Alfredo Luzi: ambasciatore della Cultura nel mondo

E' uno di quelli che fanno la disperazione di chi vuole parlare esaurientemente di loro senza dover "commissariare" tutto il giornale. Prima di contattarlo, ho dato una sbirciatina su Internet: un massacro, nel senso dello sgomento che ti prende
mentre ti chiedi: "Come faccio a metterci tutto nel pezzo?". Allora l'ho chiamato e gli ho chiesto di raccontarsi da solo, confidando in una certa sobrietà: un massacro lo stesso, tanto la sua vita è un romanzo e un romanzo la sua vita (pare uguale, ma non lo è). Ma chi sarà il Desso? Il desso è Alfredo Luzi, professore universitario, scrittore, saggista, "visiting professor" nelle Università di tutto il vasto mondo, presidente di qua e di là, ad libitum, amen. Insomma, se volete sapere chi è veramente Alfredo Luzi fate come me e andatevene su Internet: basta comporre nome e cognome e mettervi comodi davanti al monitor per mezza giornata.
Oppure, accontentatevi del seguente ed inevitabilmente lacunoso riassunto, che ho desunto dalla circostanziata conversazione che ho avuto il piacere di tenere con "la belva" o "la ruspa", a piacere: non è un'idea mia, non mi permetterei mai, ma così lo chiamavano quando giocava a calcio. Ma mica per sfizio, nel campetto dell'oratorio: no, no, lui era proprio un calciatore di professione e lo è stato fino alla tenera età di circa 36 anni, prima nella Sangiorgese e poi venduto all'Urbino. E non doveva essere un tipino tenero sul campo, a giudicare dai vezzosi nomignoli. Egli stesso mal cela l'orgoglio quando ancor oggi ti dice che aveva "una castagna mica male!". E non solo: dismesso il pallone per limiti d'età, studia arti marziali e apre una palestra di judo. A ben vedere, non deve essere stato un tenerone manco nella vita in genere, specie in quella parte inerente la sua seconda natura: quella dell'intellettuale, studioso matto ma non disperatissimo, perché tanto gli piaceva calciare quanto gli piaceva studiare. Singolare, no?, quasi da personalità multipla. Ma Alfredo Luzi dice che gli è piaciuta da matti la sua vita, che definisce "animata e molto divertente" (ma va?): ai tempi del Liceo era uno scavezzacollo sempre al limite del 7 in condotta, ma con voti stratosferici nelle altre discipline.
Non c'è dubbio: personalità multipla. Se dovessimo indulgere a pregiudizi campanilistici, dovrebbe starci due volte antipatico: primo, perché ascolano di nascita e poi perché sangiorgese acquisito. Ma da piccolino, perciò glielo perdoniamo. Padre maestro, ma più appassionato di materie tecniche: e da ciò la concretezza di Alfredo, la sua capacità di inquadrare logicamente le cose. Madre maestra, raffinata umanista (a Porto S. Giorgio se la ricordano tutti): da lei, l'amore viscerale per le discipline letterarie. Le quali scorrono nel sangue dei Luzi da generazioni: il prozio, il mitico don Emidio Luzi, ha lasciato un segno nello studio della storia ascolana, e in più il piccolo Alfredo aveva in casa una biblioteca di circa un migliaio di libri: una pacchia.
Altri accadimenti importanti: al Liceo gli capita il doppio "C" di avere come insegnanti la mitica prof Fiorentini e l'ancor più mitico Alvaro Valentini: il quale gli trasmette l'amore sfegatato per la letteratura moderna e contemporanea. E ai tempi, quando chiedevi a un ragazzotto brufoloso in fase pre-ormonale cosa voleva fare da grande, era facile che ti rispondesse: il pompiere. Alfredo Luzi, no: lui, già da allora, aveva deciso proprio di diventare docente universitario di Letteratura Italiana Moderna e Contemporanea.
