vengono scritte oggi hanno trovato definitivamente risposta con la verifica ulteriore da parte dell’Ufficio della Ricostruzione, verifica voluta dal presidente della Regione e dal sindaco per rivedere le schede sismiche, attraverso le quali è stato certificato un danno complesso grave di tipo E. Quindi, con quattro soldi non si può rimettere a posto proprio nulla. Il nuovo ospedale di rete nel piano socio sanitario viene previsto come ospedale della montagna, in appoggio all’ospedale provinciale di Fermo. Il vecchio? Riportando le parole del presidente Ceriscioli, se verrà ipotizzata una soluzione di livello regionale sarà la Giunta a proporre al sindaco di Amandola interventi di tipo socio sanitario regionale; se si individuerà un livello locale o zonale sarà il sindaco di Amandola che si preoccuperà di dare un’individuazione socio assistenziale. Sono valutazioni che verranno fatte successivamente, sicuramente non a freddo ma in maniera ponderata”. Di sicuro, per Marinangeli, oltre da un Pronto Soccorso ci saranno i numeri: “Parliamo di 80 posti letto, di cui 40 tra medicina e chirurgia, con 2 sale operatorie ed un reparto aggiuntivo dell’Osservazione Breve Interventistica. Venti saranno i posti per la Rsa e altri 20 quelli di lunga degenza, per una superficie complessiva di 11.600 metri quadrati rispetto ai 9.600 del vecchio”. E nell’attesa? “Non abbiamo mai smesso di lavorare per riportare qui tutti i servizi. Oramai siamo entrati nella certezza che tra fine 2018 e inizio 2019 anche la medicina rientrerà, così come scompariranno tutti i moduli presenti al campo sportivo”.

Andrea Braconi

Ultima modifica il Venerdì, 15 Giugno 2018 10:22

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