Detto e fatto: agli esami di maturità c'era come commissario esterno tale Neuro Bonifazi che allibì davanti al tema di Alfredo, tanto da dubitare che fosse farina del suo sacco, ma poi si convinse e convinse mamma Luzi a mandare il pargolo all'Università di Urbino, dove lui faceva l'assistente. E Luzi, valige in mano e pallone sottobraccio, emigra nella ducale città, dove continua ad esercitare la sua doppia vocazione: studio e pallonate. L'immagine sorge spontanea nella mente: quella di un bambino, poi di un ragazzo, poi di un uomo fatto che tornava da una partita tutto sudato e si precipitava a leggere, a studiare... "Tante volte mi sono addormentato sulla scrivania, perché tornavo dall'allenamento e dopo cena mi mettevo sui libri e mi ci risvegliavo sopra la mattina": Leopardi gli fa un baffo, e non ha preso neppure la gobba. Comunque: finisce l'università, ci resta per un po' come assistente volontario, poi torna a Fermo ad insegnare al Liceo Scientifico e a Ragioneria. Poi, si realizza il sogno sognato quando faceva il Liceo: nel '70 vince il concorso da assistente ordinario e comincia la sua carriera universitaria. Fino all''87 a Urbino, poi all'Università di Macerata, dove è restato fino al 31 dicembre scorso quando, "per evitare che qualcuno mi mettesse l'ombrello da qualche parte", se n'è andato in pensione. Ma per modo di dire: seguita ancora con due insegnamenti a contratto.
Questo, l'Alfredo Luzi studente ed insegnante. Ma credete che gli bastasse? Mi faccio forza e glielo chiedo: "E quand'è che hai cominciato a scrivere?". Che domanda: subito. La tesi che gli avevano assegnato non lo convinceva e allora gliene diedero un'altra: un po' giocando sul cognome, ma anche perché gli piaceva da matti la poesia ermetica, gli chiesero di lavorare su Mario Luzi. Risultato: mica una tesina tira e via, ma un volume, anzi, un tomo di 550 pagine che ancora oggi gli studiosi considerano una pietra angolare, il primo libro che ha permesso di cominciare a far conoscere la poesia di Mario Luzi. E dico cotica. E chi lo aiutò? Nientepopodimeno che il "gruppo dei Fiorentini": Geno Pampaloni, Oreste Macrì, Carlo Bò che lo chiamava Alfredino, insomma, il gruppo degli Ermetici. Macrì era molto amico di Mario Luzi, segnalò questa tesi a Pampaloni che, putacaso, era il direttore della Vallecchi e che lo chiamò: era il '68, il Nostro aveva 23 anni, se la faceva sotto dall'emozione e quasi svenne quando si sentì dire che la sua tesi gliel'avrebbero pubblicata. Ed è così che quella di Alfredo Luzi fu e resta la prima monografia su Mario Luzi. Il tutto, mentre continuava a tirare castagne col pallone, finché la Società dovette scegliere tra abbatterlo sul campo o il metterlo a riposo. Scelsero la seconda. E così, mentre il suo nome prendeva il volo a livello internazionale, anche a livello locale Alfredo Luzi è diventato un punto di riferimento perché, quercia attaccata alle sue radici, si è dato molto da fare anche per la cultura nel nostro territorio.
Il fatto è che Luzi, sotto la corteccia, ha un cuore amoroso che batte per la sua terra, per cui si chiese: cosa posso dare a questi luoghi? Cominciò dalla Società Operaia ed annessa Biblioteca, che ormai dirige da oltre 25 anni. E lungi dall'avere la puzza sotto il naso, cominciò a studiare la letteratura regionale e, addirittura, anche quella in dialetto: segno che aveva capito tutto. "Non hai idea di quanta letteratura sommersa abbiamo:ho lavorato su Betti, Bigiaretti, Acquabona, Volponi, Di Ruscio, Matacotta...", tutti autori colpevolmente misconosciuti, almeno allora. Ma il locale e il nazionale gli andavano stretti, era troppo curioso: all'estero che cosa fanno, che cosa studiano, quali sono le idee che circolano, gli autori più importanti? Consequenziale: andiamo a conoscere il vasto mondo, magari percorrendo in un anno 240 mila miglia, praticamente un transatlantico di linea umano. Così cominciò nel '75 un nomadismo intellettuale che non si è più fermato: fiero di essere un marchigiano, ma anche cittadino del mondo. L'ha girato proprio tutto, e ovunque andava non trascurava di cercare i marchigiani emigrati e ancora oggi mantiene con loro contatti ovunque. Ma che andava a fare? Ad esempio, il "visiting professor", ovvero gli capitava di insegnare per otto nove mesi alla Sorbona, a Nancy, Bordeaux, Melbourne, Toronto, Montreal, Amsterdam... Oppure, andava (e va) in missione con il Ministero degli Esteri, per fare corsi di aggiornamento per gli insegnanti: a giugno prossimo tocca a Bogotà.
E veniamo alla domanda più pericolosa: quanto e cosa hai scritto? Croce sul cuore che ti atterrai alle cose a te più care, dato che il presente giornale non è la Treccani. Dunque: "Prima di tutto Mario Luzi, che mi ha aperto la carriera universitaria; poi Slataper, perché ho scritto di lui in un momento in cui la mia crescita sociale e intellettuale corrispondeva proprio alle sue tematiche. Sono molto legato a un volume su Sereni, pubblicato da Laterza, poi a tutti gli studi e i libri di sociologia della letteratura perché sono stato, se non il primo, uno dei primi a studiare questa disciplina in Italia. Quindi vengo considerato, così mi fanno sentire vecchio, il maestro che ha insegnato ai giovani i rapporti tra la letteratura e la società. E poi i libri che riguardano la letteratura regionale: "Marche. Poeti oggi", Bigiaretti, Matacotta...". Stop, Alfredo, please. Solo un'ultima concessione, dedicata all'ultima creatura: un volume di saggi dedicati a numerosi autori, molti dei quali, naturalmente, marchigiani. E' intitolato "La siepe e il viaggio" e già nel titolo identifica l'autore: la siepe, ovviamente, è quella leopardiana che "de l'ultimo orizzonte il guardo esclude". E questo già si capisce che gli dà fastidio: dietro la siepe Luzi scalpita, perché "sedendo e mirando, interminati spazi di là da quella... io (lui) nel pensier mi fingo", e gli spazi lo attraggono, e il decollo si fa urgente. Una vita affascinante, dunque, piena di voli e svolazzi dopo i quali, però, tornava sempre al nido della sua mansarda. "Qualcuno - dice un po' amareggiato - mi vede con la puzza sotto il naso, ma non sono snob, ho visto il mondo e tante volte sbatterei la testa al muro nel vedere a che livelli di provincialismo siamo qui". Beh, un po' di puzzetta c'è, ma se la può permettere. E anche un po' di sano rodimento: "Il Comune e la Biblioteca di Fermo hanno organizzato un calendario di presentazioni di libri, al quale partecipano, letteralmente e metaforicamente... (segue valutazione sugli autori in questione, ma meglio non dire, ndr), ma dimenticano che recentemente ho scritto un libro (quello di cui sopra, ndr) in cui si parla prevalentemente di poeti marchigiani. Sarà la solita censura? Ma chi se ne frega...". Alfredino, direbbe Bo, mai sentito dire "nemo propheta in Patria"?
E adesso, tocchiamo una dolente nota: cultura in Italia, giovani e Cultura... C'è da piangere? "In Italia c'è un abbassamento soprattutto della cultura umanistica. A livello universitario, poi... Una delle ragioni per cui me ne sono andato è che ormai io parlo un linguaggio che per gli studenti di adesso è incomprensibile, non conoscono le cose più elementari, un predominio dell'ignoranza, anche gli insegnanti non sono più all'altezza. Un aforisma di Camillo Sbarbaro l'ho imparato a memoria: "La laurea è il passaporto per l'ignoranza". Studenti inerti, il branco, senza curiosità, con cultura fatta di bolle di sapone in cui ballano nomi e nozioni senza collegamenti e significati. Capisco che per i giovani di adesso è diverso: debbono lottare con la disillusione, la disoccupazione, la mancanza di speranza...".
Eggià. Ma c'è speranza? "Secondo me bisogna impegnarsi su una ricostituzione etico-culturale dell'Italia. Anni di un certo tipo di politica hanno creato confusione tra verità e falsità, tra apparenza ed essere, i valori sono tutti scaduti, guarda chi sono diventati i Vip, i leader di opinione. Nella nostra generazione erano gli studiosi, i professori, i filosofi, adesso sono Corona e Belen. Quindi bisogna ricostituire un tessuto culturale, ma questo lo si può fare se c'è un tessuto sano su un piano etico". Potrebbe essere una strategia per avere un popolo bue... "Sì, un popolo bue serve a certi meccanismi politici...". E adesso che un vulcano come Alfredo Luzi è in pensione che fa, si spegne? "Macché: studio, leggo... Adesso sto esaminando 40 manoscritti per il Premio "La giara" della Rai...". Poi i viaggi prossimi venturi: Salisburgo, Polonia, Toronto, Australia. Eh, sì, per fermarlo bisognerà proprio sparargli a pallettoni.
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